Выбрать главу

«Sai, non hanno tutti i torti. Devi proprio rischiare?»

«Sì. Innanzitutto, voglio essere io a comandare la prima nave ultraluce, voglio questo riconoscimento. In secondo luogo, sono curiosa di vedere un’altra stella, e mi irrita che i rotoriani siano arrivati là prima di noi, sempre che…» Tessa si trattenne. «Infine, cosa più importante, credo, voglio andarmene dalla Terra» concluse, il tono quasi ringhioso.

Più tardi, mentre erano a letto insieme, disse: «E quando verrà il momento, quando finalmente arriveremo là, sarà una sensazione meravigliosa!».

Fisher non aprì bocca. Stava pensando a una bambina dai grandi occhi strani, e alla sorella, e via via che il torpore del sonno lo avvolgeva le due immagini sembrarono fondersi.

23 Volo aereo

XLIV

I lunghi viaggi attraverso un’atmosfera planetaria erano qualcosa di estraneo alla società delle Colonie. Su una Colonia, le distanze erano abbastanza brevi, e per gli spostamenti bastavano gli ascensori, le gambe, e occasionalmente le vetture elettriche. E per i viaggi interColonie c’erano i razzi.

Molti coloni (almeno, nel Sistema Solare) erano stati nello spazio varie volte, e per loro muoversi nello spazio era una cosa normale, quasi come camminare. Tuttavia, solo pochissimi di loro erano stati sulla Terra, patria esclusiva dei viaggi atmosferici, e avevano sperimentato il volo aereo.

I coloni, capaci di affrontare il vuoto quasi fosse un ambiente amico, provavano un terrore indicibile al pensiero di dover sentire il sibilo dell’aria all’esterno di un veicolo staccato dal suolo.

Eppure gli spostamenti aerei, di tanto in tanto, erano necessari su Eritro. Come la Terra, Eritro era un mondo grande e, come la Terra, aveva un’atmosfera abbastanza densa (e respirabile). C’erano dei libri di consultazione sul volo aereo su Rotor, e perfino parecchi immigranti terrestri con esperienza in campo aeronautico.

Così, la Cupola disponeva di due piccoli velivoli, piuttosto sgraziati, alquanto primitivi, incapaci di grandi accelerazioni e grandi velocità, che non consentivano evoluzioni particolari data la manovrabilità non eccessiva… ma tuttavia pratici.

L’ignoranza di Rotor in fatto di ingegneria aeronautica presentava un lato positivo. I velivoli della Cupola erano molto più computerizzati dei loro equivalenti terrestri. Infatti, Siever Genarr li considerava dei robot complessi dalla forma di aeroplano. I fenomeni atmosferici su Eritro erano molto più lievi rispetto alla Terra, dato che la bassa intensità d’irradiazione di Nemesis non era sufficiente a provocare bufere e temporali di una certa violenza, quindi era meno probabile che un aereorobot dovesse affrontare un’emergenza. Molto meno probabile.

Per cui, chiunque, in pratica, era in grado di pilotare i velivoli rozzi e grossolani della Cupola. Bastava dire all’aereo cosa si voleva che facesse. Se il messaggio non era chiaro, o se sembrava pericoloso, il cervello robotico del velivolo chiedeva un chiarimento.

Mentre Marlene saliva in cabina, Genarr la osservò con una certa preoccupazione naturale, se non con l’aria terrorizzata di Eugenia, che assisteva alla scena tenendosi in disparte. («Non avvicinarti» le aveva ordinato Genarr, severo. «Soprattutto se hai intenzione di salutarci come se stessimo andando incontro a una catastrofe. Trasmetterai il panico alla ragazza.»)

Panico comprensibile, secondo Eugenia Insigna. Marlene era troppo giovane per ricordare un mondo dove il volo aereo era comune. Era rimasta abbastanza calma quando si era imbarcata sul razzo che le aveva portate su Eritro, ma come avrebbe reagito a quel volo senza precedenti attraverso l’aria?

Invece, Marlene salì a bordo con un’espressione perfettamente tranquilla.

Possibile che non afferrasse la situazione? Genarr chiese: «Marlene, cara, sai cosa faremo, vero?».

«Sì, zio Siever. Mi mostrerai Eritro.»

«Dall’aria. Volerai attraverso l’aria.»

«Sì. Me l’hai già detto.»

«E l’idea non ti preoccupa?»

«No, zio Siever. Però tu sei preoccupato, parecchio.»

«Sono solo preoccupato per te, cara.»

«Starò benissimo.» Marlene lo osservò calma, mentre Genarr saliva a sua volta e prendeva posto. «Posso capire la preoccupazione di mia madre, ma tu sei più preoccupato di lei. Riesci a nasconderlo abbastanza, ma se vedessi il modo in cui continui a leccarti le labbra saresti imbarazzato. Stai pensando che se succederà qualcosa di brutto sarà colpa tua, e non sopporti l’idea. Comunque, non succederà nulla.» «Sei sicura, Marlene?»

«Sicurissima. Su Eritro, nulla mi danneggerà.»

«L’hai detto a proposito del Morbo, ma adesso non stiamo parlando del Morbo.»

«Non importa. Nulla mi danneggerà, su Eritro.»

Genarr scosse leggermente la testa, incredulo, incerto, e subito dopo si pentì di quel gesto, perché sapeva che Marlene leggeva quei segni con la massima facilità, quasi fossero lettere cubitali sullo schermo di un computer. Del resto, cosa cambiava? Se si fosse trattenuto e avesse assunto la rigidezza e l’impassibilità di una statua, Marlene se ne sarebbe accorta ugualmente.

«Ora entreremo in un compartimento stagno e ci rimarremo per un po’, così potrò controllare la reattività del cervello dell’aereo» spiegò Genarr. «Poi supereremo un’altra porta, e l’aereo si alzerà nell’aria. Ci sarà un effetto di accelerazione, e verrai spinta indietro contro lo schienale, e ci muoveremo nell’aria. Lo capisci, spero…»

«Non ho paura» disse Marlene, tranquilla.

L

L’aereo manteneva la sua rotta costante sorvolando un paesaggio arido di colline ondulate.

Genarr sapeva che Eritro era geologicamente vivo, e sapeva anche che, stando ai pochi studi geologici compiuti, in alcuni periodi della sua storia quel mondo era stato montuoso. C’erano ancora delle montagne qui e là nell’emisfero cismegano, l’emisfero in cui il cerchio congestionato del pianeta Megas, attorno al quale orbitava Eritro, galleggiava quasi immobile nel cielo.

Lì nell’emisfero transmegano, comunque, pianure e colline erano la principale caratteristica geografica dei due grandi continenti.

Per Marlene, che non aveva mai visto una montagna in vita sua, anche le basse colline erano uno spettacolo eccitante.

Su Rotor c’erano dei rigagnoli, naturalmente, e osservando Eritro da lassù i suoi fiumi sembravano identici ai ruscelletti rotoriani.

"Marlene rimarrà sorpresa quando li vedrà più da vicino" rifletté Genarr.

Marlene guardò incuriosita Nemesis, che aveva oltrepassato il punto meridiano calando verso ovest. «Non si muove, vero, zio Siever?»

«Si muove» rispose Genarr. «O almeno, Eritro gira rispetto a Nemesis, ma gira solo una volta al giorno, mentre Rotor gira una volta ogni due minuti. Facendo un confronto tra Eritro e Rotor, Nemesis, vista da Eritro, si muove a una velocità circa settecento volte minore. Quindi sembra immobile, ma non è completamente immobile.»

Poi, lanciando una rapida occhiata a Nemesis, disse: «Non hai mai visto il Sole della Terra, il Sole del Sistema Solare… o se lo hai visto, non lo ricordi, dal momento che eri una bambina allora. Il Sole era molto più piccolo visto dalla posizione in cui si trovava Rotor nel Sistema Solare…».

«Più piccolo?» fece Marlene, sorpresa. «Secondo il computer, è Nemesis la stella più piccola.»