«Cosa pensa che accadde?» chiese di punto in bianco Cassie.
Le avrei dato un calcio perché stava perdendo tempo, ma capii, sebbene riluttante, cosa la spinse a fare quella domanda. La signora Fitzgerald era la vecchietta furba della favola che sbirciava il mondo da una casetta fatiscente nel bosco, astuta e circospetta; c'era da credere che fosse in grado di fornire la risposta all'enigma, anche se magari un po' criptica per essere compresa subito.
Ispezionò la sua focaccina con aria pensierosa, le diede un morso e si picchiettò le labbra con un tovagliolino di carta. Ci stava tenendo sulla corda e se la godeva un mondo. «Un pazzo li ha gettati nel fiume» rispose alla fine. «Che Dio li benedica. Qualche pazzo che non si doveva lasciare in libertà.»
Notai che il mio corpo ebbe la solita, automatica reazione e la cosa mi fece infuriare: mi tremavano le mani e il battito cardiaco era aumentato. Appoggiai la tazza. «Allora crede che siano stati uccisi» dissi, abbassando la voce per essere certo di riuscire a controllarla.
«Certo, cos'altro, giovanotto? La mia povera mamma, che riposi in pace – era ancora viva allora; morì tre anni dopo di influenza -, diceva sempre che era stato il pooka, il folletto dispettoso, a prenderli. Ma era molto all'antica, che Dio la protegga.» Fui colto alla sprovvista. Il pooka è un antico personaggio che spaventa i bambini ed è tratto da una leggenda: è un selvaggio e malevolo discendente di Pan e antenato di Puck. Non era sulla lista di sospetti di Kiernan e McCabe. «No, sono finiti nel fiume, altrimenti i vostri uomini ne avrebbero ritrovato i corpi. Ci sono persone che dicono che sono ancora nella foresta, quei due poverini. Theresa King, che sta nella Lane, li ha visti l'anno scorso, mentre ritirava il bucato.»
Anche questa non me l'aspettavo, anche se forse avrei dovuto. Due bambini spariti per sempre nel bosco locale, era ovvio che entrassero a far parte del folklore di Knocknaree. Non credo ai fantasmi – piccole forme che sfrecciavano al tramonto, richiami senza parole – ma quel pensiero mi procurò brividi freddi lungo tutto il corpo. E indignazione: come poteva vederli una donna qualunque della strada accanto e io no?
«All'epoca» ripresi, cercando di riportare la conversazione sui binari giusti, «raccontò alla polizia che c'erano tre scapestrati che bazzicavano sempre al limitare del bosco.»
«Piccoli furfanti» rispose la signora Fitzgerald con passione. «Sputavano per terra, oltre a tutto il resto. Mio padre diceva sempre che sputare è segno di maleducazione. Ah, ma due di loro alla fine sono diventati bravi ragazzi. Il figlio di Concepta Mills si occupa di computer, ora. Si è trasferito in città, a Blackrock, per la precisione. Knocknaree non andava bene per lui. E Devlin, certo, abbiamo già parlato di lui. È il padre di quella povera piccola Katy, che Dio protegga la sua anima. È un brav'uomo.»
«E il terzo?» domandai. «Shane Waters?»
La signora Fitzgerald increspò le labbra e bevve un sorso di tè con fare compassato. «Non so niente di lui.»
«Ah… A lui è andata male, vero?» chiese Cassie in tono confidenziale. «Posso prendere un'altra focaccina, signora Fitzgerald? Erano secoli che non ne mangiavo di così buone.» Erano anche secoli che le facevano schifo. Dice che "non sanno di cibo".
«Prendila pure, cara, che un po' di carne addosso non ti farebbe male. Ce ne sono molte altre di là. Ora che mia figlia mi ha regalato il microonde, ne faccio sei dozzine alla volta, le congelo e le tiro fuori quando servono.»
Cassie scelse accuratamente la sua focaccina, ne morse un pezzo molto grande e commentò: «Mmm». Se ne avesse mangiate tante da spingere la signora Fitzgerald a scaldarne altre, le sarei saltato addosso. Deglutì e chiese: «Shane Waters vive ancora a Knocknaree?».
«Carcere di Mountjoy» rispose l'anziana donna, dando alle parole tutto il loro sinistro peso. «Sta proprio lì. Lui e un altro hanno rapinato un distributore di benzina armati di coltello e hanno spaventato a morte il poveretto che ci lavorava. Sua madre dice sempre che non è un cattivo ragazzo, che si fa influenzare facilmente, ma non c'è scusa per quel tipo di comportamento.» A quel punto avrei voluto presentarla a Sam: si sarebbero piaciuti.
«Disse alla polizia che c'erano anche delle ragazze con loro» la incalzai, preparando il taccuino.
Si succhiò la dentiera con disapprovazione. «Ragazzine sfacciate e impertinenti, tutt'e due. Anche a me non dispiaceva mostrare un po' le gambe quando ero giovane, non c'è modo migliore per farsi guardare dai ragazzi, no?» Mi fece l'occhiolino e rise, una risata rumorosa e rauca ma che le illuminò il viso. Si poteva vedere ancora che era stata una ragazza carina, dolce, un po' sfacciata e pimpante. «Ma i vestiti per quelle ragazzette erano solo soldi buttati via, perché fuori avrebbe potuto esserci un freddo pungente e non si sarebbero coperte di più. Oggi lo fanno tutte, con l'ombelico fuori e i pantaloncini ridottissimi, ma allora c'era ancora un po' di decenza.»
«Ricorda i loro nomi?»
«Aspettate che ci penso. Una era la figlia maggiore di Marie Gallagher. Vive a Londra da quindici anni e torna di tanto in tanto per mostrare i vestiti chic e il suo lavoro di lusso, ma Marie dice che in fin dei conti fa solo la segretaria. Ha sempre avuto un'alta opinione di sé.» Mi cascarono le braccia: Londra! Ma la signora Fitzgerald sorseggiò il tè, alzò un dito e riprese. «Claire, ecco come si chiama. Claire Gallagher. Non si è mai sposata. Ha frequentato un signore divorziato per alcuni anni, ha spezzato il cuore a sua madre, ma poi è finita.»
«E l'altra ragazza?» domandai.
«Ah, lei sta ancora qui. Vive con sua madre qualche strada più avanti, nella Close, la parte alta della zona residenziale, la più brutta, non so se mi spiego. Due figli e niente marito. Certo, cos'altro ci si potrebbe aspettare? Se vuoi i guai, non devi cercare molto per trovarli. È una Scully. Jackie è quella che ha sposato quel tipo di Wicklow, Tracy è quella che lavora nel negozio di scommesse… Sandra, ecco come si chiama. Sandra Scully. Finisci quella focaccina» ordinò poi la signora Fitzgerald vedendo che Cassie l'aveva furtivamente appoggiata e fingeva di essersene dimenticata.
«Grazie, signora Fitzgerald. Ci è stata di grande aiuto» dissi. Cassie colse l'occasione per infilarsi il resto della focaccina in bocca e, con la stessa espressione di un gatto a cui viene somministrato un medicinale, mandarla giù con il tè. Misi via il taccuino e mi alzai.
«Aspettate un momento» disse la signora Fitzgerald, facendo un gesto con la mano. Andò in cucina e tornò con un sacchetto di focaccine surgelate che mise nelle mani di Cassie. «Ecco qua, questo è per te. No, no, no» insistette, alle proteste di Cassie. Gusti personali a parte, non ci è permesso accettare nulla dai testimoni. «Ti faranno bene. Sei una giovinetta molto carina. Dividile con il tuo ragazzo se si comporterà bene.»
La parte brutta della zona residenziale non era in realtà tanto diversa da quella bella. Non ci ero mai stato, non che ricordassi, almeno, perché le nostre madri ci dicevano sempre di starne lontani. Le case erano un po' più insignificanti, c'erano erbacce e margherite che crescevano nei giardini e il muro di Knocknaree era coperto di graffiti di tipo innocuo come "Forza Liverpool", "Martina e Conor, per sempre", "Jonesy è gay", quasi tutti apparentemente fatti con un pennarello colorato. Erano quasi pittoreschi paragonati a quelli di zone più difficili. Non mi sarei preoccupato più di tanto se, per qualche motivo, avessi dovuto lasciare lì la macchina, di notte.
Fu Sandra ad aprirci la porta. Per un momento non ne fui certo. Non era come la ricordavo. Era stata una di quelle ragazze che fioriscono presto e altrettanto presto appassiscono. Nella mia confusa immagine mentale, era soda e voluttuosa come una pesca matura, con un'aureola di lucenti riccioli rosso-oro stile anni Ottanta, mentre la donna alla porta era sfiorita e molle, con un sguardo stanco e sospettoso e capelli sfacciatamente tinti. Avvertii un forte senso di perdita. Fu questione di un attimo, ma in quell'attimo quasi sperai che non fosse lei.