«In tal caso, non uscirà.»
«Oh, ma Marlene dice che uscirà, invece. Ed è sicurissima. Uscirà tutte le volte che vorrà, dice. E da sola. Le rincresce di averti permesso di accompagnarla. Vedi, non è insensibile nei tuoi confronti. Quello che ti è successo, l’ha sconvolta. Ed è contenta di essere intervenuta in tempo. Davvero, aveva le lacrime agli occhi quando ha parlato di quello che sarebbe potuto accadere se non ti avesse riportato in tempo alla Cupola.»
«E il mio incidente non la fa sentire insicura?»
«No. È questa la parte più strana. Ora Marlene non ha il minimo dubbio… tu eri in pericolo, qualsiasi persona sarebbe stata in pericolo. Ma lei no. È talmente sicura, Siever, che…» Eugenia scosse la testa, poi mormorò: «Non so proprio cosa fare».
«Marlene è così di natura, Eugenia. Dovresti saperlo meglio di me.»
«Ma non è mai stata tanto sicura. Sembra che sappia che non possiamo fermarla.»
«Forse possiamo. Le parlerò, e se vorrà spuntarla ad ogni costo la rispedirò su Rotor… e subito. Ero dalla sua parte, ma dopo quello che mi è capitato là fuori, temo che dovrò essere inflessibile con lei.»
«Ma non lo farai.»
«Perché no? Per via di Pitt?»
«No. Intendo dire che non lo farai e basta.»
Genarr fissò Eugenia, poi rise imbarazzato. «Via, Marlene non mi ha incantato fino a questo punto. Mi sentirò anche una specie di zio buono, ma non sono così buono da permetterle di andare incontro al pericolo. Ci sono dei limiti, e vedrai che saprò farli rispettare.» S’interruppe un istante, e riprese con aria mesta: «A quanto pare, le nostre posizioni si sono invertite. Prima, tu insistevi perché la fermassi e io dicevo che non era possibile. Adesso la situazione si è rovesciata».
«Perché l’incidente all’esterno della Cupola ti ha spaventato, e l’esperienza successiva mi ha spavehtata.»
«Quale esperienza successiva, Eugenia?»
«Quando Marlene è rientrata, ho provato a porre dei limiti. Le ho detto: "Signorina, non osare parlarmi così altrimenti, oltre a non uscire più dalla Cupola, non potrai nemmeno uscire dalla tua stanza. Ti chiuderò a chiave, ti legherò, se necessario, e torneremo su Rotor col primo razzo". Vedi, ero abbastanza furiosa da minacciarla.»
«Be’, lei che ha fatto? Scommetto che non è scoppiata a piangere. Avrà digrignato i denti e ti avrà sfidata. Giusto?»
«No. Non sono nemmeno riuscita a dire tutto, perché a un certo punto ho cominciato a battere i denti e non sono più stata capace di parlare. E mi ha assalito un senso di nausea.»
Genarr corrugò la fronte. «Intendi dire che, secondo te, Marlene possiede qualche strano potere ipnotico che può impedirci di ostacolarla? Mi pare impossibile. Non hai mai notato niente del genere in lei prima d’ora?»
«Certo che no. E non l’ho notato nemmeno adesso. Lei non c’entra. Dovevo avere una gran brutta cera mentre la stavo minacciando, e Marlene si è spaventata, era molto preoccupata. Non avrebbe reagito così, se fosse stata lei a provocare la cosa. E quando eravate fuori e lei si stava togliendo la tuta, non ti stava nemmeno guardando. Ti volgeva le spalle. Lo so perché stavo osservando. Eppure non sei riuscito a fare nulla per fermarla, e quando si è accorta che eri in difficoltà è corsa ad aiutarti. No, non può essere stata lei a causare apposta l’incidente, altrimenti non avrebbe avuto quella reazione.»
«Ma allora…»
«Non ho finito. Dopo averla minacciata, o meglio, dopo aver cercato inutilmente di minacciarla, non ho più avuto il coraggio di dirle nulla, a parte cose del tutto superficiali, però l’ho tenuta d’occhio, con discrezione. A un certo punto, si è rivolta a una delle tue guardie… sono dappertutto…»
«In teoria, la Cupola è una base militare» borbottò Genarr. «Le guardie si limitano a mantenere l’ordine, danno una mano in caso di bisogno…»
«Oh, certo» osservò Eugenia, con una punta di disprezzo. «Servono a Janus Pitt per sorvegliarvi e tenervi in pugno… ma lasciamo perdere. Marlene e la guardia hanno parlato per un po’, sembrava una discussione piuttosto animata. Quando Marlene se n’è andata, mi sono avvicinata alla guardia e gli ho chiesto di cosa avessero discusso. Era restio a parlare, ma ho insistito. Ha detto che Marlene voleva una specie di lasciapassare per uscire e rientrare nella Cupola liberamente. "E lei cosa ha risposto?" gli ho chiesto. E la guardia: "Le ho detto che doveva rivolgersi all’ufficio del Comandante per il lasciapassare, ma che comunque avrei cercato di aiutarla". Io mi sono indignata. "Aiutarla? Come sarebbe a dire? Come ha potuto offrirsi di aiutarla?" gli ho chiesto. E lui: "Signora, dovevo pur fare qualcosa. Ogni volta che ho provato a dirle che non si poteva, mi sono sentito male".»
Genarr ascoltò impassibile. «Intendi dire che è qualcosa che Marlene fa inconsciamente, che chi osa contraddirla sta male, e che lei non si rende conto di provocare questi incidenti?»
«No. Non vedo come possa entrarci Marlene. Se fosse una sua capacità inconscia, si sarebbe manifestata anche su Rotor, e invece là non è mai successo nulla. E una contrarietà qualsiasi non basta. Ieri sera, a cena, voleva prendere una seconda porzione di dolce e io, dimenticando che era meglio non contrariarla, le ho detto: "No, Marlene!". Si vedeva che era arrabbiatissima, però si è calmata, non ha insistito, e io non ho avvertito il minimo effetto spiacevole, te lo assicuro. No, secondo me, non si può ostacolarla solo riguardo Eritro.»
«E perché mai dovrebbe essere così, Eugenia? Ho l’impressione che tu abbia qualche idea. Se fossi Marlene, ti leggerei come un libro aperto e capirei, ma dato che non sono Marlene, è necessario che tu me lo dica.»
«Non penso proprio che sia Marlene a fare queste cose. È… il pianeta stesso.»
«Il pianeta?!»
«Sì, Eritro! Il pianeta. Sta controllando Marlene. Altrimenti, perché dovrebbe sentirsi tanto sicura di essere immune al Morbo, di non correre nessun pericolo? E controlla anche noi altri. Sei stato male quando hai cercato di fermarla. Io pure. La guardia, idem. Agli inizi della colonizzazione, quando è sorta la Cupola, molte persone hanno riportato dei danni perché il pianeta si è sentito invaso e ha reagito producendo il Morbo. Poi, quando vi siete accontentati di rimanere nella Cupola, ha smesso di reagire e il Morbo è cessato. Tutti i particolari quadrano perfettamente, no?»
«Dunque, pensi che il pianeta voglia Marlene là fuori, sulla sua superficie?»
«A quanto pare, sì.»
«Ma perché?»
«Non lo so. Non ho la pretesa di capire. Ti sto solo dicendo come dev’essere la situazione.»
La voce di Genarr si addolcì. «Eugenia, il pianeta non può fare nulla, e senz’altro lo sai. È un blocco di roccia e di metallo. Il tuo è un atteggiamento mistico.»
«No, Siever. Non sbagliarti, non far finta che io sia una sciocca. Sono una scienziata di prim’ordine, e non c’è niente di mistico nel mio modo di pensare. Dicendo «pianeta», non mi riferisco alla roccia e al metallo. Intendo dire che sul pianeta c’è qualche forma di vita diffusa e potente.»
«Dovrebbe essere invisibile, allora. Questo è un mondo brullo, sterile, dove non c’è traccia di vita a parte i procarioti, figuriamoci se può esserci l’intelligenza.»
«Che ne sai di questo mondo che definisci sterile, eh? È stato esplorato a fondo, in ogni angolo?»
Lentamente, Siever Genarr scosse la testa. «Eugenia, ti stai lasciando prendere dall’isteria» disse, il tono quasi supplichevole.