«La Terra ne ha bisogno più delle Colonie, però.»
«Intendi dire, per via dell’avanzata della Stella Vicina, a cui le Colonie possono sottrarsi facilmente andandosene, ma a cui la Terra non può sottrarsi. Be’, è un problema che lascio ai capi della Terra. Io gli ho fornito lo strumento, adesso sta a loro trovare i metodi per utilizzarlo nel modo migliore.»
«Allora, domani partiamo» disse Crile Fisher.
«Sì, finalmente. Sarà una cosa in grande stile, con tanto di riprese olografiche. Non so però quando potranno mostrarle al pubblico e alle Colonie.»
«Dopo il nostro ritorno. Sarebbe assurdo trasmettere le registrazioni senza sapere nemmeno se torneremo. Sarà un’attesa spasmodica per loro, dal momento che non saranno in contatto con noi. La prima volta che hanno raggiunto la Luna, gli astronauti sono rimasti in contatto con la Terra per tutto il viaggio.»
«È vero» annuì Tessa. «Però quando Colombo ha attraversato l’Atlantico, i monarchi spagnoli non hanno più avuto sue notizie finché non è tornato sette mesi dopo.»
«Adesso la posta in gioco per la Terra è molto più alta, mentre sette secoli e mezzo fa per la Spagna non si trattava di una questione di vita o di morte. È un vero peccato che non abbiamo le comunicazioni ultraluce, dal momento che abbiamo il volo ultraluce.»
«Ne sono convinta. E anche Koropatsky, che ha insistito perché mettessi a punto la telecomunicazione ultraluce. Ma, come gli ho spiegato, non sono una forza soprannaturale dai poteri miracolosi. Un conto è spingere una massa attraverso l’iperspazio, un conto è inviare delle radiazioni. Le due cose obbediscono a leggi diverse perfino nello spazio normale, e infatti Maxwell ha elaborato la sue equazioni elettromagnetiche due secoli dopo l’equazione gravitazionale di Newton. Be’, anche nell’iperspazio la massa e la radiazione obbediscono a leggi diverse, e quelle della radiazione non sono ancora alla nostra portata. Un giorno avremo le comunicazioni ultraluce, ma per ora dobbiamo farne a meno.»
«Peccato» osservò Fisher meditabondo. «Forse senza le comunicazioni ultraluce il volo ultraluce non sarà pratico.»
«Perché?»
«La mancanza di comunicazioni ultraluce taglia il cordone ombelicale. Una Colonia potrebbe vivere lontano dalla Terra? Potrebbe sopravvivere isolata dal resto dell’umanità?»
Tessa aggrottò le ciglia. «Cos’è questa nuova linea filosofica che hai cominciato a seguire?»
«Una semplice considerazione. Dato che sei una colona, da sempre, Tessa, forse non ti rendi conto che vivere su una Colonia non è una cosa naturale per gli esseri umani.»
«Davvero? A me non è mai sembrata una cosa innaturale.»
«Perché in realtà non eri su una Colonia. Eri in un sistema di Colonie in mezzo al quale c’era una grande pianeta con miliardi di abitanti. Può darsi che i rotoriani, una volta raggiunta la Stella Vicina, abbiano constatato che la vita su una Colonia isolata è insoddisfacente, no? Cosa avrebbero dovuto fare in questo caso? Tornare qui, senza dubbio. Ma non l’hanno fatto.
Perché? Perché può darsi che abbiano trovato un pianeta su cui vivere, no?»
«Un pianeta abitabile attorno a una nana rossa? Molto improbabile.»
«La natura a volte ci beffa, sconvolge le nostre certezze. Supponiamo che là ci sia un pianeta abitabile. Dovremmo studiarlo attentamente, no?»
«Ah, comincio a capire dove vuoi arrivare» disse Tessa. «Pensi che la nave possa scoprire un pianeta nei pressi della stella. In tal caso, ne prenderemmo atto, stabiliremmo da lontano che è disabitato, per poi proseguire l’esplorazione. Secondo te, invece, dovremmo atterrare e compiere una ricerca molto più accurata, per tentare almeno di trovare tua figlia. Ma se il rivelatore neuronico non individuerà alcuna traccia di intelligenza nell’ipotetico sistema planetario della Stella Vicina? Dobbiamo setacciare ugualmente tutti i pianeti?»
Fisher esitò. «Sì. Se ci sembreranno potenzialmente abitabili, dobbiamo studiarli, scoprire il più possibile, credo. Forse dovremo cominciare a evacuare la Terra, presto, e dobbiamo sapere dove portare la nostra gente. È facile per te lasciar perdere, visto che le Colonie possono allontanarsi senza difficoltà, senza bisogno di eva…»
«Crile! Non cominciare a trattarmi come se fossi il nemico, a considerarmi di colpo una colona e basta! Sono io, Tessa. Se ci sarà un pianeta, lo studieremo nei limiti del possibile, te lo prometto. Ma se ci sarà un pianeta, e se sarà occupato dai rotoriani… Be’, tu hai passato qualche anno su Rotor, Crile. Conoscerai senz’altro Janus Pitt.»
«Ne ho sentito parlare. Non l’ho mai conosciuto di persona, però mia mo… la mia ex moglie lavorava con lui. Stando a lei, era un uomo molto abile, intelligentissimo, estremamente energico.»
«Estremamente energico, sì. Anche sulle altre Colonie lo conoscevamo di fama. E non ci era simpatico. Se intendeva trovare un posto nascosto per Rotor, lontano dal resto dell’umanità, il suo obiettivo sarà stato certamente la Stella Vicina, data la distanza minima e dato che all’epoca solo Rotor sapeva dell’esistenza della stella. E se, per qualche motivo, voleva un sistema tutto per sé, trattandosi di Janus Pitt, avrà temuto la possibilità di essere seguito e di perdere il suo monopolio. Se per caso ha trovato un pianeta adatto, utilizzabile da Rotor, un’intrusione lo irriterà ancor di più…»
«Dove vuoi arrivare?» chiese Fisher turbato, come se conoscesse già la risposta.
«Be’, domani decolliamo, e in breve tempo raggiungeremo la Stella Vicina. Se ci sarà un pianeta, come pensi tu, e se sarà occupato dai rotoriani, non si tratterà semplicemente di scendere sulla superficie e di dire: "Salve! Sorpresa!". Ho paura che non appena ci avvisteranno, Pitt vorrà salutarci a modo suo, disintegrandoci.»
29 Nemica
Ranay D’Aubisson, come tutti gli abitanti della Cupola di Eritro, visitava periodicamente Rotor. Era necessario… per respirare di nuovo l’atmosfera di casa, tornare alle radici, rinnovare le energie. Questa volta, però, Ranay era "andata su" (l’espressione consueta che indicava il trasferimento da Eritro a Rotor) un po’ prima della data prestabilita. Era stata convocata dal Commissario Pitt.
Ora sedeva nell’ufficio di Janus Pitt, notando con occhio esperto i piccoli segni d’invecchiamento che si erano accumulati dall’ultima volta che lo aveva visto, parecchi anni prima. Normalmente, Ranay non aveva occasione di vederlo spesso.
La voce di Pitt, comunque, era ancora forte, gli occhi erano gli stessi occhi penetranti, e Ranay non notò alcun cenno di declino nel suo vigore mentale.
Pitt disse: «Ho ricevuto il tuo rapporto sull’incidente all’esterno della Cupola, e mi rendo conto che sei stata cauta nel fare una diagnosi della situazione. Ma adesso, in via ufficiosa… cos’è successo a Genarr? Questa stanza è schermata, e puoi parlare liberamente».
La D’Aubisson rispose asciutta: «Mi spiace, ma si da il caso che il mio rapporto, per quanto cauto, sia anche veritiero e completo. In realtà non sappiamo cosa sia successo al Comandante Genarr. L’analisi cerebrale ha mostrato delle alterazioni, ma erano piccolissime e non trovavano riscontro nella nostra esperienza passata. Ed erano reversibili, dal momento che poi sono scomparse in fretta».
«Però gli è successo qualcosa, no?»
«Oh, sì, ma è questo il punto. Sappiamo che gli è successo qualcosa, ma non siamo in grado di dire altro.»
«Una forma di Morbo, forse?»
«Nessuno dei sintomi rilevati in passato era presente in questo caso.»
«Ma in passato, agli inizi del Morbo, l’analisi cerebrale èra ancora una tecnica piuttosto primitiva rispetto a oggi. Non avreste individuato i sintomi che avete individuato adesso, in passato… quindi potrebbe trattarsi di una forma lieve di Morbo, no?»