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«Ma l’esistenza della Stella Vicina non ha niente a che fare con la sicurezza interna.»

«Al contrario, dottoressa Insigna. Forse lei non se ne rende conto, ma ha scoperto qualcosa che potrà cambiare il destino del genere umano.»

V

Lei rimase a fissarlo, pietrificata.

«Siediti. Siamo cospiratori, noi due, e dobbiamo essere amici. D’ora in poi, quando saremo soli, ci daremo del tu. Quindi chiamami Janus, Eugenia.»

Lei esitò. «Non mi pare corretto.»

«Dovrai adattarti, Eugenia. Non possiamo cospirare mantenendo un atteggiamento freddo e formale.»

«Ma io non voglio cospirare con nessuno e per nessun motivo, ecco. E non capisco perché sia necessario non rivelare nulla della Stella Vicina.»

«Hai paura di perdere il merito, immagino.»

Eugenia ebbe una lievissima esitazione. «Certo, puoi scommettere fino all’ultimo chip del tuo computer che ho paura, Janus. Voglio il giusto riconoscimento.»

«Per ora, dimentica la Stella Vicina. Sai che sostengo da parecchio tempo che Rotor dovrebbe lasciare il Sistema Solare. Tu che ne pensi? Ti piacerebbe lasciare il Sistema Solare?»

Eugenia si strinse nelle spalle. «Non ne sono sicura. Sarebbe bello vedere da vicino qualche corpo celeste per la prima volta… ma è anche un po’ spaventoso, no?»

«Il fatto di andarsene da casa?»

«Sì.»

«Ma non te ne andresti da casa. È questa la tua casa. Rotor.» Pitt allargò le braccia. «Verrebbe con te.»

«D’accordo, signor Se… Janus. Però «casa» comprende anche qualcos’altro, oltre a Rotor. Abbiamo un ambiente circostante, le altre Colonie, il pianeta Terra, l’intero Sistema Solare.»

«Un ambiente affollato. Alla fine, alcuni di noi dovranno partire, che lo vogliano o no. Sulla Terra, un tempo, certa gente ha dovuto attraversare catene montuose e oceani. Due secoli fa, dei terrestri hanno dovuto lasciare il loro pianeta per le Colonie. Questo è un altro passo avanti, in una storia vecchissima.»

«Capisco, però alcuni non si sono mai mossi. Alcuni sono ancora sulla Terra. C’è gente che vive in una piccola regione della Terra da innumerevoli generazioni.»

«E tu vuoi essere «stanziale» come loro.»

«Mio marito Crile, sì, credo. È molto schietto riguardo le tue idee, Janus.»

«Be’, c’è libertà di parola e di opinione su Rotor, quindi può benissimo non essere d’accordo con me. C’è qualcos’altro che vorrei chiederti. Quando la gente in generale, su Rotor o altrove, pensa di allontanarsi dal Sistema Solare, che destinazione ha in mente?»

«Alfa Centauri, logico. Tutti credono che sia la stella più vicina. Anche con l’iperassistenza, in media non potremmo superare la velocità della luce, quindi impiegheremmo quattro anni. Qualsiasi altra destinazione richiederebbe molto più tempo, e un viaggio di quattro anni è già abbastanza lungo.»

«E se fosse possibile viaggiare ancora più velocemente e spingersi molto più in là di Alfa Centauri? In tal caso, dove andresti?»

Eugenia rifletté alcuni istanti prima di rispondere. «Punterei sempre su Alfa Centauri, credo. Sarebbe ancora nel vecchio settore celeste. Le stelle di notte sembrerebbero ancora le stesse. Ci sentiremmo a nostro agio. Saremmo più vicini a casa, se volessimo tornare. E poi, Alfa Centauri A, la stella più grande di quel sistema triplo, è in pratica una gemella del Sole. Alfa Centauri B è più piccola, ma non di molto. Anche ignorando Alfa Centauri C, una nana rossa, si avrebbero sempre due stelle al prezzo di una, per così dire… due serie di pianeti.»

«Supponiamo che una Colonia sia partita per Alfa Centauri, abbia trovato condizioni di abitabilità soddisfacenti e si sia stabilita lì iniziando la costruzione di un nuovo mondo, e supponiamo che nel Sistema Solare sappiano tutto questo. Dove andrebbero le Colonie successive, una volta deciso di lasciare il Sistema Solare?»

«Raggiungerebbero Alfa Centauri, naturalmente» rispose Eugenia senza esitare.

«Dunque, il genere umano tenderebbe ad andare nel posto ovvio, e in caso di riuscita da parte di una Colonia le altre la seguirebbero in fretta, e, a un certo punto, il nuovo mondo sarebbe congestionato come il vecchio, ci sarebbero molte popolazioni con molte culture, molte Colonie con numerose ecologie.»

«E arriverebbe il momento di spingersi verso altre stelle.»

«Però il successo in un posto attirerà sempre altre Colonie, Eugenia. Una stella salubre, un buon pianeta, e gli altri accorreranno in massa.»

«Immagino di sì.»

«Ma se raggiungeremo una stella che è solo a poco più di due anni luce, la metà della distanza di Alfa Centauri, e nessuno a parte noi saprà nulla di questa stella, chi ci seguirà?»

«Nessuno… finché non scopriranno l’esistenza della Stella Vicina.»

«Una scoperta che potrebbe richiedere parecchio tempo, però. E intanto, tutti punteranno in massa su Alfa Centauri, o tra le poche destinazioni ovvie ne sceglieranno un’altra. Non noteranno mai una nana rossa a due passi da casa, o se la noteranno la riterranno subito non adatta all’uomo… se non sapranno che degli esseri umani sono già là, al lavoro.»

Eugenia fissò Pitt, incerta. «Ma questo che significa? Immaginiamo pure di raggiungere la Stella Vicina in gran segreto. Qual è il vantaggio?»

«Avremo un mondo tutto per noi. Se ci sarà un pianeta abitabile…»

«Non ci sarà. Non attorno a una nana rossa.»

«Allora potremo usare le materie prime che troveremo là per costruire tutte le Colonie che vorremo.»

«Insomma, avremo più spazio.»

«Sì. Molto più spazio, tutto lo spazio che gli altri, seguendoci, ci ruberebbero.»

«Guadagneremo solo un po’ di tempo, Janus. Alla fine occuperemo tutto lo spazio disponibile in quel sistema, anche se saremo soli. Impiegheremo cinquecento anni invece di duecento. Non vedo la differenza.»

«C’è una differenza enorme, Eugenia. Se lasceremo che le Colonie si ammassino a loro piacimento avremo mille culture diverse, che porteranno con sé tutti gli odii e i disadattamenti della triste storia terrestre. Se saremo soli, invece, potremo costruire un sistema di Colonie uniforme in quanto a cultura ed ecologia. Sarà una situazione molto migliore… meno caotica, meno anarchica.»

«Meno interessante. Meno variegata. Meno viva.»

«Niente affatto. Ci diversificheremo, ne sono sicuro. Le varie Colonie avranno delle differenze individuali, ma almeno queste differenze deriveranno da una base comune. E, proprio per questo, sarà un gruppo di Colonie molto migliore. E anche se mi sbaglio, mi pare che sia un esperimento a cui non possiamo rinunciare. Perché non dedichiamo una stella a questo tentativo di sviluppo ragionato e vediamo se funziona? Possiamo prendere una stella, una nana rossa che normalmente non interesserebbe a nessuno, e usarla, per vedere se siamo in grado di costruire un nuovo tipo di società, possibilmente migliore. Vediamo cosa siamo in grado di fare quando le nostre energie non sono spezzettate e logorate da inutili divergenze culturali, quando il nostro complesso biologico non viene alterato continuamente da assalti ecologici esterni.»

Eugenia Insigna fu toccata da quelle parole. Anche se non avesse funzionato, l’umanità avrebbe imparato qualcosa… che quel sistema non funzionava. E se, invece, avesse funzionato?

Poi però scosse la testa. «È un sogno inutile. La Stella Vicina sarà scoperta indipendentemente, per quanto cerchiamo di tenere nascosta la sua esistenza.»

«La tua scoperta è stata in parte fortuita, no, Eugenia? Sii sincera. Per caso hai notato la stella. Per caso l’hai confrontata con quello che compariva su un’altra carta. Poteva sfuggirti, no? Può darsi che sia sfuggita ad altri in circostanze simili, no?»