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«Ehi!» disse Peter. «Ma che cos'ha?»

«Il collegio» risposi. Solo a pronunciarlo mi venivano le gambe molli.

Peter mi fece una faccia incredula e disgustata. «Ma non ci andrà. L'ha detto la sua mami.»

«No, non è vero. Ha detto: "Vedremo".»

«Sì e poi più niente da allora.»

«Vabbè, però adesso l'ha fatto, a quanto pare.»

Peter strizzò gli occhi per il sole. «Andiamo» disse e saltò giù dal muro.

«Ma dove?»

Non rispose. Recuperò la sua bici e quella di Jamie e riuscì a condurle entrambe nel suo giardino. Io presi la mia e lo seguii. Con una fila di mollette del bucato pinzate sull'orlo del grembiule, sua madre stava stendendo la biancheria. «Non dar fastidio a Tara» gli ingiunse.

«Va bene» rispose Peter e lasciò cadere le bici sull'erba. «Marni, andiamo nel bosco, okay?» Il piccolo Sean Paul era steso su un telo, indossava solo il pannolino e cercava di gattonare. Lo toccai esitante nel fianco col piede. Lui rotolò, mi afferrò la scarpa da ginnastica e mi rivolse un gran sorriso. «Buono bimbo» gli dissi. Non volevo andare a recuperare Jamie. Avrei potuto restare lì, a occuparmi di Sean Paul per la signora Savage, e aspettare che Peter tornasse a dirmi che Jamie sarebbe partita.

«Si cena alle sei e mezzo» avvisò la signora Savage e, mentre Peter passava, allungò una mano sovrappensiero per lisciargli i capelli. «Hai l'orologio con te?»

«Come no.» Peter le agitò il polso sotto il naso. «Dai, Adam, andiamo.»

Quando c'era qualcosa che non andava, di solito andavamo nello stesso posto: la sala più in alto del castello. Le scale per le quali ci si arrivava erano crollate da tempo e da sotto non si poteva nemmeno immaginare che ci fosse qualcosa lassù. Bisognava arrampicarsi lungo il muro esterno fino in cima e poi saltare sul camminamento di pietra. L'edera che lo ricopriva ci facilitava il compito: era come il nido di un uccello, abbarbicato lassù.

Jamie era lì, rannicchiata in un angolo con un gomito piegato a uncino sopra la bocca. Piangeva forte e in maniera scomposta. Una volta, secoli prima, le era finito il piede in un buco dei conigli mentre correva e si era rotta la caviglia. Ce l'eravamo caricata sulle spalle fino a casa e non aveva versato una sola lacrima, neanche quando ero inciampato e le avevo stortato la gamba. Si era limitata a un: «Ahia, Adam, sta' attento, scemo!» e mi aveva dato un pizzicotto sul braccio.

Scesi nella sala. «Vai via!» mi urlò Jamie, soffocata dal braccio e dalle lacrime. Aveva il viso rosso e i capelli arruffati, con le mollette che le pendevano storte. «Lasciami sola.»

Peter era ancora sul muro. «Vai in collegio?» le chiese.

Jamie strizzò occhi e bocca, ma i singhiozzi trattenuti si udirono ugualmente. Quasi non capivo quello che diceva. «Non me l'ha mai detto, faceva finta che andasse tutto bene e invece… mentiva!»

Fu l'ingiustizia della cosa a colpirmi maggiormente, a lasciarmi senza parole. «Vedremo» aveva detto la madre di Jamie, «non preoccuparti» e noi le avevamo creduto e avevamo smesso di preoccuparci. Nessun adulto ci aveva mai traditi prima di allora, non su qualcosa di quell'importanza, e non riuscivo a capirlo. Avevamo trascorso l'intera estate convinti di avere tutto il tempo del mondo.

Peter camminò sulla cima del muro, avanti e indietro, in equilibrio precario, poi lo rifece su una gamba sola. «Allora rifacciamo la stessa cosa. Ammutinamento.»

«No!» gridò Jamie. «Ha già pagato le tasse d'iscrizione e tutto il resto, è troppo tardi… Vado tra due settimane! Due settimane…» Strinse le mani a pugno e le abbatté sul muro.

Non potevo sopportarlo. Mi inginocchiai accanto a lei e le misi un braccio attorno alle spalle. Se lo scrollò via ma, quando ce lo rimisi, lo lasciò lì. «Non piangere, Jamie» la implorai. «Ti prego, non piangere.» Il vortice verde e oro dei rami tutt'intorno, Peter sconcertato e Jamie che piangeva, la pelle setosa e abbronzata del suo braccio che mi faceva fremere la mano. Il mondo intero sembrava ondeggiare, la pietra del castello che rollava sotto di me come i ponti delle navi nei film… «Sarai a casa tutti i weekend…»

«Ma non sarà la stessa cosa!» si lamentò Jamie. Rovesciò la testa all'indietro e singhiozzò senza neppure cercare di nasconderlo, una fragile gola scura rivolta verso gli squarci di cielo. L'infelicità nella sua voce mi colpì profondamente. Aveva ragione, non sarebbe stata mai più la stessa cosa, mai più.

«No, Jamie, non piangere… smettila…» Non riuscivo a stare fermo. Sapevo che era una cosa stupida ma per un istante fui lì lì per dirle che sarei andato al posto suo, che l'avrei sostituita, che sarebbe potuta restare per sempre… Prima di rendermene conto, chinai la testa e la baciai su una guancia. Sentii le lacrime umide sulla mia bocca. Jamie odorava di erba al sole, calda e verde, inebriante.

Rimase così stupefatta che smise di piangere. Voltò la testa dalla mia parte, come una sciabolata, e mi piantò gli occhi in faccia, occhi cerchiati di rosso e di un azzurro intenso. Erano vicinissimi. Sapevo che stava per far qualcosa, assestarmi un pugno, ricambiare il bacio…

Peter saltò giù dal muro e atterrò sulle ginocchia davanti a noi. Mi afferrò il polso, forte, e poi afferrò quello di Jamie. «Ascoltate» disse. «Scappiamo.»

Lo fissammo a occhi sbarrati.

«Che stupidaggine» sbottai, dopo un po'. «Ci prenderanno.»

«No, no che non lo faranno, non subito. Possiamo nasconderci qui per qualche settimana, senza problemi. Non deve essere per sempre o cose del genere… Aspettiamo che sia più sicuro. Una volta iniziata la scuola, torniamo a casa e sarà troppo tardi. E anche se la mandano via lo stesso, chissenefrega! Scappiamo ancora. Andiamo a Dublino e prendiamo Jamie. A quel punto la espelleranno e dovrà tornare a casa. Facile!»

Gli brillavano gli occhi. L'idea prese forma, si ingigantì, cominciò a roteare lì nell'aria tra noi.

«Potremmo vivere qui» disse Jamie. Le venne meno il respiro per un lungo singhiozzo. «Nel castello, voglio dire.»

«Ci sposteremo tutti i giorni. Qui, nella radura, sull'albero grande con i rami a forma di nido. Non gli daremo la possibilità di prenderci. Pensi sul serio che qualcuno potrebbe trovarci qui? Avanti, su!»

Nessuno conosceva il bosco come noi. Scivolare tra la boscaglia, leggeri e silenziosi come guerrieri pellerossa, in osservazione tra il folto degli alberi e sui rami più alti, immobili, mentre il gruppo alla nostra ricerca avanzava con passo pesante…

«Faremo i turni per dormire.» Jamie se ne stava seduta più dritta, ora. «Uno di noi farà la guardia.»

«Ma i nostri genitori» dissi pensando alle mani calde di mia madre, immaginandomela che piangeva, disperata, «si preoccuperanno un sacco. Penseranno che…»

Jamie stirò la bocca. «Certo… mia madre no. Non mi vuole tra i piedi comunque.»

«E la mia pensa quasi esclusivamente ai piccoli» rincarò Peter. «E a mio padre di certo non gliene fregherà nulla.» Jamie e io ci scambiammo uno sguardo. Non ne parlavamo mai, ma sapevamo entrambi che, quando si ubriacava, il padre di Peter a volte li picchiava. «E poi, chi se ne frega se i genitori si preoccupano? Non te l'hanno detto che Jamie sarebbe finita in collegio, no? Ti hanno lasciato credere che era tutto a posto!»

Aveva ragione, pensai, stordito. «Potrei lasciare un biglietto… solo per dirgli che stiamo bene.»

Jamie cominciò a dire qualcosa ma Peter la interruppe. «Esatto, perfetto! Lascia un biglietto con su scritto che siamo andati a Dublino, o a Cork, o altrove. Così ci cercheranno là mentre noi saremo qui, tutto il tempo.»

Si rimise in piedi e tirò su anche noi. «Ci state?»

«Io in collegio non ci vado» disse Jamie, pulendosi la faccia con l'avambraccio. «Non ci vado, Adam. Neanche per sogno. Farò qualsiasi cosa.»

«Adam?» Vita selvaggia, abbronzati e scalzi tra gli alberi. Il muro del castello aveva un che di freddo e indistinto al tatto. «Adam, che altro dovremmo fare? Vuoi lasciare che mandino via Jamie? Non vuoi far qualcosa?»