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Né Cassie né io ci muovemmo. Tra noi era scoccata una scintilla d'allarme. Eravamo stati quasi pronti a mollare Mark, controllarne l'alibi, inserirlo in una lista con un punto interrogativo e lasciarlo tornare alla sua piccozza, almeno per il momento – nei primi, febbrili giorni di un'indagine non c'è tempo da perdere su ciò che è anche solo poco meno che cruciale – e ora aveva di nuovo tutta la nostra attenzione.

«Potresti fornirci una descrizione?» chiesi.

Mi squadrò con disgusto. «Certo, somigliava tanto a una torcia. Ho detto che era buio.»

«Mark» lo rimproverò Cassie. «E se cominciassi dall'inizio?»

«C'era qualcuno con una torcia che attraversava il sito, dall'abitato verso la strada. È tutto. Ho visto solo il raggio di luce.»

«A che ora?»

«Non ho guardato l'orologio. L'una? Forse un po' prima…»

«Pensa bene. Potresti dirci qualcosa… qualsiasi cosa, magari l'altezza, in base all'angolazione del fascio di luce?»

Mark rifletté. «No. Sembrava abbastanza bassa, vicino al terreno, ma il buio altera il senso delle prospettive. Si muoveva lentamente, ma come avrebbe fatto chiunque; l'avete visto il sito, è tutto pieno di buche e pezzi di muro.»

«Una torcia grande o piccola?»

«Il fascio era piccolo, non molto intenso. Non era uno di quei torrioni col manico. Una torcia piccola.»

«Quando l'hai vista la prima volta» chiese Cassie, «era su, verso il muro della zona residenziale, dalla parte opposta della strada?»

«Sì, più o meno. Ho pensato che venisse dal cancello posteriore, o che forse avesse scavalcato il muro.» Il cancello posteriore della zona residenziale era in fondo alla strada dei Devlin, a solo tre case di distanza. Poteva aver visto Jonathan o Margaret, rallentati da un corpo e alla ricerca di un luogo dove lasciarlo; oppure Katy che scivolava furtiva nell'oscurità per incontrare qualcuno, armata solo di una piccola torcia e di una chiave di casa che non avrebbero potuto riportarla indietro, al sicuro.

«Ed è andato alla strada.»

Mark si strinse nelle spalle. «Ha tagliato di là, percorrendo il sito in diagonale, ma non ho visto dov'è arrivato. Gli alberi mi impedivano di vedere.»

«Credi che, chiunque fosse, abbia notato il fuoco che avevi acceso?»

«E come faccio a saperlo?»

«D'accordo, Mark» disse Cassie, «questo è importante. Hai visto un'auto passare intorno a quell'ora? O magari ce n'era una ferma sulla strada?»

Mark si prese un po' di tempo. «No» rispose alla fine e con sicurezza. «È passata una coppia appena sono arrivato, ma nulla dopo le undici. Vanno a letto presto da quelle parti. Tutte le luci si spengono prima di mezzanotte.»

Se stava dicendo la verità, allora ci aveva appena fatto un grosso favore. Sia il luogo dell'uccisione sia la scena secondaria, ovunque il corpo di Katy fosse stato nascosto nella giornata di martedì, si trovavano quasi certamente a una distanza raggiungibile a piedi dalla zona residenziale, molto probabilmente proprio lì, e la nostra cerchia dei sospetti non includeva più la gran parte della popolazione irlandese. «Sei certo che te ne saresti accorto se fosse passata un'auto?» domandai.

«La torcia l'ho notata, no?»

«Ma te la sei ricordata solo ora» ribattei.

Arricciò le labbra. «La mia memoria funziona alla perfezione, grazie mille. Non pensavo fosse importante. È stato lunedì sera, no? Non ci ho prestato molta attenzione. Ho pensato fosse qualcuno che tornava da casa di amici, o magari un ragazzino che andava a incontrarsi con un compagno. A volte ci vanno, di sera, al sito. Non era un mio problema, comunque. Non mi ha dato fastidio.»

A quel punto Bernadette, l'impiegata amministrativa della squadra, bussò alla porta della stanza. Quando aprii, disse con disapprovazione: «Detective Ryan, c'è una telefonata per lei. Ho detto alla persona che non potevo disturbarla, ma ha detto che era importante». Bernadette è alla Omicidi da qualcosa come ventiquattro anni, tutta la sua vita lavorativa. Ha una faccia da marsupiale petulante, cinque completi da ufficio, uno per ogni giorno della settimana (il che è utile se sei troppo stanco per ricordare che giorno è), e tutti pensiamo che sia segretamente e senza speranza innamorata di O'Kelly. Gira una gigantesca scommessa per tutta la squadra su quando si metteranno finalmente insieme.

«Vai pure» disse Cassie. «Posso finire io, qui… Mark, abbiamo solo bisogno di raccogliere la tua testimonianza. Poi ti diamo un passaggio per riportarti al lavoro.»

«Prendo l'autobus.»

«No che non lo prendi» mi intromisi. «Dobbiamo verificare il tuo alibi con Mel e non sarebbe una gran verifica se tu avessi la possibilità di parlarle prima.»

«Ma porca puttana» scattò Mark, rimettendosi rumorosamente a sedere. «Non mi sto inventando niente. Chiedete a chi volete. Lo sapevano tutti nel gruppo, prima ancora che ci alzassimo.»

«Non preoccuparti, lo faremo» dissi allegramente, lasciandolo nelle mani di Cassie.

Tornai alla sala operativa e attesi che Bernadette mi passasse la telefonata, cosa che fece mettendoci tutto il suo tempo per farmi capire che non era compito suo venire a cercarmi. «Ryan» risposi.

«Detective Ryan?» Sembrava senza fiato, senza fiato e titubante, ma riconobbi la voce all'istante. «Sono Rosalind. Rosalind Devlin.»

«Rosalind» ripetei, aprendo di scatto il bloc-notes e pescando una penna. «Come stai?»

«Oh, io sto bene.» Risatina fragile. «A dire il vero, non proprio. Non sto bene, sono sconvolta. Ma credo che siamo ancora sotto shock, che la cosa non l'abbiamo ancora colta fino in fondo. Non si pensa mai che un evento del genere possa accadere a noi, vero?»

«No» concordai, comprensivo. «So come devi sentirti. Cosa posso fare per aiutarti?»

«Mi chiedevo… pensa che potrei fare un salto da lei per parlarle, un giorno? Solo se non è troppo disturbo. C'è una cosa che devo chiederle.» In sottofondo udii il rumore di un'auto che passava. Rosalind era fuori, da qualche parte, al cellulare o in una cabina.

«Ma certo. Oggi pomeriggio?»

«No» si affrettò a rispondere. «No… non oggi. Vede, torneranno a minuti, sono andati solo a… a vedere…» La voce le si spense. «Che ne dice di domani? Nel pomeriggio?»

«Quando vuoi» dissi. «Ti lascio il numero del mio cellulare, va bene? Così puoi chiamarmi ogni volta che ne hai bisogno. Fammi uno squillo domani e ci vediamo.»

Rosalind se lo scrisse, ripetendo i numeri a bassa voce. «Ora devo andare» disse in tutta fretta. «Grazie, detective Ryan. Grazie di cuore» e prima che potessi salutarla riattaccò.

Andai a dare un'occhiata alla saletta degli interrogatori: Mark stava scrivendo e Cassie era riuscita a farlo ridere. Battei le dita sul vetro. La testa di Mark scattò, Cassie mi lanciò un sorrisino e annuì impercettibilmente: a quanto pareva se la stavano cavando bene senza di me. Come potete immaginare, la cosa non mi dispiaceva affatto. Sophie era in attesa del campione di sangue che le avevamo promesso; lasciai a Cassie un messaggio su un post-it, "Torno alle 5", lo attaccai alla porta della saletta e scesi nell'interrato.

Le procedure per la catalogazione delle prove nei primi anni Ottanta, soprattutto quelle dei casi insoluti, non erano precisissime. La scatola di Peter e Jamie era su uno scaffale in alto e non l'avevo mai tirata giù prima di allora, ma quando feci per estrarre il fascicolo principale che si trovava in cima percepii del movimento all'interno e capii che la scatola doveva contenere altre cose, sicuramente le prove che Kiernan, McCabe e il loro team avevano raccolto. Il caso comprendeva altre quattro scatole che recavano etichette scritte con una calligrafia da bambino: 2) Questionnari, 3) Questionnari, 4) Dichiarazioni, 5) Piste. L'ortografia non era il lato forte di Kiernan o McCabe. Tirai giù la prima scatola e atomi di pulviscolo scesero a cascata, rilucendo al riflesso dell'unica, spoglia lampadina.

Conteneva diversi sacchetti di plastica con le prove. Erano incrostati di polvere e gli oggetti all'interno avevano un aspetto irreale, seppiato, di macerie da disastro naturale, o di manufatti misteriosi ritrovati in una sala sigillata da secoli. Li estrassi con cura, uno per uno, soffiai via la polvere e li misi in fila sui lastroni del pavimento.