«Non metto tre pivelli su un caso ad alto profilo. Voi due ci siete solo perché passate le pause a navigare in rete a cercare porno, o cos'altro facevate, invece di prendere una boccata d'aria fresca come gli altri.»
«O'Neill non è un pivello, signore. È alla Omicidi da sette anni.»
«E lo sappiamo tutti perché» disse O'Kelly, con cattiveria. Sam era arrivato alla squadra a ventisette anni; suo zio è un politico di medio livello, Redmond O'Neill, che di tanto in tanto fa il viceministro della Giustizia o dell'Ambiente o quello che è. Sam ci convive bene: che dipenda dalla sua natura o da una strategia, è placido, gioviale, affidabile, la spalla preferita da tutti e questo smonta la maggior parte dei commenti negativi. Ogni tanto si becca lo stesso qualche battuta stronzetta, ma di solito sono riflessive, come quella di O'Kelly, e non maliziose.
«È proprio per questo che abbiamo bisogno di lui, signore» affondai. «Se dobbiamo cacciare il naso negli affari del consiglio comunale e compagnia bella senza sollevare troppa polvere, abbiamo bisogno di qualcuno che abbia contatti in quel giro.»
O'Kelly diede un'occhiata all'orologio, accennò a darsi una pettinata, poi ci ripensò. Mancavano venti minuti alle otto. Cassie incrociò nuovamente le gambe e si accomodò meglio sul tavolo. «Immagino che ci siano i pro e i contro» disse. «Magari dovremmo discuterne…»
«Va bene, va bene, prendetevi O'Neill» concesse O'Kelly, irritato. «Basta che andiate avanti con il vostro lavoro e lui non faccia incazzare nessuno. Voglio un rapporto sulla mia scrivania tutte le mattine.» Si alzò e cominciò a riordinare dei fogli in tante pile. Potevamo andare.
Così dal nulla, provai un'improvvisa e dolce ondata di gioia, trascinante e distillata come la scossa che immagino sentano gli eroinomani quando la dose arriva in vena. Fu per la mia collega che si issava sulle mani e con una mossa fluida scendeva dal tavolo, fu per il movimento esperto della mia mano che chiudeva il blocco degli appunti, fu per il sovrintendente che si contorceva per infilarsi la giacca del completo e di nascosto si guardava le spalle per controllare se c'era forfora, fu per l'ufficio illuminato e la pila sbilenca di fascicoli segnati con l'evidenziatore che giaceva in un angolo, e per la sera che grattava contro la finestra. Fu per il fatto di rendermi conto, ancora una volta, che era tutto vero e che era la mia vita. Forse anche Katy Devlin, se ci fosse arrivata, si sarebbe sentita così per le vesciche ai piedi, per l'odore pungente di sudore e di cera per pavimenti nelle sale dove si esercitava a danzare, per la campanella mattutina della colazione che echeggiava nei corridoi. Forse anche lei, come me, avrebbe amato i minimi dettagli e le scomodità più delle meraviglie, perché quelle sono le cose che provano che appartieni.
Ricordo quei momenti perché, se devo essere sincero, mi capitano di rado. Non sono bravo a notare che sono felice se non quando ci ripenso. Il mio dono, o difetto fatale, è per la nostalgia. Il mio palato è calibrato sull'agrodolce, sull'evanescente e sulla bellezza perduta. Qualche volta sono stato accusato di pretendere la perfezione, di respingere i desideri del cuore non appena mi avvicino quel tanto che basta a fargli perdere quella loro patina misteriosa, ma la verità è meno semplice. So molto bene che la perfezione è fatta di mondanità futili e sfrangiate. Immagino che di me si potrebbe dire che la mia vera debolezza risieda in una specie di lungimiranza: di solito è solo a una certa distanza, e decisamente troppo tardi, che scorgo il disegno.
3
Nessuno di noi aveva voglia di una pinta. Cassie chiamò Sophie al cellulare e le disse della molletta per capelli, che l'aveva riconosciuta grazie al suo enciclopedico archivio mentale dei casi irrisolti (ebbi però l'impressione che Sophie non se la bevesse e che, oltretutto, le importasse poco), poi lei tornò a casa sua a scrivere il rapporto per O'Kelly e io a casa mia con il vecchio fascicolo.
Condivido un appartamento a Monkstown con una donna inqualificabile di nome Heather. Heather è una dipendente statale con una vocetta da bambina che la fa sembrare sempre sull'orlo delle lacrime. Inizialmente mi era piaciuta; adesso mi innervosisce. Ho scelto quella casa perché mi attirava l'idea di vivere vicino al mare, l'affitto era, incredibile per Dublino, affrontabile e lei mi piaceva (bassina, costituzione minuta, grandi occhi azzurri, capelli lunghi fino al sedere) tanto che nutrivo fantasie hollywoodiane di una meravigliosa relazione che sarebbe nata con nostro reciproco stupore. Resto lì per inerzia e perché, una volta scoperta l'intera gamma delle sue nevrosi, avevo cominciato a risparmiare per un appartamento mio: il suo, anche dopo esserci resi conto che Harry e Sally non si sarebbero mai materializzati e anche dopo avermi aumentato l'affitto, era l'unico nella zona metropolitana di Dublino che mi avrebbe permesso di continuare a mettere da parte un po' di soldi.
Aprii la porta, gridai "ciao" e mi tuffai in camera mia. Heather mi batté sul tempo: apparve sulla soglia della cucina a una velocità pazzesca e gorgheggiò: «Ciao, Rob, com'è andata la giornata?». A volte ho l'immagine mentale di lei seduta in cucina, ora dopo ora, che ripiega con cura meticolosa l'orlo della tovaglia, pronta a schizzare dalla sedia e a saltarmi addosso non appena sente la chiave nella serratura, ma è un'immagine troppo inquietante da sopportare.
«Bene» risposi, tenendo il linguaggio corporeo puntato verso la mia stanza e aprendo la serratura (l'avevo installata qualche mese dopo essermi trasferito, teoricamente per impedire che qualche ipotetico ladro d'appartamento avesse accesso a documenti della polizia). «Come stai?»
«Oh, tutto bene» disse Heather, stringendosi nella vestaglia grigia di varie misure più grande, cimelio di un ex fidanzato. Pensava che se ne fosse andato perché aveva delle questioni irrisolte, che fosse un immaturo e che sarebbe tornato non appena si fosse reso conto che non avrebbe mai più trovato una donna come lei. Lui invece riteneva che Heather fosse "fuori come un balcone". Il tono da martire apriva la strada a due opzioni: avrei potuto dire "fantastico" e andarmene in camera mia e chiudere la porta, nel qual caso Heather avrebbe messo il broncio e avrebbe sbattuto pentole e mi avrebbe ignorato per giorni per manifestare il suo disappunto per la mia mancanza di considerazione, oppure avrei potuto dire "stai bene?" nel qual caso avrei dovuto sorbirmi, per tutta l'ora seguente, il resoconto particolareggiato degli oltraggi perpetrati dal suo capo o della sinusite o di qualsiasi altra cosa che in quel momento la facesse sentire abbattuta.
Fortunatamente ho un Piano C, anche se lo tengo in caldo per le situazioni di emergenza. «Sei sicura?» dissi. «C'è un'influenza orribile che gira al lavoro e penso di essermela beccata. Spero di non passartela.»
«Oh, mio Dio» guaì Heather, con la voce che le era salita di un'altra ottava e gli occhi che le erano diventati ancora più grandi. «Rob, piccolo, non voglio essere scortese, ma forse è meglio se ti sto lontano. Me le prendo così facilmente, queste raffreddature.»
«Capisco» risposi, rassicurante, e Heather sparì nuovamente in cucina, presumibilmente per aggiungere una dose da cavallo di vitamina C ed echinacea alla sua dieta bilanciata in maniera certosina. Entrai in camera mia e richiusi la porta.
Mi versai da bere – ho una bottiglia di vodka e una di tonic dietro alcuni libri per evitare intime "bevutine" conviviali con Heather – e aprii il vecchio fascicolo sulla scrivania. La stanza che occupo non aiuta la concentrazione. L'intero palazzo è stato costruito con l'economia di così tante nuove costruzioni di Dublino, soffitti di trenta centimetri più bassi, facciata piatta color fango, un obbrobrio assolutamente poco originale. Le stanze da letto sono così piccole da essere un insulto, progettate apposta per sbatterti in faccia che non ti puoi permettere di fare lo schizzinoso. Questo pidocchioso disprezzo per gli inquilini ha implicazioni pratiche ed estetiche: la società immobiliare non ha intravisto la necessità di sprecare materiale isolante, quindi ogni singolo passo al piano di sopra o qualsiasi selezione musicale a quello di sotto riecheggiano in tutto l'appartamento. So molto più di quanto non desideri dei gusti sessuali della coppia della porta a fianco. Quattro anni sono bastati a farmici abituare, più o meno, ma continuo a trovare offensivo questo luogo.