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«Alla Team House. Posso andare adesso?»

«Tra un po'» risposi. «Quando è stata l'ultima volta che hai trascorso la notte al sito?»

Irrigidì le spalle, quasi impercettibilmente. «Non ho mai trascorso la notte al sito» affermò, dopo un istante.

«Non sottilizziamo, nel bosco di fianco al sito.»

«Chi lo dice che ci ho dormito?»

«Senti, Mark» intervenne Cassie, improvvisamente e senza preamboli, «tu eri nel bosco lunedì o martedì sera. Possiamo dimostrarlo con prove della Scientifica se dovremo farlo, ma la cosa ci farà perdere un sacco di tempo e, credimi, ci impegneremo per farne perdere un bel po' anche a te. Non credo che tu abbia ucciso quella ragazzina, ma dobbiamo sapere quando sei stato nel bosco, cosa ci facevi e se hai visto o sentito qualcosa di utile. Quindi, potremmo trascorrere il resto della giornata per tirartelo fuori a forza, oppure potresti farla breve e tornartene al lavoro. La scelta è tua.»

«Quali prove della Scientifica?» chiese Mark con scetticismo.

Cassie gli rivolse un sorrisetto furbo ed estrasse da una tasca la sigaretta arrotolata, ordinatamente chiusa in un sacchetto di plastica. Gliela sventolò davanti. «DNA. Hai lasciato i mozziconi nel luogo dove hai bivaccato.»

«Cristo» disse Mark, fissando il sacchetto. Sembrava che stesse decidendo se infuriarsi oppure no.

«Faccio solo il mio lavoro» disse allegramente Cassie, rimettendosi il sacchetto in tasca.

«Cristo» ripeté lui. Si mordicchiava le labbra, ma non riusciva a nascondere del tutto il sorrisetto che gli deformava appena un angolo della bocca. «E ci sono cascato in pieno. Sei una tipa incredibile, porco cane, lo sei sul serio.»

«Allora, avanti, raccontami, hai dormito nel bosco…»

Silenzio. Alla fine Mark si mosse, lanciò un'occhiata all'orologio appeso al muro e sospirò. «Va bene, ci ho passato qualche notte.»

Feci il giro del tavolo, mi sedetti e aprii il blocco degli appunti. «Lunedì o martedì? O entrambi?»

«Solo lunedì.»

«A che ora sei arrivato?»

«Intorno alle dieci e mezzo. Ho acceso un falò e quando si è spento mi sono messo a dormire, verso le due.»

«Lo fai in tutti i siti?» chiese Cassie. «O solo a Knocknaree?»

«Solo a Knocknaree.»

«Perché?»

Mark si guardò le dita, le tamburellò lentamente sul tavolo. Cassie e io aspettavamo.

«Sapete cosa significa Knocknaree?» disse alla fine. «Collina del re. Non siamo certi di quando il nome abbia avuto origine, ma siamo abbastanza sicuri che si tratti di un riferimento precristiano, non politico. Non vi sono evidenze di sepolture reali o di insediamenti abitativi, ma abbiamo trovato dappertutto manufatti religiosi dell'Età del Bronzo: la pietra d'altare, figurine votive, una coppa d'oro per offerte, resti di sacrifici animali e forse anche umani. Quella collina è stata un sito religioso importantissimo.»

«Chi adoravano?»

Si strinse nelle spalle e aumentò il ritmo del tamburellamento. Avrei voluto sbattere la mano sulla sua e tenergliela ferma.

«Quindi facevi la guardia» disse tranquillamente Cassie. Se ne stava rilassata sulla sua sedia, ma i lineamenti del suo volto erano attenti e in allerta, puntati su di lui.

Mark spostò la testa, pareva a disagio. «Più o meno.»

«Il vino che hai versato» proseguì Cassie. Lui sollevò bruscamente lo sguardo, poi lo distolse. «Una libagione?»

«Se la vogliamo definire così.»

«Vediamo se ho capito bene» dissi. «Hai deciso di dormire a pochi metri da dove è stata assassinata la ragazza e noi dovremmo credere che eri lì per motivi religiosi.»

D'un tratto si infiammò, si lanciò in avanti e puntò un dito contro di me, rapido e selvatico come un gatto della giungla. Ebbi un sussulto prima che potessi controllarmi. «Senti, detective, adesso tu mi ascolti. Io non credo alla Chiesa, mi segui? A nessuna Chiesa. La religione esiste per tenere la gente al proprio posto e per versare l'obolo. Quando sono diventato maggiorenne ho fatto cancellare il mio nome dal registro ecclesiastico. E non credo neanche ad alcun governo. Sono come la Chiesa, tutti quanti. Parole diverse, stesso obiettivo: tenere il piede sul collo dei poveri e sostenere i ricchi. Le uniche cose in cui credo sono là fuori, allo scavo.» Aveva gli occhi ridotti a una fessura, incandescenti, adatti a stare dietro un fucile in cima a una barricata senza più speranze. «C'è più da adorare in quel sito che in qualsiasi fottutissima chiesa del mondo. È un sacrilegio che stiano per costruirci un'autostrada. Se stessero per abbattere l'Abbazia di Westminster per costruirci un parcheggio, criticheresti la gente che vi montasse la guardia? Allora non rifilarmi la lezioncina se faccio la stessa cosa.» Mi fissò finché non sbattei le palpebre, poi si schiacciò contro lo schienale e incrociò le braccia.

«Immagino di poter interpretare la cosa come una negazione da parte tua di alcun coinvolgimento nell'omicidio» dissi freddamente, una volta certo di avere ripreso il controllo della voce. Per un qualche motivo, quella tirata mi aveva colpito più di quanto non volessi ammettere. Mark sollevò gli occhi al soffitto.

«Mark» intervenne Cassie. «So esattamente cosa intendi. Io provo la stessa cosa per il mio lavoro.» Verde in volto, lui le rivolse un'occhiata lunga e dura, senza muovere un muscolo. Alla fine però annuì. «Ma devi capire anche il punto di vista del detective Ryan: un sacco di gente non capirà quello che provi. Per loro sembrerà solo una cosa molto, molto sospetta. Dobbiamo poterti escludere dall'indagine.»

«Se volete che mi sottoponga alla macchina della verità, lo farò. Ma martedì sera non ero là. Ci sono andato lunedì. Ma che c'entra con tutto il resto?» Provai nuovamente quella sensazione di sprofondare. A meno che non fosse molto più bravo di quanto fossi disposto a concedergli, dava per scontato che Katy fosse morta martedì sera, la sera prima del ritrovamento del corpo.

«Okay, puoi provare allora dove ti trovavi? E sii preciso… diciamo dall'ora in cui hai finito il lavoro, martedì, fino a quando sei tornato al sito, mercoledì mattina?»

Mark respirò a denti stretti, si torturò una vescica e d'un tratto mi resi conto che sembrava imbarazzato; lo faceva apparire molto più giovane. «Sì, posso provarlo. Sono tornato alla casa, mi sono fatto una doccia, ho cenato con i ragazzi, abbiamo giocato a carte e ci siamo bevuti qualche lattina in giardino. Potete chiederlo a loro.»

«E poi?» dissi. «A che ora siete andati a dormire?»

«La maggior parte sono rientrati intorno all'una.»

«E c'è qualcuno che può confermare i tuoi movimenti dopo quell'ora? Condividi la stanza con qualcuno?»

«No. Ho una stanza tutta per me, sono l'assistente del direttore del sito. Sono rimasto alzato un altro po', in giardino, a parlare con Mel. Sono rimasto con lei fino all'ora di colazione.» Stava facendo del suo meglio per apparire indifferente, ma tutta quell'arrogante padronanza di sé era svanita; ora sembrava suscettibile e impacciato come un ragazzino di quindici anni. Mi sarei messo a ridere. Non osavo guardare Cassie.

«Tutta la notte?» domandai con malizia.

«S…s…sì.»

«In giardino? Non era un po'… freschetto?»

«Siamo rientrati verso le tre e siamo rimasti nella mia stanza fino alle otto. Quando ci siamo alzati.»

«Bene, bene, bene» commentai soavemente. «La maggior parte degli alibi non sono neanche lontanamente così piacevoli.» Mi lanciò un'occhiata velenosa.

«Torniamo a lunedì notte» disse Cassie. «Mentre eri nel bosco, hai visto o sentito nulla di strano?»

«No. Ma è molto buio, buio come può esserlo in campagna, non come in città. Non c'è illuminazione pubblica o nulla del genere. E potrei non averli sentiti, ci sono un sacco di rumori.» Buio e rumori del bosco: ebbi nuovamente un brivido che mi scese lungo la schiena.

«Non necessariamente nel bosco» sottolineò Cassie. «Allo scavo, o magari lungo la strada… C'era qualcuno, diciamo intorno alle undici e mezzo?»

«Un momento» fece d'un tratto Mark, quasi con riluttanza. «Al sito… c'era qualcuno.»