Arrivammo leggermente in ritardo. Cooper stava uscendo proprio in quel momento dalla sala delle autopsie con il camice verde ancora addosso e il grembiulone impermeabile tenuto a distanza tra pollice e indice. «Detective» esordì, inarcando le sopracciglia. «Che sorpresa. Se mi aveste detto che stavate arrivando, avrei naturalmente aspettato, così da farvi assistere.»
Faceva il petulante perché non eravamo arrivati in tempo per l'autopsia. A dire il vero, non erano nemmeno le undici, ma Cooper arriva al lavoro tra le sei e le sette, se ne va tra le tre e le quattro e gli fa piacere che gli altri se lo ricordino. Tutti i suoi assistenti dell'obitorio lo odiano per questo, il che non lo smuove di una virgola, dal momento che lui ricambia il sentimento. Cooper si vanta di avere antipatie istantanee e imprevedibili; per quello che siamo riusciti a capire fino a ora, gli stanno antipatici le donne bionde, gli uomini bassi, chiunque porti più di due orecchini e la gente che dice "cioè" troppo spesso, più tutta una serie casuale di persone che non rientrano in nessuna delle suddette categorie. Fortunatamente, aveva deciso che io e Cassie gli piacevamo, altrimenti ci avrebbe rispedito in ufficio ad aspettare i risultati dell'autopsia, naturalmente scritti a mano. Cooper infatti scrive tutti i referti con grafia filiforme e usando una stilografica, idea che non mi dispiace affatto (di nuovo l'ispettore Abberline) ma che non ho il coraggio di mettere in pratica in ufficio. Ci sono giorni in cui, in segreto, temo che tra un decennio o due potrei svegliarmi e scoprire di essermi trasformato in Cooper.
«Wow» disse Sam, esasperato. «Già finito?» Cooper lo gelò con lo sguardo.
«Dottor Cooper, siamo dispiaciuti di piombarle tra capo e collo a quest'ora» si intromise Cassie. «Il sovrintendente O'Kelly desiderava analizzare alcuni dettagli, quindi non ce l'abbiamo fatta a venire via prima.» Annuii stancamente e alzai gli occhi al soffitto.
«Ah, be'… sì» disse Cooper, con un tono che univa l'assoluzione a un leggero disprezzo, a significare che trovava un po' fuori luogo che menzionassimo O'Kelly.
«Se avesse qualche istante» dissi, «le dispiacerebbe illustrarci i risultati?»
«Ma certo» rispose Cooper, con un infinitesimale sospiro di lunga sofferenza. In realtà, come qualsiasi altro mastro artigiano, adora mettere in mostra il proprio lavoro. Ci tenne aperta la porta della sala autopsie e l'odore mi colpì subito, quella combinazione unica di morte, freddo e alcol per pulizie che mi fa provare un'istintiva ripugnanza animale ogni volta che la sento.
A Dublino, i corpi vanno all'obitorio cittadino, ma Knocknaree si trova al di fuori dei confini urbani e le vittime delle aree rurali vengono semplicemente portate all'ospedale più vicino, dove viene eseguita l'autopsia. E le condizioni variano. Quella stanza era senza finestre, con strati di sporcizia sulle piastrelle verdi del pavimento e macchie di origine non ben definita nei vecchi lavandini di porcellana. I due tavoli da autopsia erano gli unici oggetti nella stanza ad avere un aspetto post anni Cinquanta; erano di acciaio inossidabile con l'illuminazione sistemata lungo i bordi e quelle scanalature che giravano tutt'attorno per raccogliere acqua e sangue.
Katy Devlin era nuda sotto le inesorabili luci al neon, troppo piccola per il tavolo. In un certo qual modo appariva più morta di quanto non fosse sembrata il giorno prima; pensai alla vecchia superstizione secondo la quale l'anima rimane accanto al corpo per alcuni giorni, sconcertata e incerta. Era di un bianco grigiastro, come gli UFO della serie TV Roswell, con delle grosse chiazze scure e livide lungo il lato sinistro. L'assistente di Cooper, un uomo appesantito, con grandi borse sotto gli occhi, aveva già ricucito lo scalpo, grazie a Dio, e stava lavorando all'incisione a Y del torso. Applicava grandi punti approssimativi con un ago delle dimensioni di quelli usati per cucire le vele. Provai una fitta momentanea di senso di colpa per essere arrivato in ritardo, per averla lasciata sola, lei così piccola, in quella violazione finale: saremmo dovuti essere lì perché avesse qualcuno a tenerle la mano mentre quelle guantate e distaccate di Cooper la tastavano e la facevano a pezzi. Senza farsi notare troppo, Sam, con mia sorpresa, si fece il segno della croce.
«Femmina bianca in età pubere» iniziò Cooper, superandoci e posizionandosi vicino al tavolo, non senza prima aver spostato l'assistente, «anni dodici, o così mi dicono. Altezza e peso entrambi ridotti, ma nel range di normalità. Cicatrici che indicano un intervento chirurgico addominale, forse una laparotomia esplorativa, di qualche tempo fa. Nessuna patologia evidente. Per quello che posso vedere, è morta in salute, se mi passate l'ossimoro.»
Ci stringemmo attorno al tavolo come studenti ubbidienti; il rumore dei nostri passi rimbalzò sulle pareti piastrellate. L'assistente si appoggiò a uno dei lavandini e incrociò le braccia, continuando imperturbabile a masticare una gomma. Un lembo dell'incisione a Y restava ancora aperto, scuro e impensabile, l'ago infilato a caso in un lembo di pelle perché non pungesse qualcuno.
«Qualche chance col DNA?» chiesi.
«Un passo alla volta, se permette» rimarcò puntigliosamente Cooper. «Allora, abbiamo due colpi al capo, entrambi ante mortem… precedenti la morte» aggiunse sussiegoso per Sam, il quale annuì solennemente. «Entrambi sono stati inferti con un oggetto duro e ruvido che ha protrusioni ma non bordi distinti, coerente con il sasso che la signora Miller mi ha presentato per ispezionarlo. Uno, leggero, sulla parte posteriore della testa, vicino alla volta cranica. Ha causato una piccola area di abrasione e sanguinamento, ma nessuna fessurazione del cranio.» Voltò la testa di Katy da un lato, per mostrarci il piccolo rigonfiamento. Le avevano lavato via il sangue dal volto per controllare che non vi fossero ferite sottostanti, ma c'erano ancora delle tracce leggere.
«Quindi forse lo ha schivato oppure stava correndo via mentre lui colpiva» azzardò Cassie.
Non abbiamo specialisti in profili di assassini, quando ci servono davvero li chiamiamo dall'Inghilterra, ma essenzialmente molti dei ragazzi della Omicidi ricorrono a Cassie sulla base del fatto che ha studiato psicologia al Trinity per tre anni e mezzo. A O'Kelly questo non lo diciamo perché lui considera i profiler poco più che dei sensitivi e di malavoglia ci lascia anche solo ascoltare gli esperti inglesi; comunque penso che Cassie sia abbastanza brava perché di solito fornisce suggerimenti nuovi e utili e alla fine salta fuori che è andata abbastanza vicino a centrare l'obiettivo.
Cooper ci mise un po' di tempo a rispondere, forse per punirla dell'interruzione. Alla fine scosse la testa. «Lo considero improbabile. Se fosse stata in movimento al momento in cui il colpo veniva inferto, ci sarebbero graffi periferici e non ci sono. Al contrario, l'altro colpo…» Voltò la testa di Katy dall'altro lato e con un dito uncinò i capelli per tenerli indietro: sulla tempia sinistra, una parte di pelle era stata rasata per mettere in evidenza una lacerazione ampia e frastagliata, con schegge d'osso che fuoriuscivano. Qualcuno, Sam o Cassie, deglutì.
«Come potete osservare» continuò Cooper, «l'altro colpo è stato molto più potente. È arrivato proprio dietro e sopra l'orecchio sinistro, determinando una frattura depressa del cranio e un ragguardevole ematoma subdurale. Qui e qui» fece guizzare le dita, «potete osservare i graffi periferici ai quali facevo riferimento prima, sul bordo prossimale del punto di impatto primario. Mentre il colpo veniva inferto, lei deve avere spostato la testa, così che l'arma ha strisciato lungo il cranio prima dell'impatto finale. Sono stato sufficientemente chiaro?»
Annuimmo tutti. Diedi un'occhiata di sottecchi a Sam e mi rincuorò vedere che anche lui non sembrava passarsela troppo bene.