«È per mio zio?» chiese Sam. Ha una tendenza a essere diretto che ho sempre trovato sorprendente in un detective.
Cassie sputò il cappuccio del pennarello e si voltò verso di lui. «Esatto» rispose. «È un problema?»
Sapevamo tutti cosa stava chiedendo. La politica irlandese è tribale, incestuosa, intricata e segreta, incomprensibile anche a molti di quelli che ne sono coinvolti in prima persona. Per chi vede la cosa dal di fuori, non ci sono differenze tra i due partiti principali, che occupano posizioni identiche all'estrema destra dell'arco parlamentare, ma molta gente sostiene l'uno o l'altro in base alla scelta operata dai bisnonni durante la Guerra civile, oppure perché paparino è in affari con il candidato locale e dice che è un bravo ragazzo. La corruzione viene data per scontata, quasi persino ammirata, anche se a denti stretti: l'astuzia da guerriglia dei colonizzati è ancora radicata in noi e l'evasione fiscale e gli affari loschi vengono visti come forme dello stesso spirito di ribellione che ci spingeva a nascondere agli inglesi cavalli e patate da semina.
E gran parte di quella corruzione si incentra sulla terra, una delle passioni originarie degli irlandesi, quasi un cliché. Operatori immobiliari e politici sono tradizionalmente amici del cuore e praticamente tutti i grandi affari immobiliari implicano buste marroni, inspiegabili variazioni dei piani regolatori e complicate transazioni su conti offshore; sarebbe stato un piccolo miracolo se non fossero saltati fuori favori concessi ad amici nella faccenda dell'autostrada di Knocknaree. E in quel caso sarebbe stato improbabile che Redmond O'Neill non ne fosse a conoscenza, essendo stato viceministro dell'Ambiente per un sacco di tempo, negli anni precedenti. Ma sarebbe stato anche improbabile che avesse voluto farli venire alla luce.
«No» rispose prontamente Sam. «Nessun problema.» Dovette accorgersi della nostra espressione dubbiosa perché spostò lo sguardo da me a Cassie e viceversa e poi scoppiò a ridere. «Sentite, ragazzi, lo conosco da sempre. Ho anche vissuto con loro per un paio d'anni, quando sono arrivato a Dublino. Lo saprei se fosse coinvolto in qualcosa di poco chiaro. Mio zio è retto e onesto. Ci aiuterà in tutti i modi possibili.»
«Perfetto» commentò Cassie e tornò alla lista dei movimenti di Katy. «Ceniamo a casa mia; vieni intorno alle otto e ci scambiamo gli aggiornamenti.» Trovò un angolo pulito della lavagna e disegnò per Sam una piccola mappa per arrivarci.
Il tempo di organizzare la sala operativa (qualcuno aveva portato via gran parte delle sedie, per cui dovemmo rintracciarle e riprendercele) e gli agenti di supporto cominciarono a rientrare. O'Kelly ce ne aveva procurati almeno una trentina, ed erano di prima scelta: emergenti, svegli, sbarbati di fresco e vestiti con decenza, consapevoli del fatto che non appena si fossero aperte delle buone posizioni nelle sezioni più importanti, il posto per loro ci sarebbe stato. Prendevano le sedie e tiravano fuori i blocchi degli appunti, si davano pacche sulle spalle, riesumavano vecchie battute comprensibili solo agli iniziati e sceglievano i posti come i bambini il primo giorno di scuola. Cassie, Sam e io sorridemmo, stringemmo mani e ringraziammo per essersi uniti a noi. Ne riconobbi un paio, un tipo scuro per niente comunicativo di Mayo di nome Sweeney e uno di Cork, ben nutrito e senza collo, O'Connor o O'Gorman o qualcos'altro, che compensava il dover prendere ordini da due che non erano di Cork con commenti incomprensibili ma chiaramente trionfalistici sulla finale del campionato di football gaelico. Molti degli altri avevano visi noti, ma i nomi mi entravano da un orecchio e uscivano dall'altro nel momento in cui le loro mani lasciavano la mia, e le facce andavano a collocarsi nel grande insieme confuso ed entusiasta delle altre.
Mi è sempre piaciuta questa fase delle indagini, prima che inizi il briefing preliminare. Mi ricorda il brusio del momento che precede l'alzata del sipario: l'orchestra che accorda gli strumenti, i ballerini che nel backstage fanno gli ultimi esercizi di stretching, con le orecchie pronte a cogliere il segnale dell'istante in cui bisogna togliersi gli abiti in più e gli scaldamuscoli e lanciarsi nell'azione. Ma non ero mai stato a capo di un'indagine di tale rilevanza prima di allora e l'attesa mi rendeva nervoso. La sala operativa sembrava troppo piena, con tutta quell'energia accumulata, tutti quegli sguardi curiosi appuntati su di noi. Ricordavo com'ero abituato a guardare i detective della Omicidi quando ero ancora un agente che non vedeva l'ora di essere assegnato a un caso come quello: il timore reverenziale, la partecipazione esplosiva, l'aspirazione quasi insopportabile. Quei ragazzi, e molti di loro erano più grandi di me, sembravano avere un che di diverso, una più aperta e fredda capacità di valutazione. Non mi è mai piaciuto essere al centro dell'attenzione.
O'Kelly sbatté la porta dietro di sé, azzerando così all'istante qualsiasi altro rumore. «Bene, ragazzi» cominciò, nel silenzio. «Benvenuti all'Operazione Vestale. Cos'è una vestale, tanto che ci siamo?»
È la Centrale che sceglie i nomi delle operazioni. Variano dall'ovvio, al criptico, allo strano. A quanto pareva, l'immagine della ragazzina morta sull'antico altare aveva stimolato le tendenze culturali di qualcuno. «Una vergine sacrificale» risposi.
«Una persona legata a un voto religioso» aggiunse Cassie.
«Eccheccazzo» esplose O'Kelly. «Stanno cercando di fare in modo che tutti pensino che è una cosa legata a un qualche culto? Che cazzo leggono lassù?»
Cassie fece un riassunto del caso, sorvolando con nonchalance sul legame con i fatti del 1984: si trattava solo di una vaga possibilità, ci avrebbe messo le mani lei nel tempo libero. Poi passammo a suddividere e assegnare i lavori: attivare il porta-a-porta a Knocknaree, installare una linea telefonica per fornire informazioni alla polizia e stilare un ruolino dei turni di servizio per presidiarla, recuperare un elenco di tutti i colpevoli di crimini sessuali che vivevano nella zona di Knocknaree, controllare con la polizia britannica e con porti e aeroporti per vedere se qualcuno di sospetto era giunto in Irlanda negli ultimi giorni, ottenere le cartelle cliniche di Katy e le pagelle scolastiche, eseguire un controllo completo sulla famiglia Devlin. Gli agenti si misero in azione e Sam, Cassie e io li lasciammo alle loro attività per andare a vedere come stava progredendo Cooper.
Di norma non assistiamo alle autopsie, ma qualcuno di quelli presenti sulla scena del crimine deve andare per confermare che si tratta dello stesso corpo, perché è successo che venissero scambiati i cartellini degli alluci e il medico legale chiamava lo stupefatto detective per informarlo di avere scoperto che la causa della morte era un tumore al fegato. Altrettanto di norma, però, ci mandiamo un agente in divisa o lasciamo la cosa agli addetti di laboratorio e ci limitiamo ad analizzare poi appunti e foto insieme a Cooper. Per tradizione della squadra, si partecipa all'autopsia del primo caso di omicidio che ti assegnano: sebbene in teoria lo scopo sia quello di colpirti con tutta la solennità del tuo nuovo lavoro, nessuno ci crede, e la cosa finisce per diventare una specie di rito di iniziazione, giudicato alla stregua di quello di una qualsiasi tribù primitiva. Conosco un ottimo collega il quale, dopo quindici anni alla Omicidi, viene ancora chiamato Furia per la velocità con la quale se l'era filata dall'obitorio quando il medico aveva estratto il cervello della vittima.
La mia prima volta la superai senza battere ciglio: era una prostituta adolescente, con le braccia sottili coperte di lividi e segni di pneumatici, ma mi è rimasto il desiderio di non ripetere l'esperienza. Vado solo per quei pochissimi casi, per ironia della sorte quelli più strazianti, che sembrano richiedere questo piccolo atto di devozione sacrificale. Non credo che qualcuno riesca mai a dimenticare la propria prima volta, la violenta rivolta della mente quando il medico legale affetta lo scalpo e la faccia della vittima si ripiega rispetto al cranio, molle e insignificante come una maschera di Halloween.