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«Questo colpo sarebbe stato sufficiente a causare la morte nel giro di qualche ora. L'ematoma però è progredito molto poco, quindi possiamo affermare con tranquillità che è morta per altre cause poco tempo dopo che le è stata inferta questa ferita.»

«Sa dirci se guardava il suo aggressore o se era voltata?» chiese Cassie.

«Tutto lascia supporre che fosse supina quando il colpo più forte le è stato inferto: c'è stata una notevole perdita di sangue e il flusso era diretto verso l'interno a partire dal lato sinistro del volto, con un'evidente stagnazione intorno alla linea centrale di naso e bocca.» Quella era una buona notizia, se si può usare quest'espressione in un tale contesto: doveva esserci del sangue sul luogo del delitto, bisognava solo trovarlo. Inoltre voleva dire che forse dovevamo cercare una persona mancina e anche se qui non eravamo in un'ambientazione all'Agatha Christie e i casi veri raramente si basano unicamente su un dettaglio del genere, a quel punto qualsiasi pista, anche minima, era un passo avanti.

«C'è stata lotta… prima di questo colpo, posso aggiungere, perché le avrebbe fatto perdere i sensi subito. Ci sono ferite da difesa alle mani e agli avambracci, lividi, abrasioni, tre unghie rotte della mano destra, probabilmente causati dalla stessa arma da cui cercava di difendersi.» Cooper sollevò uno dei polsi di Katy tra pollice e indice e ruotò il braccio per mostrarci i graffi. Le unghie erano state tagliate cortissime e portate ad analizzare; disegnato con un pennarello, sul dorso della mano c'era un fiore stilizzato sbiadito con una faccina sorridente nel mezzo. «Ho trovato anche delle contusioni attorno alla bocca e i segni dei denti all'interno delle labbra, coerenti con il fatto che l'aggressore le ha premuto una mano sulla bocca.»

Fuori, nel corridoio, una donna si stava lamentando di qualcosa a voce alta; una porta sbatté. L'aria nella stanza delle autopsie era pesante e ferma, difficile da respirare. Cooper ci guardò, ma nessuno proferì parola. Sapeva che non era ciò che avremmo voluto sentire. In un caso come quello, c'era solo da sperare che la vittima non si fosse accorta di cosa le stava accadendo.

«Mentre era priva di sensi» proseguì freddamente Cooper, «del materiale, probabilmente plastica, le è stato messo attorno al collo e ritorto in cima alla colonna vertebrale.» Le tirò il mento all'indietro: c'era un debole segno attorno al collo, striato dove la plastica aveva formato delle pieghe. «Come potete osservare, il segno della legatura è ben definito, da qui la mia conclusione che sia stata applicata dopo che la vittima era stata immobilizzata. Non ci sono segni di strangolamento e ritengo improbabile che la legatura fosse così stretta da impedire il passaggio dell'aria, tuttavia l'emorragia petecchiale negli occhi e sulla superficie dei polmoni indica che effettivamente è morta per anossia. L'ipotesi che sosterrei è che qualcosa come un sacchetto di plastica le sia stato posto sulla testa, legato dietro il collo e tenuto così per molti minuti. È morta per soffocamento, con la complicazione di un trauma per un colpo ricevuto alla testa e inferto con un oggetto contundente.»

«Aspetti un attimo» intervenne di botto Cassie. «Quindi non è stata violentata?»

«Ah» fece Cooper. «Pazienza, detective Maddox, ci stiamo arrivando. Lo stupro è avvenuto post mortem ed è stato eseguito con un arnese di un qualche tipo.» Fece una pausa, godendosi l'effetto con malcelata soddisfazione.

«Post mortem?» ripetei. «Ne è certo?» Chiaramente la notizia era un sollievo in un certo qual senso, eliminava alcune delle immagini mentali più strazianti; ma, al tempo stesso, significava che avevamo a che fare con uno che non ci stava con la testa. La faccia di Sam si contorse in una smorfia involontaria.

«Ci sono delle abrasioni fresche nella parte esterna della vagina e nei primi sette centimetri della parte interna, oltre a una rottura recente dell'imene, ma non vi è stato sanguinamento, nessuna infiammazione. Post mortem, è fuori di dubbio.» Sentii la fitta collettiva di panico che ci prese (nessuno di noi voleva confrontarsi con quella cosa, il solo pensiero era osceno), ma Cooper ci rivolse uno sguardo divertito e rimase dove si trovava, alla testa del tavolo.

«Che tipo di arnese?» chiese Cassie. Continuava a fissare il segno sulla gola di Katy, senza espressione.

«All'interno della vagina abbiamo trovato dei granelli di terra e due minuscole schegge di legno, una notevolmente annerita, l'altra con quello che sembra un sottile strato di vernice trasparente. Direi qualcosa di almeno dieci centimetri di lunghezza e fra i tre e i cinque di diametro, di legno verniciato e notevolmente usurato. Presenterebbe anche tracce di bruciato e bordi non appuntiti, tipo il manico di una scopa. Le abrasioni erano distinte e ben definite, il che implica un inserimento unico. Non ho riscontrato nulla che suggerisca anche penetrazione di un pene. Retto e bocca non mostrano segni di violenza sessuale.»

«Quindi niente fluidi corporei» commentai, torvo.

«E pare non esserci sangue o pelle sotto le unghie» aggiunse Cooper, con un pizzico di pessimistica soddisfazione. «I test non sono completi, naturalmente, ma l'impressione che ho è che non dovreste riporre troppe speranze nella possibilità di recuperare dei campioni di DNA.»

«Ha controllato il resto del corpo per eventuali presenze di sperma, giusto?» disse Cassie.

Cooper le riservò uno sguardo austero e non si premurò nemmeno di rispondere. «Dopo la morte» continuò, «è stata messa più o meno nella stessa posizione in cui l'abbiamo trovata, adagiata sul fianco sinistro. Non ci sono lividità secondarie, a dimostrazione del fatto che è rimasta in quella posa per almeno dodici ore. La relativa mancanza di attività degli insetti mi porta a credere che sia stata tenuta in uno spazio chiuso, o forse avvolta in un materiale di qualche tipo, per un considerevole lasso di tempo prima della scoperta del corpo. Scriverò tutto nella mia relazione, naturalmente, ma per il momento… avete qualche domanda?»

Il commiato, anche se appena accennato, era chiaro. «Qualcosa di nuovo sull'ora del decesso?» chiesi.

«I contenuti gastrointestinali mi permettono di essere un po' più preciso di quanto non sia stato sulla scena, sempre che possiate determinare l'orario del suo ultimo pasto. Aveva mangiato biscotti al cioccolato meno di mezz'ora prima della morte e consumato un pasto completo… il processo digestivo era abbastanza avanzato, ma c'erano dei fagioli… più o meno tra le quattro e le sei ore prima.»

Fagioli in salsa di pomodoro con pane tostato, intorno alle otto. Quindi, con una buona approssimazione, era morta tra mezzanotte e le due del mattino. Il biscotto doveva provenire dalla cucina dei Devlin, preso al volo mentre usciva di casa, oppure era stato il killer a darglielo.

«Il mio team finirà di ripulirla tra qualche minuto» concluse Cooper. Raddrizzò la testa di Katy con un manierismo preciso e soddisfatto. «Se volete avvisare la famiglia.»

Una volta fuori dall'ospedale ci guardammo. Una giovane donna molto magra, con una coda di cavallo alta e stretta, camminava avanti e indietro nel parcheggio, beveva da una lattina di 7-Up, trafficava nella borsa e, al tempo stesso, parlava velocemente al cellulare. «Pensavo che mi stesse prendendo per il culo, capito, no? Così gli ho detto: "Vaffanculo, Dermot, sto cercando di dormire". Ma lui ha detto: "No, fa male, sul serio…".»

«È da un po' che non vengo in un posto così» disse Sam, in tono sommesso.

«E adesso ti ricordi perché» chiarii.

«Post mortem…» Cassie aggrottò l'espressione in direzione della ragazza con la coda («Non lo lasciano uscire nemmeno per una paglia, cinque maledettissime ore, sta andando fuori di testa, cazzo…»). «Che accidenti voleva fare quel tipo?»

Sam se ne andò a scoprire qualcosa di più sull'autostrada e io chiamai la sala operativa e dissi a due degli agenti di supporto di accompagnare i Devlin all'ospedale. Cassie e io avevamo già visto la loro prima reazione alla notizia, quella cruciale, e non desideravamo né avevamo bisogno di rivederla. E poi dovevamo assolutamente parlare con Mark Hardy.