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«Non credo, no» risposi. Mi chiesi, fugacemente, se l'avessimo mai fatto. Sembrava proprio il nostro genere di rapporto.

«Shane aveva paura di farlo, ma Cathal riuscì a convincerlo. Cathal riuscirebbe a vendere l'acqua santa al papa.» Sorrideva un po', glielo sentivo nella voce. «Quando vedemmo I tre moschettieri alla TV, Cathal decise che quello sarebbe stato anche il nostro motto: tutti per uno, uno per tutti. Dovevamo sostenerci a vicenda, non c'era nessun altro dalla nostra parte. E aveva ragione.» Voltò la testa verso di me e mi lanciò un'occhiata valutativa. «Lei quanti anni ha… trenta-trentacinque?»

Annuii.

«Lei il peggio lo ha evitato. Quando finimmo la scuola erano gli inizi degli anni Ottanta. Questo paese era in ginocchio. Non c'era lavoro, da nessuna parte. Se papà non aveva un'azienda per poterti assumere, emigravi oppure vivevi del sussidio di disoccupazione. Anche avendo i soldi e i voti giusti per andare all'università, che fra parentesi noi non avevamo, significava solo posticipare la cosa di qualche anno. Non avevamo nulla da fare se non stare in giro tutto il giorno: niente a cui aspirare, niente a cui tendere; niente di niente, tranne noi tre. Non so se capisce quanto pericolosa poteva essere la situazione.»

Non ero certo della direzione che la conversazione stava prendendo, ma provai l'improvviso e sgradito guizzo di un sentimento che somigliava all'invidia. A scuola avevo sognato amicizie del genere: il legame disperato, a prova d'acciaio, dei soldati in battaglia o dei prigionieri di guerra, il mistero raggiunto solo dagli uomini in condizioni estreme.

Jonathan inspirò. «Comunque, a un certo punto Cathal cominciò a uscire con questa ragazza, Sandra. Inizialmente sembrò strano: eravamo tutti usciti con qualche ragazza ogni tanto, ma nessuno di noi aveva mai avuto una fidanzata vera. Ma lei, Sandra, era così carina… Rideva sempre e quella sua innocenza… credo sia stata il mio primo amore, fra l'altro… quando Cathal disse che le piacevo anch'io, che voleva stare anche con me, non riuscii a credere alle mie orecchie.»

«La cosa non la colpì come… un po' strana, a dir poco?»

«Non strana come potrebbe pensare lei. Lo so che adesso sembra pazzesco, ma avevamo sempre condiviso tutto. Era una nostra regola. E la cosa sembrava seguire quella linea. Più o meno nello stesso periodo, anch'io uscivo con una ragazza e anche lei, glielo giuro, andò con Cathal, non ci pensò due volte… in realtà, credo che avesse cominciato a uscire con me perché lui era già impegnato. Era molto più attraente di me.»

«E Shane sembrava non entrare nel gioco» osservai.

«Infatti. È lì che è cominciato ad andare tutto storto. Shane lo ha scoperto ed è andato fuori di testa. Credo che Sandra piacesse molto anche a lui, anche se penso che a infastidirlo maggiormente fosse il fatto di essersi sentito tradito da noi. Era sconvolto. Litigavamo praticamente tutti i giorni per quella faccenda. E andò avanti per settimane. Metà delle volte non voleva neppure parlare con noi. Io ero triste, sembrava che mi mancasse la terra sotto i piedi, lo sa come si ragiona a quell'età, ogni più piccola cosa sembra la fine del mondo…» Tacque.

«Poi cosa accadde?» lo spronai.

«Cathal cominciò a pensare che fosse stata Sandra a mettersi tra noi e che quindi doveva essere lei a riunirci. Ne era ossessionato, non parlava d'altro. Se avessimo avuto tutti la stessa ragazza, diceva, sarebbe stata suggellata per sempre la nostra amicizia, come la faccenda del giuramento di sangue tra fratelli, solo più forte. Non so più se ci credesse sul serio o se solo… non lo so. Non lo so. Lui aveva una vena strana, Cathal intendo, soprattutto per cose del genere… insomma, io avevo i miei dubbi, ma lui continuava all'infinito e Shane naturalmente gli stava dietro…»

«A nessuno di voi venne in mente di chiedere il parere di Sandra?»

Jonathan lasciò ricadere la testa contro il vetro, producendo un leggero tonfo. «Avremmo dovuto» rispose piano, dopo un po'. «Dio sa se avremmo dovuto farlo. Ma vivevamo in un mondo tutto nostro, fatto di noi tre soltanto. Nessun altro sembrava reale. Impazzivo per Sandra, ma così come impazzivo per la principessa Leila o per chiunque altra avesse colpito la nostra fantasia quella settimana, non nel modo in cui si ama davvero una donna. Non è una scusa, non ci sono scuse per ciò che abbiamo fatto. Ma è una ragione.»

«Cosa accadde?»

Si passò una mano sulla faccia. «Eravamo nel bosco» cominciò. «Noi quattro, perché io non stavo già più con Claire. Eravamo in questa radura dove andavamo ogni tanto. Non so in Inghilterra, ma quell'anno qui avemmo un'estate meravigliosa. Faceva caldo come in Grecia o quasi, mai una nuvola in cielo, luce fino alle dieci e mezzo di sera. Passavamo giornate intere fuori, nel bosco o nei dintorni. Eravamo tutti abbronzatissimi; io sembravo addirittura uno studente italiano, tranne che per quelle stupide aree più chiare intorno agli occhi per gli occhiali da sole che portavo…

«Era pomeriggio tardi. Eravamo stati alla radura tutto il giorno, a bere e a farci qualche canna. Credo fossimo tutti un po' storditi, non solo per il sidro e la roba fumata, ma per il sole e quell'atmosfera un po' folle che si crea a quell'età… avevo fatto a braccio di ferro con Shane, che una volta tanto era di un umore passabile, e l'avevo lasciato vincere. Stavamo facendo un po' di casino, ci spingevamo, lottavamo nell'erba, sa come fanno i ragazzi. Cathal e Sandra gridavano, ci prendevano in giro e poi Cathal cominciò a fare il solletico a Sandra che rideva e strillava. Si rotolarono fin sotto i nostri piedi e noi ci buttammo sopra di loro in una specie di mucchio. E d'un tratto Cathal gridò: "Ora!"…»

Attesi a lungo. «La violentaste tutti e tre?» chiesi infine.

«Solo Shane. Non che fosse meno grave. Io la tenni stretta…» Jonathan inspirò rapidamente tra i denti. «Non mi era mai capitata una cosa del genere. Credo che fossimo tutti un po' fuori controllo. Non parve una cosa reale, sa? Sembrava un incubo, o un brutto viaggio, e non finiva più. Faceva un caldo soffocante, io sudavo come un maiale e avevo la testa leggera. Mi guardavo intorno e vedevo gli alberi che si richiudevano intorno a noi, come se spuntassero rami freschi a vista d'occhio. Pensavo che ci avrebbero avvolti e inghiottiti. E i colori, poi, mi sembravano tutti sbagliati, strani, come in quei film ai quali sono stati aggiunti dopo. Il cielo era diventato tutto bianco e c'erano delle cose che schizzavano via sullo sfondo, delle piccole cose nere. Pensavo allora di dover avvertire gli altri che stava succedendo qualcosa, che c'era qualcosa che non andava… e intanto… intanto la tenevo, ma non sentivo le mani, era come se non fossero le mie. Non riuscivo a capire di chi fossero. Ero terrorizzato. Cathal era di fronte a me, dall'altra parte di Sandra, e il suo respiro sembrava il rumore più assordante al mondo, ma non lo riconoscevo, non riuscivo a ricordare chi fosse o cosa stessimo facendo. Sandra si dimenava e c'erano quei rumori… Cristo. Per un istante giuro che credetti che fossimo cacciatori e che quello era… un animale che avevamo abbattuto e che Shane stava finendo…»

«Se capisco bene» dissi freddamente – il tono della faccenda cominciava a non piacermi neanche un po' -, «in quel momento eravate sotto l'effetto di alcol e sostanze stupefacenti e forse anche di un colpo di calore. Oltre a dire che eravate sicuramente eccitati. Non crede che tutti questi fattori potrebbero aver avuto qualcosa a che vedere con quell'esperienza?»