Rimasi in un certo senso deluso quando la storia dell'archeologia non si rivelò vera. Era stato facile immaginarla, e bello: Cassie su una collina verde, con piccozza e pantaloni multitasche, i capelli scostati dal volto, abbronzata, sporca di fango e sorridente.
Per un po' tenni d'occhio i giornali, ma non lessi mai di uno scandalo riguardante l'autostrada di Knocknaree. Il nome dello zio Redmond comparve solo in fondo alla tabella di un tabloid che illustrava quanto spendevano i contribuenti per i compensi di vari politici. Il fatto che Sam fosse ancora alla Omicidi mi faceva pensare che alla fine avesse fatto quello che gli aveva detto O'Kelly… anche se è possibile, naturalmente, che avesse portato il nastro a Kiely e che nessun giornale avesse voluto metterci il naso. Non so. Non vendette neanche la casa. Sentii invece che l'aveva data in affitto per una cifra nominale a una giovane vedova il cui marito era deceduto per un aneurisma cerebrale lasciandola con un bambino piccolo, una gravidanza difficile e nessuna assicurazione sulla vita. Suonatrice di violoncello freelance, non poteva neppure chiedere il sussidio di disoccupazione, per cui era rimasta indietro con l'affitto e il precedente padrone di casa l'aveva sfrattata. Così erano finiti, lei e i suoi bambini, nella stanza di un B &B pagata da un'organizzazione caritatevole. Non ho idea di come Sam avesse trovato quella donna: avrei giurato che fosse necessario risalire alla Londra vittoriana per un tanto pittoresco pathos. Forse aveva condotto una ricerca approfondita, com'era tipico da parte sua. Si era trasferito in un appartamento in affitto a Blanchardstown, credo, o in un qualche altro inferno di periferia simile. Le teorie che circolavano erano che stesse per lasciare la polizia per il convento e che avesse una malattia terminale.
Mi vidi con Sophie, se non altro perché le dovevo tutta una serie di cene e cocktail. Arrivai perfino a pensare che stessimo bene perché non mi faceva domande difficili. Ma dopo alcuni appuntamenti, prima che la relazione fosse progredita a sufficienza per potersi definire tale, mi scaricò. Mi informò, molto prosaicamente, che era abbastanza adulta da riconoscere la differenza tra "affascinante" e "suonato". «Dovresti frequentare donne più giovani» fu il suo consiglio. «Non sempre se ne accorgono.»
Era inevitabile che, di tanto in tanto, durante quegli interminabili mesi, trascorsi a giocare a poker solitario fino a tarda notte nel mio appartamento, a infliggermi dosi quasi letali di Radiohead e di Leonard Cohen, i miei pensieri tornassero a Knocknaree. Mi ero giurato, è ovvio, che quel luogo non avrebbe più avuto posto nella mia mente, ma credo che sia impossibile impedire agli esseri umani di essere curiosi. Solo non dovrebbe implicare un prezzo troppo alto.
Immaginate quindi la mia sorpresa quando non ci trovai niente. A quanto pareva, tutto quello che era accaduto prima del mio arrivo al collegio era stato asportato con precisione chirurgica, e questa volta per sempre. Peter, Jamie, i motociclisti e Sandra, il bosco, ogni singolo brandello di memoria che avevo cercato di recuperare con un'attenzione così laboriosa nel corso dell'Operazione Vestale era sparito. Ricordavo solo com'era stato ricordare quelle scene, tanto tempo prima. Ora avevano assunto quella patina da qualità scadente di vecchie pellicole che avevo visto o di storie che mi avevano raccontato. Le vedevo come da una distanza enorme: tre bambini scottati dal sole e in calzoncini malandati che, appollaiati sui rami, sputavano sulla testa di Willy Little e poi scappavano via ridendo. Col tempo, ne ero certo, anche quegli sfuocati brandelli sarebbero avvizziti e si sarebbero dissolti. Non sembravano più appartenermi e non riuscivo a scuotermi di dosso l'oscura e implacabile sensazione che fosse perché m'ero giocato una volta per tutte il diritto di avere dei ricordi.
Restava una sola immagine. Peter e io distesi sull'erba nel giardino davanti a casa sua, un pomeriggio d'estate. Avevamo tentato, alla nostra maniera, di costruire un periscopio con le istruzioni contenute in un vecchio annuario, ma dovevamo procurarci un tubo di cartone di quelli della carta da cucina. Non potevamo chiederlo alle nostre madri perché in quel periodo non parlavamo con loro. Avevamo arrotolato un giornale, ma continuava a piegarsi, e quindi tutto quello che vedevamo nel nostro periscopio era la pagina sportiva al contrario.
Eravamo entrambi di pessimo umore. Era la prima settimana di vacanze e c'era il sole, quindi sarebbe dovuta essere una giornata fantastica, avremmo potuto dedicarla alla sistemazione della nostra casa sull'albero o a congelarci le chiappe nel fiume o qualcosa del genere. Ma tornando a casa l'ultimo giorno di scuola, il venerdì, Jamie aveva annunciato, rivolta alle scarpe: «Tre mesi e poi andrò in collegio».
«Stai zitta.» Peter l'aveva spinta, ma piano. «No, che non ci andrai. Mollerà.» Era come se la bella patina delle vacanze fosse svanita in un'enorme nuvola di fumo nero che pesava su tutto. Non potevamo rientrare perché i nostri genitori erano arrabbiati con noi per la nostra decisione di non parlare con loro, e non avevamo voglia di andare nel bosco perché tutto quello che ci veniva in mente di fare sembrava stupido. E non potevamo nemmeno andare da Jamie per farla uscire perché si sarebbe limitata a scuotere la testa e a dire: "Che senso ha?" facendo peggiorare le cose. Così ce ne stavamo in giardino, annoiati, nervosi e irritati l'uno con l'altro, e con il periscopio che non funzionava, e anche con il mondo intero perché era una vera scocciatura. Peter strappava fili d'erba, ne mordicchiava le punte e le sputava in aria. Io ero steso sulla pancia, con un occhio aperto sulle formiche che si affaccendavano avanti e indietro, il sole che mi faceva sudare. "Quest'estate… è come se non ci fosse" pensavo. "Quest'estate fa schifo."
La porta di casa di Jamie si spalancò e lei schizzò fuori come se l'avessero sparata con un cannone. Udimmo il risolino dolente di sua madre, il rumore che fece la porta sbattendo sugli infissi quando si richiuse e, in mezzo, l'esplosione ad alto volume e in tutta la sua isteria dell'orribile Jack Russell dei Carmichael. Peter e io ci tirammo su. Jamie si bloccò al cancelletto di casa, cercandoci furiosamente con lo sguardo a destra e a sinistra. Quando le gridammo qualcosa, partì a razzo lungo il sentiero, saltò il muro del giardino di Peter e atterrò di piatto sull'erba e noi con lei per via del braccio a uncino intorno ai nostri colli. Gridavamo tutti insieme, perciò ci mettemmo qualche secondo per capire quello che stava gridando lei: «Resto qui! Resto qui! Non devo più andarmene!».
L'estate riprese vita. In un battito di ciglia, passò dal grigio a un possente blu e oro. L'aria risuonava del frinire delle cavallette e dei tagliaerba, turbinava di rami e api e soffioni, era morbida e dolce come panna montata. Dall'altra parte del muro, ecco che il bosco ci chiamava con la più alta e silenziosa delle voci, scuoteva i propri tesori per darci il benvenuto. L'estate faceva nascere viticci d'edera, ci prendeva sotto le braccia, ci tirava. L'estate si riscattava, sbocciava davanti a noi, lunga un milione di anni.
Ci liberammo dal mucchio e ci mettemmo seduti, affannati, ancora incapaci di credere alle nostre orecchie.
«Sul serio?» chiesi. «Per sempre?»
«Sì. Ha detto: "Vedremo, ci penserò ancora e inventeremo qualcosa". Ma quando dice così vuol dire che va bene, solo che non me lo vuole ancora dire. Non vado da nessuna parte!»
Esaurite le parole, Jamie mi diede uno spintone e io le afferrai un braccio, le salii sopra e, sfregandole il polso, le feci venire gli spilli. Ora sorridevo ed ero felice, così felice che non mi sarei più mosso di lì.
Peter disse: «Dobbiamo festeggiare. Picnic al castello. Andate a casa, prendete un po' di cose e ci vediamo là».
Sfrecciai in casa e andai in cucina. Mia madre stava passando l'aspirapolvere al piano di sopra. «Mami! Jamie non va via, posso prendere delle cose per un picnic?» Acchiappai tre pacchetti di patatine e un mezzo pacchetto di biscotti con la crema dentro, me li infilai sotto la maglietta e, salutando con la mano mia madre che dalla cima del pianerottolo mi guardava con la faccia attonita, fui di nuovo fuori.