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Eugenia corrugò la fronte. «Siever, è la cosa più stupida che abbia mai sentito. Non penso e non provo niente del genere, nella maniera più assoluta.»

«Certo, lo so. Stavo solo inventando qualcosa. Ma Marlene non inventerà nulla. Noterà le contrazioni del tuo pollice o il movimento della tua scapola o qualcos’altro, e capirà cos’è che ti disturba, che ti preoccupa, e te lo dirà, e sarà così vero, così vergognoso, che tu cercherai di difenderti in qualche modo, e alla fine cederai, l’accontenterai, piuttosto che permetterle di continuare a mettere a nudo la tua psiche strato dopo strato.»

«Non dirmi che è quello che è successo a te.»

«Non proprio. In fondo è affezionata a me, e io ho cercato di essere molto diplomatico con lei. Ma se dovessi contrariarla, tremo al pensiero di quello che mi accadrà, so già che sarà un’esperienza orribile. Senti, sono riuscito a guadagnare tempo, a trattenerla momentaneamente. Non negarmi questo merito. Voleva uscire subito dopo il viaggio in aereo. E io l’ho convinta ad aspettare fino alla fine del mese.»

«Come hai fatto?»

«Ricorrendo a un ragionamento estremamente cavilioso, te l’assicuro. È dicembre. Le ho detto che tra tre settimane inizierà il nuovo anno, almeno se ci basiamo sul calendario standard terrestre, e le ho chiesto: "E se festeggiassimo il 2237 facendolo coincidere con l’inizio della nuova era di esplorazione e colonizzazione di Eritro? Sarebbe il modo migliore per festeggiarlo, non credi?" Perché sai, Marlene vede la sua uscita sul pianeta sotto questa luce… come l’inizio di una nuova era. Il che peggiora la situazione.»

«Perché?»

«Perché non lo considera un capriccio personale, bensì qualcosa di importanza vitale per Rotor, o addirittura per l’umanità, forse. Soddisfare un piacere personale e definirlo un nobile contributo al benessere generale è il massimo per un essere umano. Giustifica qualsiasi cosa. Io l’ho fatto, e anche tu, e tutti quanti. Pitt lo fa, più di chiunque altro. Probabilmente si è convinto di respirare solo per fornire anidride carbonica alla flora rotoriana.»

«Così, sfruttando la megalomania di Marlene, l’hai fatta aspettare.»

«Sì, e abbiamo ancora un settimana di tempo per vedere se qualcosa le farà cambiare idea. Comunque, non si è lasciata ingannare dalle mie argomentazioni. Ha accettato di aspettare, però ha detto: "Trattenendomi, pensi di conquistarti almeno in piccola parte l’affetto di mia madre, vero, zio Siever? Per te l’arrivo dell’anno nuovo non ha nessuna importanza, si vede benissimo".»

«È stata sgarbata e crudele, Siever.»

«Ha solo detto la verità, Eugenia. Anche la verità è crudele, a volte.»

Eugenia distolse lo sguardo. «Il mio affetto? Che posso dire…»

Genarr si affrettò a intervenire. «No, non c’è bisogno di parlare. In passato ti ho detto che ti amavo, e mi accorgo che invecchiando non è cambiato nulla, in pratica. Ma è un problema mio. Non mi hai mai trattato in modo ingiusto, scorretto. Non mi hai mai illuso. E se sono così sciocco da non riuscire ad accettare un no come risposta, la cosa non ti riguarda, no?»

«La tua felicità mi riguarda, in ogni caso.»

«Questo è molto importante.» Genarr abbozzò un sorriso. «Molto meglio di niente.»

Eugenia abbassò gli occhi e preferì cambiare argomento, riprendendo a parlare della figlia. «Ma, Siever, se Marlene ha capito il tuo scopo, perché ha accettato di rimandare l’uscita?»

«Non ti piacerà, Eugenia, ma è meglio che ti dica la verità. Marlene ha detto: "Aspetterò fino al nuovo anno, zio Siever, perché forse questo farà piacere alla mamma, e io sono dalla tua parte".»

«Ha detto questo?»

«Non tenerne conto, non prendertela con lei, ti prego. Evidentemente, l’ho incantata col mio fascino e il mio comportamento brillante, e Marlene pensa di farti un favore.»

«È una paraninfa» osservò Eugenia, incerta se essere seccata o divertita.

«In effetti ho pensato che se tu riuscissi a mostrare un certo interesse nei miei confronti, potremmo approfittarne per convincerla a fare qualsiasi cosa perché Marlene crederebbe di appoggiare ulteriormente la mia causa in questo modo… Solo che dovrebbe essere un interesse autentico altrimenti se ne accorgerebbe. E se fosse un interesse autentico, non sarebbe necessario per lei sacrificarsi… Capisci?»

«Capisco che se non fosse per la perspicacia di Marlene, dovrei guardarmi dalla tua mente machiavellica» rispose Eugenia.

«Colto in flagrante, Eugenia.»

«Be’, perché non facciamo la cosa più ovvia? La teniamo rinchiusa e alla fine la riportiamo su Rotor col razzonavetta.»

«Legandole mani e piedi, immagino. A parte il fatto che secondo me non saremmo capaci di fare una cosa simile, diciamo che adesso capisco il punto di vista di Marlene. Comincio a pensare alla colonizzazione di Eritro… un mondo intero a nostra disposizione.»

«E pieno di batteri che respireremo e che entreranno nel nostro cibo e nella nostra acqua.» Eugenia fece una smorfia.

«E allora? In parte, li respiriamo, li beviamo e li mangiamo anche qui. Non possiamo isolare completamente la Cupola. E se è per questo, anche su Rotor respiriamo dei batteri, li beviamo e li mangiamo.»

«Sì, però ci siamo adattati ai microorganismi di Rotor. Questi sono alieni.»

«E meno pericolosi, quindi. La mancanza di adattamento è reciproca, se vale per noi vale anche per loro. A quanto pare, non possono assolutamente parassitare l’uomo. Saranno innocui come granelli di polvere.»

«Non dimenticare il Morbo.»

«Certo, quello è il vero problema, che esiste in ogni caso… anche in una situazione semplice come l’uscita di Marlene dalla Cupola. Naturalmente, prenderemo delle precauzioni.»

«Che genere di precauzioni?»

«Marlene indosserà una tuta protettiva, innanzitutto. Poi, io la seguirò. Fungerò da canarino.»

«Da «canarino»? Che significa?»

«Era un metodo che usavano sulla Terra alcuni secoli fa. I minatori scendevano nelle miniere portando con sé dei canarini… sai, quei piccoli uccelli gialli. Se l’aria diventava tossica, il canarino ne risentiva prima degli uomini e moriva, e gli uomini capivano che c’era pericolo e uscivano dalla miniera. In altre parole, se comincerò a comportarmi in modo strano, ci riporteranno dentro tutti e due senza perdere un attimo.»

«Ma se Marlene dovesse essere colpita prima di te?»

«No, non penso che accadrà. Marlene si sente immune. Lo ha detto tante volte che ho cominciato a crederle.»

LV

Eugenia Insigna non aveva mai atteso l’arrivo del nuovo anno concentrandosi in modo così penoso sul calendario. Non aveva avuto motivo di farlo, prima. Del resto, il calendario era una reliquia del passato, qualcosa di estraneo.

Sulla Terra, l’anno iniziava segnando le stagioni, e le festività collegate alle stagioni… mezza estate, il solstizio d’inverno, la semina, il raccolto… coi loro nomi particolari.

Crile le aveva spiegato gli aspetti complicati e oscuri del calendario col suo fare cupo e solenne; era un argomento che gli piaceva moltissimo, come tutte le cose che gli ricordavano la Terra. Eugenia lo aveva ascoltato con un misto di entusiasmo e di apprensione; con entusiasmo, perché voleva essere partecipe del suo interesse, dato che avrebbe potuto rafforzare la loro unione; con apprensione, perché temeva che il suo interesse per la Terra potesse allontanarlo da lei… come poi era successo.

Strano che avvertisse ancora quella fitta dolorosa… ma, era più tenue adesso? In realtà, le sembrava di non ricordare la faccia di Crile, di rammentare solo il ricordo ormai. Permaneva solo il ricordo di un ricordo, adesso, tra lei e Siever Genarr?