«Perché? Per quale motivo dovremmo cominciare a vagare tra le stelle? Dove andremmo? Non c’è nulla là fuori.»
«Ci sono miliardi di stelle.»
«E quanti pianeti? Per quel che ne sappiamo, ci sono pochissimi pianeti, e nessuno abitabile. Il nostro Sistema Solare è l’unica casa che conosciamo.»
«L’umanità ha l’esplorazione nel sangue.» Era una massima di Pitt.
«Sciocchezze romantiche. Qualcuno crede davvero che la gente voterà per separarsi dall’umanità e scomparire nello spazio?»
«A quanto pare, i rotoriani sono abbastanza favorevoli, Crile» disse Eugenia.
«Propaganda del Consiglio. Pensi che la gente voterà per lasciare la Terra? Il Sole? Mai. Se arriveremo a tanto, noi andremo sulla Terra.»
Eugenia provò un tuffo al cuore. «Oh, no. Vuoi proprio uno di quei simun, o una di quelle tormente, o il maestrale, o come diavolo si chiamano? Ti piacciono tanto i pezzi di ghiaccio, l’acqua che cade dal cielo, l’aria che soffia e sibila?»
Crile aggrottò le ciglia. «Non esagerare. Di tanto in tanto ci sono delle bufere, ma è possibile prevederle. A dire il vero, sono interessanti… quando non sono troppo violente. È affascinante… un po’ di freddo, un po’ di caldo, un po’ di precipitazioni. Tutte cose che rendono la vita più varia, che ti fanno sentire vivo, arzillo. E poi, pensa alla varietà di cucine.»
«Cucine? Come puoi dire una cosa simile? La maggior parte della gente sulla Terra soffre la fame. Continuiamo a inviare sulla Terra dei carichi di prodotti alimentari.»
«Una parte della gente ha fame. Non è un fenomeno universale.»
«Be’, comunque non pretenderai che Marlene viva in una situazione del genere, eh?»
«Miliardi di bambini lo fanno.»
«E la mia bambina non sarà una di loro» ribatté Eugenia rabbiosa.
Tutte le sue speranze erano riposte in Marlene, adesso. Aveva quasi dieci mesi, aveva due dentini sopra, due sotto, si muoveva strascicando i piedi, aggrappandosi alle sbarre del suo box, e guardava il mondo con quegli occhi intelligenti e colmi di meraviglia.
Fisher era ancora molto affezionato alla bambina; più affezionato che mai, anzi. Quando non la coccolava, rimaneva a fissarla e parlava ammirato dei suoi splendidi occhi. Metteva in rilievo l’unica cosa bella che Marlene possedesse, e sembrava che per lui bastasse a compensare tutte le altre cose che le mancavano.
Sicuramente, Fisher sarebbe rimasto su Rotor, pur di non separarsi da Marlene. Se avesse dovuto scegliere tra la Terra ed Eugenia, la donna che aveva amato e sposato, forse avrebbe scelto la Terra… Eugenia aveva questo timore. Ma sicuramente Marlene lo avrebbe bloccato.
Sicuramente?
Il giorno successivo alla votazione, quando Eugenia Insigna lo vide, Fisher era pallido di rabbia. «Una votazione truccata» sbottò, la voce strozzata.
«Shhh! Sveglierai la bambina.»
E per un attimo, lui fece una smorfia e trattenne il respiro.
Eugenia si rilassò leggermente. «È chiaro che la gente vuole partire» disse piano.
«Hai votato a favore, tu?»
Lei rifletté. Inutile cercare di calmarlo con una menzogna. Eugenia aveva manifestato la propria opinione in modo esplicito. «Sì.»
«Te l’ha ordinato Pitt, immagino.»
Eugenia rimase sorpresa. «No! Sono in grado di decidere da sola.»
«Ma tu e lui…» Crile lasciò la frase in sospeso.
Lei si sentì avvampare all’improvviso. «Cosa vorresti insinuare?» chiese, arrabbiandosi a sua volta. Intendeva accusarla di infedeltà?
«Quel… quel politicante. Punta alla carica di Commissario, a qualsiasi costo. Lo sanno tutti. E tu vuoi fare carriera insieme a lui. Con la lealtà politica arriverai in alto anche tu, vero?»
«Arriverò, dove? Non voglio arrivare in nessun posto. Mi occupo di astronomia, io, non di politica.»
«Sei stata promossa, no? Hai scavalcato gente più anziana e più esperta di te.»
«Lavorando sodo, voglio sperare.» (Come poteva difendersi, adesso, senza dirgli la verità?)
«Oh, certo, ti fa comodo pensare che sia così. Ma è stato grazie a Pitt.»
Eugenia respirò a fondo. «A che cosa serve questa discussione?»
«Ascolta!» La voce di Crile era bassa; non l’aveva più alzata da quando lei gli aveva ricordato che Marlene dormiva. «Non posso credere che un’intera Colonia di gente abbia intenzione di affrontare i rischi di un viaggio con l’iperassistenza. Cosa succederà? Chi ti dice che funzionerà? Potremmo morire tutti.»
«La Sonda Remota ha funzionato benissimo.»
«C’erano degli esseri viventi a bordo della Sonda Remota? Se non c’erano, come fai a sapere in che modo reagiranno degli esseri viventi all’iperassistenza? Cosa sai dell’iperassistenza?»
«Nulla.»
«Come mai? Lavori nel laboratorio. Non nelle fattorie, come me.»
"È invidioso" pensò Eugenia. «Quando parli del laboratorio, sembra che ti riferisca a un’unica stanza in cui siamo ammassati tutti quanti. Te l’ho detto. Sono un’astronoma, non so nulla dell’iperassistenza.»
«Cioè, Pitt non te ne parla mai?»
«Dell’iperassistenza? Nemmeno lui sa nulla.»
«Nessuno sa nulla, insomma?»
«Non ho detto questo, figuriamoci. Gli esperti iperspaziali sanno. Via, Crile. Quelli che devono essere informati, sanno. Gli altri, no.»
«Dunque, è un segreto per tutti, tranne che per pochi addetti ai lavori.»
«Esattamente.»
«Quindi non sai se l’iperassistenza sia un sistema sicuro. Solo gli esperti iperspaziali lo sanno. E come fanno a saperlo, secondo te?»
«Hanno fatto degli esperimenti, suppongo.»
«Supponi.»
«È una supposizione ragionevole. Loro garantiscono che è un sistema sicuro.»
«E non mentono mai, immagino.»
«Verranno anche loro. E poi, senza dubbio hanno fatto degli esperimenti.»
Crile la fissò socchiudendo gli occhi. «Adesso sei sicura. La Sonda Remota era il tuo progetto, la cosa a cui tenevi di più. C’erano delle forme di vita a bordo?»
«Non mi sono occupata degli aspetti pratici, solo dei dati astronomici raccolti.»
«Non stai rispondendo alla mia domanda sulle forme di vita.»
Eugenia perse la pazienza. «Senti, sono stanca di questo interrogatorio, e la bambina comincia ad agitarsi. Anch’io avrei un paio di domande da fare. Che intenzioni hai, tu? Vieni con noi?»
«Non sono obbligato a farlo. Stando ai termini della votazione, chi è contrario alla partenza non è obbligato a partire.»
«Lo so che non sei obbligato a farlo, ma verrai? Non vuoi spezzare la famiglia, eh?»
Eugenia cercò di sorridere mentre lo diceva, ma non era molto convinta.
Lentamente, un po’ torvo, Crile Fisher rispose: «Non voglio neppure abbandonare il Sistema Solare».
«Preferiresti abbandonare me? E Marlene?»
«Perché dovrei abbandonare Marlene? Anche se tu vuoi rischiare la vita in questa impresa pazzesca, devi proprio coinvolgere la bambina?»
«Se io parto, Marlene parte. Mettitelo bene in testa, Crile» replicò asciutta Eugenia. «Dove la porteresti, tu? Su qualche insediamento asteroidale finito a metà?»
«Certo che no. Sono un terrestre, e posso tornare sulla Terra, se voglio.»
«Tornare su un pianeta morente? Fantastico!»
«Gli rimangono ancora alcuni anni di vita, te lo assicuro.»
«Allora perché l’hai lasciato?»
«Credevo di migliorare la mia condizione. Non immaginavo che venire su Rotor significasse prendere un biglietto di sola andata per il nulla.»
«Non per il nulla» esplose Eugenia, superando il limite di sopportazione. «Se sapessi dove siamo diretti, non saresti così ansioso di tornare indietro.»