«Meraviglioso!» esclamò Marlene. «È come uno spettacolo in cielo. E guarda Megas… tutte quelle strisce che si muovono…»
Attraversavano la parte illuminata del globo, spesse, rossobruno, venate di arancione, e si contorcevano lentamente.
«Sono fasce di perturbazione, con venti terribili che soffiano in tutte le direzioni» spiegò Genarr. «Se guardi attentamente, vedrai delle macchie che si formano, si espandono, si spostano un po’ e poi spariscono.»
«È proprio come uno spettacolo olovisivo» commentò Marlene, estasiata. «Perché la gente non lo guarda in continuazione?»
«Gli astronomi lo fanno. Lo osservano tramite degli strumenti computerizzati situati in questo emisfero. Anch’io l’ho visto nel nostro Osservatorio. Sai, avevamo un pianeta come questo nel Sistema Solare. Si chiama Giove, ed è ancor più grande di Megas.»
Ormai, il pianeta si stagliava completamente sopra l’orizzonte, simile a un pallone parzialmente sgonfio, afflosciato lungo la parte sinistra.
«È bellissimo» disse Marlene. «Se la Cupola fosse in questo emisfero di Eritro, tutti potrebbero guardarlo.»
«Be’, no, Marlene. C’è un problema. Alla maggior parte della gente Megas non piace. Te l’ho detto… certi hanno l’impressione che Megas stia per cadergli addosso, e questo li spaventa.»
Marlene sbottò spazientita: «Solo poche persone avranno in testa un’idea così sciocca».
«Solo poche persone, all’inizio… ma le idee sciocche possono essere contagiose. La paura si diffonde, e le persone che di per sé non avrebbero paura alla fine si lasciano condizionare dai vicini che invece hanno paura. Non hai mai notato questo fenomeno?»
«Oh, sì, certo» rispose Marlene, con una punta di amarezza. «Se un ragazzo pensa che una ragazza sia carina, lo pensano tutti. Cominciano a competere…» S’interruppe, come imbarazzata.
«Bene, questa paura contagiosa è uno dei motivi per cui abbiamo costruito la Cupola nell’altro emisfero. Inoltre, dato che Megas è sempre presente nel cielo, in questo emisfero le osservazioni astronomiche sono più difficili. Ma… penso sia ora di rientrare. La conosci, tua madre. Sarà in preda al panico.»
«Chiamala e dille che stiamo bene.»
«Non è necessario. Questo aereo invia dei segnali in continuazione. Eugenia sa che stiamo bene… fisicamente. Ma non è di questo che si preoccupa» soggiunse Genarr, e si batté sulla tempia in modo eloquente.
Marlene si afflosciò sul sedile assumendo un’espressione contrariata. «Che seccatura! Lo so che tutti diranno: "Fa così solo perché ti vuole bene", però è una bella seccatura. Perché non si fida di me quando le dico che non mi accadrà nulla?»
«Perché ti vuole bene, proprio come tu vuoi bene a Eritro» rispose Genarr, dando istruzioni all’aereo per il ritorno.
Il viso di Marlene si illuminò subito. «Oh, certo che voglio bene a Eritro.»
«Già. Si vede benissimo dalle tue reazioni.»
E Genarr si chiese come avrebbe reagito Eugenia Insigna a quella notizia.
Eugenia ebbe una reazione furiosa. «Come sarebbe a dire… Marlene ama Eritro? Come può amare un mondo morto? Le hai fatto il lavaggio del cervello, per caso? L’hai convinta ad amare Eritro per qualche motivo?»
«Eugenia, ragiona. Credi davvero che sia possibile fare il lavaggio del cervello a Marlene? Sei mai riuscita a condizionarla, tu?»
«Allora, cos’è successo?»
«A dire il vero, io ho cercato di mostrarle gli aspetti sgradevoli o spaventosi. Se mai, ho provato a condizionarla negativamente perché detestasse Eritro. So per esperienza che i rotoriani, cresciuti nello spazio limitato di una Colonia, detestano le dimensioni smisurate di Eritro… detestano la sua luce rossa, l’oceano enorme, le nubi cupe, Nemesis, e soprattutto Megas. Tutte queste cose tendono a deprimerli e a spaventarli. E io ho mostrato tutte queste cose a Marlene. L’ho portata sull’oceano, poi ci siamo spinti abbastanza in là da vedere bene Megas sopra l’orizzonte.»
«E…?»
«E Marlene è rimasta imperterrita. Ha detto che si era abituata alla luce rossa, che a un certo punto non le sembrava più così orribile. L’oceano non l’ha spaventata affatto, e soprattutto ha trovato Megas interessante, divertente.»
«Non posso crederci.»
«Devi crederci. È la verità.»
Eugenia rifletté alcuni istanti poi, riluttante, disse: «Forse è un sintomo… forse significa che Marlene è già stata contagiata dal… dal…».
«Dal Morbo. Non appena siamo rientrati l’ho fatta sottoporre a un’altra analisi cerebrale. Non abbiamo ancora i risultati completi, ma stando all’esame preliminare non c’è nessun cambiamento. La struttura mentale cambia in modo netto anche in presenza di un caso leggero. No, Marlene non ha proprio nulla. Comunque, mi è appena venuta in mente una cosa interessante. Sappiamo che Marlene è perspicace, che riesce a cogliere tutti i piccoli particolari. Capta i sentimenti degli altri. Ma non hai mai notato il contrario, o qualcosa che possa far pensare al fenomeno opposto? Trasmette anche i suoi sentimenti agli altri?»
«Dove vuoi arrivare? Non capisco.»
«Marlene sa quando sono incerto e un po’ apprensivo, per quanto io cerchi di nasconderlo… o sa che sono calmo e tranquillo. Ma se fosse lei a costringermi o a condizionarmi trasmettendomi l’incertezza e l’apprensione… o la calma e la tranquillità? È possibile? Se capta, può anche imporre?»
Eugenia lo fissò incredula. «Questa è un’assurdità bella e buona!» sbottò con voce strozzata.
«Può darsi. Ma non hai mai notato un comportamento di questo tipo, un’influenza di questo tipo, da parte di Marlene? Pensaci.»
«Non c’è bisogno che ci pensi. Non ho mai notato niente del genere.»
«No…» borbottò Genarr. «Immagino di no. Sicuramente, le piacerebbe fare in modo che tu ti preoccupassi meno per lei, e mi pare proprio che non ci riesca. Be’… Però, se ci limitiamo a considerare la sua capacità percettiva, senza dubbio questa capacità si è acuita da quando Marlene è arrivata su Eritro. Sei d’accordo?»
«Sì.»
«E non è solo questo. Adesso Marlene è particolarmente intuitiva. Sa di essere immune al Morbo. È sicura che su Eritro non le accadrà nulla di spiacevole. Ha fissato l’oceano con la massima tranquillità, sicurissima che l’aereo non sarebbe precipitato e lei non sarebbe annegata. Aveva questo atteggiamento su Rotor? In certe circostanze è normale che un giovane si senta incerto e insicuro… L’hai mai vista incerta, insicura, su Rotor?»
«Sì! Naturalmente!»
«Però qui è cambiata, è un’altra. È completamente sicura di sé. Perché?»
«Non lo so.»
«Eritro la sta influenzando? No, no, non mi riferisco al Morbo. Ci sarà qualche altro effetto? Qualcosa di completamente diverso? Se me lo domando, è perché l’ho provato di persona.»
«Provato, cosa?»
«Un certo ottimismo riguardo Eritro. La desolazione non mi ha disturbato, e nemmeno tutto il resto. Certo, Eritro non ha mai suscitato in me un senso di ripugnanza o di disagio particolarmente intenso, però non mi è mai piaciuto. Ma durante questo viaggio con Marlene, per la prima volta in dieci anni, mi è quasi piaciuto, ecco. Forse il piacere di Marlene era contagioso, ho pensato… o forse era lei che riusciva a trasmettermelo in qualche modo. O può darsi che l’influenza che Eritro esercita su di lei, quale che sia, influenzi anche me… in presenza di Marlene.»
«Siever, credo che faresti meglio a sottoporti a un’analisi cerebrale come Marlene» disse Eugenia, sarcastica.
Genarr aggrottò le ciglia. «Pensi che non l’abbia fatto? Da quando mi trovo su Eritro, mi sottopongo a dei controlli periodici. Non c’è stata nessuna alterazione, a parte quelle inevitabili provocate dal processo di invecchiamento.»