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«Sareste proprio una bella coppia» dissi, abbassando la penna. «Cosa ha fatto?» Cassie ruotò sulla sedia, un sorriso stampato sul volto.

Sam prese la sua sedia con un gesto teatrale, ci si lasciò cadere e sollevò i piedi sul tavolo, come gli investigatori privati nei vecchi film. Se avesse avuto anche il cappello l'avrebbe lanciato per la stanza. «Ha "solo" riconosciuto Andrews nel confronto vocale. A Andrews e al suo avvocato è quasi venuto un attacco di bile e anche Devlin non è che sia stato proprio contento di sentirmi… che diavolo gli avete detto? Ma alla fine lo hanno fatto tutti. Ho chiamato Devlin… ho pensato fosse il modo migliore; sapete com'è… tutti sembriamo un po' diversi al telefono. Poi ho fatto dire a Andrews e a un gruppetto dei ragazzi alcune frasi delle telefonate anonime: "Carina la ragazzina" e "Non hai idea della cosa in cui ti sei immischiato".»

Scostò la ciocca di capelli. Rideva e aveva l'espressione gioiosa e trionfante di un bambino. «Andrews borbottava, strascicava le parole e via così per rendere diversa la voce, ma Jonathan, il mio eroe, l'ha beccato in cinque secondi netti, senza batter ciglio. Mi ha urlato nelle orecchie al telefono, voleva sapere chi fosse e Andrews e il suo legale… ah, dimenticavo, il vostro uomo, Devlin, l'avevo in vivavoce così che potessero sentirlo anche loro, non volevo discussioni, dopo… se ne stavano lì con delle facce… come se avessero preso un tremendo calcio nel culo. È stato grandioso.»

«Oh, bravo» commentò Cassie, e si sporse sul tavolo per dargli un cinque. Con un sorriso grosso così, Sam si girò poi dalla mia parte e mimò il gesto anche con me.

«A essere onesti, sono proprio soddisfatto di me. Siamo ancora lontani dal poterlo incriminare per omicidio, ma qualche accusa di molestie sarà sufficiente a tenerlo qui per ulteriori interrogatori e consentirci di vedere dove possiamo arrivare.»

«L'hai trattenuto?» gli chiesi.

Sam scosse la testa. «Non gli ho detto nulla dopo il confronto, mi sono limitato a ringraziarlo e a comunicargli che ci saremmo fatti vivi. Voglio lasciarlo a bollire nel suo brodo per un po'.»

«Oh, questo è disonesto, O'Neill» dissi in tono serio. «Non me lo sarei mai aspettato da te.» Era divertente prendere in giro Sam. Non ci cadeva sempre, ma quando succedeva si accalorava e cominciava a balbettare.

Mi fulminò con lo sguardo. «E, inoltre, voglio vedere se c'è la possibilità di mettergli il telefono sotto controllo per qualche giorno. Se è il nostro uomo, sono pronto a scommettere che non l'ha fatto da solo. Il suo alibi tiene e comunque non è il tipo da rovinarsi il vestito nuovo con il lavoro sporco. Ricorrerebbe a qualcun altro. Il riconoscimento della sua voce magari lo fa andare nel panico tanto che chiama l'uomo che ha assunto. O si lascia sfuggire qualcosa, lo stupido.»

«Ripassa tutti i suoi tabulati telefonici» gli ricordai. «Vedi con chi ha parlato il mese scorso.»

«Ci sta lavorando O'Gorman» disse Sam compiaciuto. «Voglio dare a Andrews una settimana o due e vedere se emerge qualcosa, poi lo riprendiamo e…» Parve improvvisamente riluttante a proseguire, come colto tra vergogna e malizia. «Ricordate che Devlin disse che l'uomo al telefono sembrava un po' legato? E ieri ci chiedevamo se Andrews non fosse un po' alticcio? Credo che il nostro amico abbia qualche problema d'alcol. Mi chiedo come sarebbe messo se andassimo a trovarlo, che so… alle otto o alle nove di sera. Potrebbe… potrebbe parlare con più facilità e non chiamare subito l'avvocato. So che non è bene approfittare delle debolezze altrui, però…»

«Rob ha proprio ragione» disse Cassie, scuotendo la testa. «Hai una vena di crudeltà.»

Sam sgranò gli occhi per lo sgomento. Ma fu solo per un istante, poi capì l'antifona. «Ma vi potesse venire…» fece allegramente e ruotò sulla sedia con i piedi in aria.

Quella sera eravamo tutti un po' sopra le righe, emozionati come bambini che si ritrovano inaspettatamente con un giorno di vacanza dalla scuola. Lasciandoci nella più assoluta incredulità, Sam era riuscito a mandare O'Kelly dal giudice per fargli emettere il mandato per porre sotto controllo il telefono di Andrews per due settimane. Di solito, un provvedimento del genere lo si ottiene solo in presenza di grossi quantitativi di esplosivo, ma l'Operazione Vestale occupava ancora le prime pagine dei giornali un giorno sì e un giorno no: "Nessuna nuova pista per l'omicidio di Katy (a pagina 5: 'Tuo figlio è al sicuro?')". E l'alto livello di drammaticità ci conferiva maggior potere contrattuale. Sam era fuori di sé dalla gioia: «Ragazzi, me lo sento che il bastardo ci nasconde qualcosa, ci scommetterei dei soldi. Basterà qualche pinta in più, una di queste sere, e… centro! Lo becchiamo». Aveva portato del vino, un gradevolissimo bianco, per festeggiare. La confortante notizia mi faceva sentire più leggero. Avevo fame come non mi capitava più da settimane. Preparai un'enorme frittata tipo tortilla spagnola, cercai di farla ruotare come una crèpe e quasi mi finì nel lavandino. Cassie svolazzava per casa a piedi nudi e con un paio di jeans estivi tagliati, ora affettando una baguette di pane, ora alzando il volume dei Dixie Chicks, massacrando in ogni caso la mia coordinazione occhio-mano ai fornelli. «E qualcuno ha anche avuto il coraggio di mettere un'arma in mano a questo tipo; questione di tempo e comincerà a mostrarla in giro per far colpo sulle ragazze, col rischio di spararsi a una gamba…»

Dopo cena giocammo a una versione improvvisata di Cranium. Eravamo solo in tre e mi mancano le parole per descrivere le sceneggiate di Sam, dopo quattro bicchieri di vino, che cercava di mimare qualcosa quando era il suo turno. Le lunghe tende bianche si gonfiavano e sfioccavano alla brezza che entrava dalla finestra a ghigliottina aperta e una falce di luna se ne stava lì nel cielo del crepuscolo. Non ricordavo l'ultima volta che avevo trascorso una serata come quella, felice e spensierata, senza le piccole sfumature grigie che contornano ogni conversazione.

Quando Sam se ne andò, Cassie volle insegnarmi a ballare lo swing. Dopo cena, ci eravamo bevuti un quasi cappuccino per inaugurare la macchinetta nuova e nessuno di noi aveva la benché minima voglia di andare a dormire. Dal lettore CD proveniva un vecchio brano, e Cassie mi prese le mani e mi fece alzare dal divano. «Come diavolo fai a sapere ballare lo swing?» chiesi.

«I miei zii pensavano che i bambini dovessero far un sacco di corsi. So anche disegnare al carboncino e suonare il piano.»

«Tutto insieme? Io so suonare il triangolo. E ho due piedi sinistri.»

«Non m'interessa, voglio ballare.»

L'appartamento era troppo piccolo. «Avanti» mi esortò Cassie, «togliti le scarpe.» Prese il telecomando, aumentò il volume a undici e uscimmo dalla finestra. Per la scala di sicurezza in ferro battuto, con gli strati di vernice che venivano via al tocco della mano, scendemmo sul tetto aggettante del piano di sotto.

Io non sono un gran ballerino, ma lei mi insegnò le mosse di base, senza stancarsi di ripeterle e schivando con destrezza i miei passi maldestri, così che, d'un tratto, cominciai a muovermi autonomamente e ci ritrovammo a ballare seguendo il ritmo sincopato ed elegante della musica e spingendoci pericolosamente ai bordi del tetto. Sentivo le mani di Cassie nelle mie, forti come quelle di una ginnasta e tuttavia flessibili. «Anche tu sai ballare!» gridò senza fiato, per coprire la musica e con gli occhi che le brillavano.

«Cosa?» gridai e inciampai. Risate che si srotolarono come stelle filanti nei giardini bui, di sotto.

Una finestra si aprì di colpo, più in basso, e una voce dall'accento anglo-irlandese sbraitò: «Se non abbassate chiamo la polizia!».

«Siamo noi la polizia!» rispose Cassie a pieni polmoni. Le tappai la bocca con un mano e scoppiammo in una risata esplosiva, non più trattenuta, finché, dopo un confuso silenzio, la finestra si richiuse con un gran fracasso. Cassie corse su per le scale, ci rimase attaccata con una mano e, continuando a ridacchiare, con l'altra puntò il telecomando attraverso la finestra, cambiò CD selezionando i notturni di Chopin, e abbassò il volume.