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Tessa Wendel s’interruppe un istante poi, la voce tesa, proseguì. «Tua moglie potrebbe essere la persona adatta. Una volta mi hai detto che ha completato i suoi studi sulla Terra, no? Quindi ci saranno dei documenti, sarà possibile identificarla… Anche se, onestamente, preferirei di gran lunga scegliere qualcun altro.»

Fisher rimase in silenzio.

«Mi spiace, Crile» mormorò Tessa, l’aria quasi timida. «Non è come vorrei.»

E Fisher disse aspro: «L’importante è che la mia Marlene sia viva. Poi vedremo cosa si può fare».

21 Analisi cerebrale

XLV

«Mi dispiace» disse Siever Genarr, guardando madre e figlia con un’espressione che già di per sé era di scusa. «Avevo detto a Marlene che il mio lavoro non era molto impegnativo, e subito dopo, in pratica, c’è stata una specie di piccola crisi della nostra rete energetica, e ho dovuto rimandare questo colloquio. Comunque, la crisi è finita, e adesso sappiamo che non era nulla di serio. Sono perdonato?»

«Certo, Siever» rispose Eugenia Insigna, chiaramente agitata. «Non dico che siano stati tre giorni tranquilli, però. Sento che più stiamo qui più aumenta il pericolo per Marlene.»

«Io non ho affatto paura di Eritro, zio Siever» intervenne Marlene.

«E io penso che Pitt non possa fare nulla contro di noi su Rotor» disse la madre. «Lo sa, altrimenti non ci avrebbe mandate qui.»

«E io cercherò di fare il mediatore onesto e di soddisfare tutte e due» disse Genarr. «Anche se Pitt non può fare quello che gli pare apertamente, indirettamente può fare parecchie cose, quindi, Eugenia, non devi permettere che questa tua paura di Eritro ti porti a sottovalutare la determinazione e l’ingegnosità di Pitt, perché è pericoloso. Tanto per cominciare, se ritorni su Rotor, violerai la sua ordinanza, e Pitt può farti imprigionare o mandarti in esilio su Nuova Rotor, o perfino rispedirti qui.

"In quanto a Eritro, certo, non bisogna neppure sottovalutare il pericolo del Morbo, anche se sembra che sia cessato nella sua forma virulenta iniziale. Non sei l’unica a non volere esporre Marlene a dei rischi, Eugenia. Sono riluttante quanto te.»

E Marlene mormorò esasperata: «Non c’è nessun rischio».

Sua madre disse: «Siever, non credo che dovremmo continuare questa discussione in presenza di Marlene».

«Ti sbagli. Voglio che sia presente anche lei, invece. Ho la sensazione che Marlene sappia meglio di noi cosa dovrebbe fare. È lei la custode della sua mente, e noi dobbiamo interferire il meno possibile.»

Eugenia si lasciò sfuggire una specie di gemito gutturale, ma Genarr proseguì, con una sfumatura quasi spietata nella voce. «Voglio che partecipi a questa discussione perché può fornire elementi preziosi. Voglio la sua opinione.»

«Ma la conosci la sua opinione. Lei vuole uscire all’esterno, e tu stai dicendo che dobbiamo lasciarle fare quello che vuole perché in qualche modo lei è magica» replicò Eugenia.

«Nessuno ha parlato di magia, o di lasciarla uscire tranquillamente. Io proporrei di fare degli esperimenti, con tutte le debite precauzioni.»

«In che modo?»

«Tanto per cominciare, vorrei un’analisi cerebrale.» Genarr si rivolse alla ragazza. «Capisci che è necessario, Marlene? Hai qualche obiezione?»

Marlene corrugò leggermente la fronte. «Ho fatto delle analisi cerebrali. Tutti le hanno fatte. Senza analisi cerebrale non puoi iniziare la scuola. Ogni volta che si fa una visita medica…»

«Lo so» l’interruppe garbato Genarr. «In questi ultimi tre giorni sono riuscito a combinare qualcosa, nonostante tutto. E ho qui» e posò la mano su un fascio di tabulati sulla sinistra della scrivania «la computerizzazione di tutte le analisi cerebrali che hai fatto.»

«Ma non stai dicendo tutto, zio Siever» osservò Marlene, calma.

«Ah!» esclamò Eugenia, con un accenno di esultanza. «Cosa nasconde, Marlene?»

«È un po’ agitato per me. Non crede fino in fondo nel mio senso di sicurezza, nella mia incolumità. È incerto.»

«Com’è possibile, Marlene?» chiese Genarr. «Sono sicurissimo della tua incolumità.»

Ma Marlene ebbe un’illuminazione improvvisa e disse raggiante: «Secondo me, è per questo che hai aspettato tre giorni, zio Siever. Hai provato a convincere te stesso, ti sei imposto una sicurezza fittizia, perché io non notassi la tua incertezza. Ma non ha funzionato. La vedo ugualmente».

«Se si vede, Marlene, è soltanto perché sei molto importante per me, talmente importante che anche il minimo rischio mi disturba» spiegò Genarr.

Eugenia intervenne rabbiosa. «Se anche il minimo rischio ti disturba, cosa credi che provi, io, che sono sua madre? Così, visto che eri incerto, ti sei procurato quelle analisi cerebrali, violando la privacy medica di Marlene.»

«Dovevo informarmi. E l’ho fatto. Sono insufficienti.»

«Insufficienti? In che senso?»

«Poco dopo la nascita della Cupola, quando il Morbo imperversava, abbiamo messo a punto un analizzatore cerebrale più preciso e un programma più efficiente per l’interpretazione dei dati. Queste apparecchiature sono rimaste sempre su Eritro. Dal momento che intendeva nascondere a tutti i costi l’esistenza del Morbo, Pitt non ha voluto che su Rotor apparisse all’improvviso un nuovo analizzatore cerebrale perfezionato. Avrebbe potuto suscitare degli interrogativi inopportuni, delle dicerie imbarazzanti. Assurdo, secondo me, ma anche in questo caso Pitt ha ottenuto ciò che voleva. Quindi, Marlene, non sei mai stata esaminata in modo accurato, e io voglio un controllo col nostro analizzatore.»

Marlene arretrò. «No.»

Sul volto di Eugenia apparve un’espressione speranzosa. «Perché no, Marlene?»

«Perché quando zio Siever l’ha detto… la sua incertezza è aumentata di colpo.»

«No, non è…» Genarr s’interruppe, alzò le braccia, e le lasciò ricadere, rassegnato. «Bah, tanto, a che serve? Marlene, cara, se all’improvviso ti sono sembrato preoccupato, è perché abbiamo bisogno di un’analisi cerebrale della massima precisione da usare come modello di normalità mentale. Così, se il contatto con Eritro dovesse provocare la minima alterazione mentale, non riscontrabile altrimenti, né osservandoti né parlandoti, l’analisi cerebrale ci permetterà di individuarla ugualmente. Be’, non appena parlo di un’analisi cerebrale di precisione, penso alla possibilità di scoprire appunto qualche cambiamento impercettibile… e questa idea suscita automaticamente un senso di preoccupazione. Ecco cosa vedi. Sentiamo, Marlene, quant’è grande la mia incertezza?»

«Non molto, però è presente. Il guaio è che so solo che sei incerto. Non sono in grado di cogliere il perché. Forse questa analisi cerebrale speciale è pericolosa.»

«Impossibile. È stata usata tante… Marlene, tu sai che Eritro non ti danneggerà. Non sai anche che l’analisi cerebrale non ti danneggerà?»

«No.»

«Sai che ti danneggerà?»

Una pausa, poi Marlene rispose riluttante: «No».

«Sei sicura riguardo a Eritro, e non sei sicura riguardo all’analisi cerebrale… Com’è possibile?»

«Non lo so. So solo che Eritro non mi danneggerà, ma non so se l’analisi cerebrale sia in grado di nuocermi.»

Sul volto di Genarr apparve un sorriso. Non ci volevano doti particolari per capire che quel sorriso esprimeva un sollievo enorme.

«Perché questo ti fa sentire meglio, zio Siever?» domandò Marlene.

«Perché se tu stessi inventando questa tua capacità intuitiva, per darti importanza o per qualche illusione fantastica o per romanticismo, la sfoggeresti sempre, in qualsiasi circostanza. Invece, no. Fai delle scelte. Sai certe cose, e certe altre non le sai. Per questo, sono molto più propenso a crederti quando sostieni di essere certa che Eritro non ti danneggerà, e non ho più paura che l’analisi cerebrale possa rivelare qualcosa di allarmante.»