Выбрать главу

«Guarda qui» fece Cassie a bassa voce.

Il poster era di Katy Devlin, anche se mi ci volle un po' a riconoscerla. Indossava una camiciola di garza bianca e aveva una gamba sollevata dietro di sé a formare un arco impossibile eppure realizzato senza sforzo. Sotto la foto, la scritta a larghe lettere: MANDIAMO KATY ALLA ROYAL BALLET SCHOOL! AIUTIAMOLA A RENDERCI ORGOGLIOSI! E si fornivano i dettagli della raccolta fondi: "Saletta della parrocchia di St. Alban, 20 giugno, ore 19, serata di ballo con gli studenti della Cameron Dance Academy. Biglietti: 10 euro / 7 euro. Tutto l'incasso sarà devoluto al pagamento delle tasse di frequenza di Katy". Mi chiesi cosa ci avrebbero fatto adesso con quel denaro.

Sotto il poster c'era un ritaglio di giornale, con uno scatto artistico di Katy alla barra; i suoi occhi, nello specchio, scrutavano il fotografo con una gravità intensa e senza età. La piccola ballerina di Dublino prende il volo, "The Irish Times" del 23 giugno: «"La mia famiglia mi mancherà, ma non vedo l'ora" ha dichiarato Katy. "Fin da quando avevo sei anni ho sempre voluto diventare una ballerina. Non riesco a credere che andrò veramente; a volte, quando mi sveglio, penso di aver soltanto sognato."» Sicuramente l'articolo doveva aver sollecitato donazioni per le tasse di Katy, ecco un'altra cosa che avremmo dovuto controllare. Però non ci aveva reso un favore: anche i pedofili leggono i giornali, e si trattava di una foto che attirava gli sguardi, così il campo dei potenziali sospetti si era appena allargato fino a includere praticamente l'intero Paese. Diedi un'occhiata agli altri annunci: tutù in vendita, taglia 38-40; qualcuno che viveva nella zona di Blackrock era interessato a fornire un mezzo di trasporto, andata e ritorno, per gli Intermedi?

La porta della stanza si aprì e un'orda di ragazzine tutte uguali ci sommerse, chiacchierando, spingendo e gridando insieme. «Cosa posso fare per voi?» ci chiese Simone Cameron, dalla soglia.

Aveva una bellissima voce, profonda come quella di un uomo ma per niente maschile, ed era più vecchia di quanto avessi pensato: la faccia era ossuta e solcata da rughe profonde che si intrecciavano. Capii che ci aveva presi per una coppia di genitori venuti a chiedere informazioni per la loro figlia e per un istante ebbi l'impulso incontrollabile di assecondarla, di chiedere costi e orari per poi andarcene, lasciandole la sua illusione e la sua studentessa modello per un altro po'.

«Signora Cameron?»

«Simone, ve ne prego» disse. Aveva occhi straordinari, quasi dorati, grandi e dalle palpebre pesanti.

«Sono il detective Ryan, e lei è il detective Maddox» ci presentai, per la centesima volta quel giorno. «Possiamo parlarle per qualche minuto?»

Ci portò nella stanza e i nostri passi risuonarono sul pavimento di legno pallido. Sistemò tre sedie in un angolo. Uno specchio occupava tutta una parete e tre sbarre correvano per tutta la sua lunghezza, posizionate a tre diverse altezze. Poiché con la coda dell'occhio mi vedevo continuamente riflesso e la mia testa sembrava muoversi a scatti, riposizionai la sedia con un'altra angolatura.

Informai Simone della morte di Katy, era decisamente il mio turno. Mi ero aspettato che piangesse, credo, ma non lo fece: spostò la testa un po' all'indietro, i solchi del volto si approfondirono, ma fu tutto.

«Ha visto Katy a lezione lunedì sera, vero?» chiesi. «Come le è sembrata?»

Sono poche le persone che riescono a reggere il silenzio, ma Simone Cameron era particolare: attese, senza muoversi, con un braccio allungato dietro lo schienale della sedia, finché non fu pronta a parlare. Dopo un bel po', disse: «Come sempre. Forse un po' sovreccitata. Ci ha messo alcuni minuti per tranquillizzarsi e concentrarsi, ma era naturale: stava per andare alla Royal Ballet School. Si era emozionata sempre più col passare dell'estate». Voltò la testa leggermente da una parte. «Ieri sera non è venuta a lezione, ma ho pensato che fosse di nuovo malata. Se avessi chiamato i suoi genitori…»

«Ieri sera era già morta» intervenne Cassie con dolcezza. «Non c'era più nulla che lei potesse fare.»

«Di nuovo malata?» chiesi. «Era stata malata di recente?»

Simone scosse la testa. «No, non di recente. Ma non ha una salute di ferro.» Abbassò le palpebre per un istante e gli occhi ne furono nascosti. «Aveva» si corresse, e le riaprì. «Sono l'insegnante di Katy da sei anni. Per molti di questi, forse a cominciare da quando ne aveva nove, è stata spesso malata. E anche sua sorella Jessica, ma lei aveva il raffreddore, la tosse: credo sia semplicemente cagionevole. Katy soffriva di periodi di vomito, diarrea; a volte talmente seri da richiedere ricoveri in ospedale. I medici pensavano che si trattasse di una forma di gastrite cronica. Sarebbe dovuta andare alla Royal Ballet School l'anno scorso, sapete, ma ebbe un attacco acuto alla fine dell'estate e dovettero operarla per capire cosa avesse; quando si riprese, il trimestre era già molto avanti e lei non avrebbe potuto recuperare. Dovette ripetere il provino in primavera.»

«E di recente gli attacchi erano scomparsi?» chiesi. Dovevamo dare un'occhiata alle cartelle cliniche di Katy, e in fretta.

Simone sorrise al ricordo; fu una piccola cosa, ma che colpiva. Distolse gli occhi. «Mi premeva che stesse sufficientemente bene per seguire il corso, i ballerini non possono permettersi di saltare troppe lezioni per problemi di salute. Quando quest'anno Katy venne nuovamente accettata, un giorno la trattenni, alla fine della lezione, e le dissi che avrebbe dovuto continuare a vedere un medico per scoprire cosa c'era che non andava. Katy stette ad ascoltarmi, poi scosse la testa e disse, in tono molto solenne, come fosse un voto: "Non starò più male". Cercai di farle capire che non era una cosa da ignorare, che la sua carriera poteva dipendere da questo, ma non volle aggiungere altro. E in effetti da allora non è più stata male. Pensai semplicemente che avesse superato la cosa; la volontà può essere molto potente e Katy ha… aveva una fortissima volontà.»

L'altra lezione stava finendo; sentivo le voci dei genitori sul pianerottolo, un'altra ondata di piedini, il loro cicaleccio. «Insegnava anche a Jessica?» chiese Cassie. «Ha fatto anche lei il provino per la Royal Ballet School?» Agli inizi di un'indagine, a meno che non si abbia per le mani un sospetto ovvio, tutto ciò che si può fare è scoprire il più possibile della vita della vittima e sperare che suoni qualche campanello d'allarme. Ero certo che Cassie avesse ragione, avevamo bisogno di sapere altre cose sulla famiglia Devlin. E Simone Cameron voleva parlare. È un fenomeno in cui ci imbattiamo spesso, persone che vogliono continuare a parlare, disperatamente, perché quando smettono noi ce ne andiamo e loro restano sole con ciò che è accaduto. Noi ascoltiamo, facciamo di sì con la testa, siamo partecipi e immagazziniamo tutto ciò che dicono.

«Ho insegnato a tutte e tre le sorelle, in periodi diversi» rispose Simone. «Jessica sembrava bravina da piccola e lavorava sodo; ma a mano a mano che cresceva si faceva sempre più timida, in maniera paralizzante, al punto che qualsiasi esercizio pareva uno sforzo immane da portare a termine, e così lo dissi ai suoi genitori: dissi loro che a mio parere era meglio che non avesse più dovuto affrontare tutto questo.»

«E Rosalind?» chiese Cassie.

«Rosalind aveva del talento, ma non si applicava e pretendeva risultati immediati; dopo qualche mese passò a un corso di violino, credo. Disse che era una scelta dei suoi genitori, ma credo che fosse lei a essere annoiata. Lo vediamo spesso nei bambini piccoli: quando non vedono subito dei risultati e quando si rendono conto del tipo di impegno che è richiesto, diventano frustrati e mollano. Francamente, nessuna delle due sarebbe mai arrivata alla Royal Ballet School.»

«Ma Katy…» cambiò soggetto Cassie, sporgendosi in avanti.