Выбрать главу

I suoi occhi erano ancora diffidenti. Il bambino cominciava a dare segni d'inquietudine, imitava il rumore del motore e muoveva il volante, ma lei lo teneva fermo con la mano sulla spalla. Della musica, credo Vivaldi, proveniva debolmente dalla porta aperta, e per un momento arrivai davvero molto vicino a chiederle: "Ci sono alcune cose che desidererei controllare. Le dispiace se entro un momento?". Però mi dissi che Cassie si sarebbe preoccupata se fosse uscita dalla casa dei Savage e non mi avesse visto. «Stiamo semplicemente riverificando tutto» conclusi. «Grazie per il suo tempo.»

La donna rimase a guardarmi mentre mi allontanavo. Quando risalii in auto, la vidi raccogliere il camion dei pompieri, metterselo sotto un braccio e, con il bambino sotto l'altro, riportarli entrambi in casa.

Rimasi seduto a lungo in auto, a osservare la strada e a pensare che sarei riuscito ad affrontare molto meglio il tutto se i postumi della sbornia non fossero più stati tali. Alla fine, la porta della casa di Peter si aprì e sentii delle voci: qualcuno stava accompagnando Cassie lungo il vialetto. Girai di scatto la testa facendo finta di guardare dall'altra parte, perso nei miei pensieri, fino a che non sentii la porta richiudersi.

«Niente di nuovo» disse Cassie, affacciandosi nel riquadro del finestrino della macchina. «Peter non aveva mai detto di aver paura di qualcuno, o che qualcuno l'avesse infastidito. Era un bambino intelligente, sapeva che non doveva seguire gli sconosciuti, forse era solo un po' troppo sicuro di sé e questo avrebbe potuto metterlo nei guai. Non hanno sospetti su nessuno ma si sono domandati se non si sia trattato allora della stessa persona che ha ucciso Katy adesso. Ci sono rimasti piuttosto male.»

«Come tutti noi» dissi.

«Ma sembra che se la cavino.» Non ero riuscito a chiederlo io stesso, ma era quello che volevo sapere. «Il padre non è stato contento di dover tirare fuori tutto di nuovo, ma la madre è stata gentilissima. Tara, la sorella di Peter, vive ancora in casa. Mi ha chiesto di te.»

«Di me?» chiesi, con un piccolo e irrazionale guizzo di panico allo stomaco.

«Voleva sapere se avevo idea di come stavi. Le ho detto che i poliziotti avevano perso le tue tracce, ma che per quanto ne sapevamo stavi bene.» Sorrise maliziosamente. «Penso che tu le piacessi, all'epoca.»

Tara: un anno o due meno di noi, tutta gomiti e occhi, il tipo di bambina che cercava sempre qualcosa da andare a spifferare alla madre. Grazie al cielo, non ero entrato. «Forse dovrei andare a parlarle, dopotutto» scherzai. «È carina?»

«Proprio il tuo tipo: una bella ragazza ben piantata, con i fianchi che sembrano fatti apposta per avere tanti bambini. Fa il vigile urbano.»

«E che altro poteva fare?» dissi. Cominciavo a sentirmi meglio. «Le chiederò di mettersi l'uniforme al nostro primo appuntamento.»

«Un modo per avere tante informazioni. Okay, passiamo ad Alicia Rowan.» Cassie si raddrizzò e controllò il taccuino per il numero civico. «Vuoi venire?»

Mi ci volle poco per decidere. Non avevamo trascorso molto tempo da Jamie, per quanto mi riusciva di ricordare. Quando eravamo in casa, era quasi sempre da Peter: da lui c'era baccano e allegria, c'erano fratelli, sorelle e animali, c'era sua madre che preparava biscotti allo zenzero e c'era il televisore comprato a rate per guardare i cartoni animati. «Certo» acconsentii. «Perché no?»

Fu Alicia Rowan ad aprirci la porta. Era ancora bella, anche se in un modo sbiadito e nostalgico – ossatura delicata, guance scavate, tanti capelli biondi e grandi occhi blu tormentati – da star del cinema dimenticata alla quale lo scorrere del tempo ha donato fascino. Vidi la piccola scintilla esausta della speranza e della paura ravvivarsi nei suoi occhi quando Cassie ci presentò e svanire nel sentire pronunciare il nome di Katy Devlin.

«Sì» disse, «sì, certo, quella povera bambina… Pensano… pensate che abbia qualcosa a che fare con…? Entrate, prego, venite pure.»

Non appena mettemmo piede in casa capii che era stata una cattiva idea. Fu l'odore stesso, di sandalo e camomilla, che arrivò direttamente al mio subconscio a far riemergere moltissimi ricordi. Il pane a merenda. Il dipinto di una donna nuda, sul pianerottolo, davanti al quale ci lasciavamo andare a gomitate e risatine. Nascondersi in un armadio, con le braccia attorno alle ginocchia e gonne di cotone trasparente che mi solleticavano la faccia come fumo, "quarantanove, cinquanta!" da qualche parte nell'ingresso.

Ci portò in salotto (un copridivano fatto a mano, un Buddha sorridente di giada color fumo sul tavolino; mi venne in mente il meticoloso arredamento classe medio-bassa dei Devlin e mi chiesi che cosa ne avesse fatto la Knocknaree degli anni Ottanta di Alicia Rowan) e Cassie partì con la tiritera di rito. Sul caminetto c'era (ovvio che ci fosse, strano che non ci avessi pensato) un'enorme fotografia incorniciata di Jamie seduta sul muretto che strizzava gli occhi per il sole e rideva, il bosco nero e verde alle sue spalle. Ai lati, altre piccole fotografie, anch'esse in cornice, e una era di tre ragazzini che si tenevano vicini, l'uno col braccio al collo dell'altro, delle coroncine di carta in testa, forse per un Natale o un compleanno… "Avrei dovuto farmi crescere la barba" pensai, in preda al panico, guardando da un'altra parte. "Cassie avrebbe dovuto darmi il tempo di…"

«Nel nostro fascicolo» disse Cassie, «il rapporto iniziale dice che lei chiamò la polizia dicendo che sua figlia e i suoi amici erano scappati. C'era un motivo che le avesse fatto pensare che fossero fuggiti, piuttosto che, diciamo, si fossero persi o avessero avuto un incidente?»

«Be', sì. Vede… Oh, Dio,…» Alicia Rowan si passò le mani fra i capelli. Erano mani lunghe, che parevano prive di ossa. «Volevo mandare Jamie in collegio e lei non ci voleva andare. Mi fa sembrare incredibilmente egoista… e forse lo ero. Ma avevo davvero i miei motivi.»

«Signora Rowan» disse Cassie, in tono gentile, «non siamo qui per giudicarla.»

«Oh, no, lo so, lo so. Ma ognuno giudica se stesso, no? E voi dovreste… Oh, dovrei raccontarvi tutta la storia perché poteste capire.»

«Ci farebbe piacere sentirla. Qualunque cosa potrebbe esserci d'aiuto.»

Alicia annuì, senza molta speranza. Doveva aver sentito quelle parole così tante volte, negli anni. «Sì, sì, certo, capisco.»

Inspirò profondamente ed espirò, con gli occhi chiusi, forse contava fino a dieci. «Bene…» cominciò. «Avevo solo diciassette anni quando ebbi Jamie, sapete. Suo padre era un amico dei miei genitori, era molto molto sposato, e io molto molto innamorata di lui. Una relazione sembrava una cosa così sofisticata e audace… stanze di motel, storie inventate… e poi non credevo nel matrimonio. La trovavo una forma di oppressione fuori moda.»

Il padre di Jamie, George O'Donovan, avvocato di Dublino, era nel fascicolo, ma trenta e passa anni dopo Alicia lo stava ancora coprendo. «Poi però scoprì di essere incinta» la spronò Cassie.

«Sì. Lui ne fu sconvolto. I miei genitori vennero a sapere tutta la storia, e naturalmente anche loro ne furono sconvolti. Dicevano tutti che dovevo dare il bambino in adozione, ma io non volevo. Mi impuntai. Dissi che avrei tenuto la bambina e che l'avrei cresciuta da sola. Immagino che lo ritenessi un punto a favore per i diritti delle donne, una ribellione contro il patriarcato. Ero molto giovane.»

Era stata fortunata. Per molto meno, nell'Irlanda del 1972 le donne venivano rinchiuse a vita nei manicomi o nelle famigerate lavanderie di Santa Magdalen. «Fu una scelta molto coraggiosa» disse Cassie.

«Oh, grazie, detective. Sa, pensavo di essere una persona molto forte, allora. Ma mi chiedo se sia stata la decisione giusta. Sapete, se avessi dato Jamie in adozione…» Le si affievolì la voce.

«Si sono riavvicinati, alla fine?» chiese Cassie. «La sua famiglia e il padre di Jamie?»