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«Sono venuto dalla Terra, a cercarti… a cercarti… dopo tutti questi anni.»

«Perché volevi trovarmi? Mi hai abbandonata quand’ero piccola.»

«Ho dovuto farlo, allora… ma con l’intenzione di tornare da te prima o poi.»

D’un tratto risuonò un’altra voce, aspra, dura. «Così sei tornato per Marlene? Per nient’altro?»

Eugenia Insigna era sopraggiunta, pallida, le labbra esangui, le mani scosse da un tremito. Alle sue spalle, Siever Genarr, stupefatto, si tenne in disparte. Nessuno dei due indossava la tuta protettiva.

Concitata, quasi isterica, Eugenia disse: «Mi aspettavo di incontrare della gente di qualche Colonia, del Sistema Solare, magari qualche forma di vita aliena. Quando ho saputo che una nave sconosciuta stava atterrando, ho preso in esame tutte le ipotesi immaginabili. Ma non avrei mai sospettato che potesse trattarsi di Crile Fisher, che lui fosse tornato… e per Marlene!»

«Sono venuto con delle altre persone, per una missione importante. Questo è ChaoLi Wu, un compagno di bordo. E… e…»

«Ed eccoci qua, eh? Non hai mai pensato che avresti potuto incontrare me? Avevi in mente solo Marlene? Quale era la tua missione importante? Trovare Marlene?»

«No. Non era quella la missione. Soltanto il mio desiderio.»

«E io?»

Fisher abbassò gli occhi. «Sono venuto per Marlene.»

«Sei venuto per lei? Per portarla via?»

«Pensavo…» iniziò Fisher, ma si bloccò.

Wu lo osservò con aria stupita. Genarr corrugò la fronte, meditabondo, corrucciato.

Eugenia si voltò di scatto verso la figlia. «Marlene, andresti con questo uomo?»

«Io non vado da nessuna parte, con nessuno, mamma» rispose tranquilla la ragazza.

«Ecco la risposta, Crile» disse Eugenia. «Non puoi abbandonarmi con una bambina di un anno, e tornare quindici anni dopo come se nulla fosse… così, dicendo: "Oh, a proposito, la bambina la prendo io, adesso". E senza degnarti di pensare a me. È tua figlia biologicamente, e basta. Per il resto è mia, mi spetta di diritto, per questi quindici anni di amore e di cure.»

Marlene intervenne. «È inutile litigare per me, mamma.»

ChaoLi Wu si fece aventi. «Chiedo scusa. Fisher mi ha presentato, ma le presentazioni non sono finite. Lei è, signora?»

«Eugenia Insigna Fisher.» Eugenia indicò Crile. «Sua moglie… un tempo.»

«E questa è sua figlia, signora?»

«Sì. Marlene Fisher.»

Wu accennò un inchino. «E quest’altro signore?»

Genarr rispose: «Sono Siever Genarr, Comandante della Cupola che vedete dietro di me all’orizzonte».

«Ah, bene. Comandante, vorrei parlarle. Mi spiace per questa discussione famigliare, ma non ha niente a che vedere con la nostra missione.»

«E quale sarebbe la vostra missione?» bofonchiò una nuova voce. Una figura canuta stava avanzando verso di loro, la bocca piegata in un’espressione ostile, impugnando un oggetto che aveva tutta l’aria di essere un’arma.

«Ciao, Siever» disse il nuovo venuto, superando Genarr.

«Saltade? Come mai sei qui?» chiese Genarr, sorpreso.

«Rappresento il Commissario Janus Pitt di Rotor… Le ripeto la domanda, signore. Quale è la vostra missione? E lei chi è?»

«Non ho difficoltà a dirle almeno il mio nome» rispose Wu. «Sono il dottor ChaoLi Wu. E lei, signore?»

«Saltade Leverett.»

«Salve. Veniamo in pace» disse Wu, fissando l’arma.

«Lo spero» replicò Leverett, truce. «Ho sei navi con me, e la vostra è sotto tiro.»

«Davvero? Quella piccola cupola ha una flotta?» fece Wu.

«Quella piccola cupola è solo un avamposto» ribatté Leverett. «La flotta c’è. Non è un bluff.»

«Le credo. Ma la nostra unica nave viene dalla Terra. È arrivata qui grazie al volo ultraluce. Capisce a cosa mi riferisco? Alla capacità di viaggiare a una velocità superiore…»

«Ho capito benissimo.»

Genarr intervenne all’improvviso. «Marlene, il dottor Wu sta dicendo la verità?»

«Sì, zio Siever» rispose la ragazza.

«Interessante» mormorò Genarr.

Wu disse calmo: «Sono lieto che questa signorina confermi quanto ho affermato. Per caso è l’esperta rotoriana di volo ultraluce? È questo che devo presumere?».

«Non deve presumere un bel niente» sbottò Leverett spazientito. «Perché siete qui? Non siete stati invitati.»

«No. Credevamo che qui non ci fosse nessuno, non pensavamo di disturbare. Comunque, la esorto a non perdere la calma. Una mossa falsa, e la nostra nave sparirà nell’iperspazio.»

«Non è sicuro di questo» disse subito Marlene.

Wu aggrottò le ciglia. «Sono abbastanza sicuro, invece. E anche se riusciste a distruggere la nave, la nostra base terrestre sa dove siamo ed è costantemente in contatto con noi. Se ci accadrà qualcosa, la prossima spedizione sarà composta di cinquanta incrociatori ultraluce. Non rischiate, signore.»

«Non è vero» fu il responso di Marlene.

«Cosa, Marlene?» chiese Genarr.

«Che la base terrestre sa dove sono… e lui lo sapeva benissimo quando l’ha detto.»

«Mi basta» annuì Genarr. «Saltade, questa gente non ha le ipercomunicazioni.»

L’espressione di Wu non mutò. «Vi fidate delle supposizioni di una adolescente?»

«Non sono supposizioni. Sono certezze… Saltade, ti spiegherò dopo. Credimi.»

Marlene esclamò tutt’a un tratto: «Lo chieda a mio padre, glielo dirà!» Non capiva come facesse, suo padre, a sapere della sua dote particolare… lei non l’aveva, o almeno non l’aveva manifestata, a un anno d’età. Eppure Crile Fisher era al corrente di tutto. Per lei era lampante, anche se gli altri non vedevano.

«Inutile, Wu» annuì Fisher. «Marlene ci legge dentro.»

Per la prima volta, Wu parve scomporsi. Corrugando la fronte, disse aspro: «Che ne sai di questa ragazza, anche se è tua figlia? Quando l’hai la sciata era ancora in fasce!»

«Avevo una sorella minore, una volta» fece Fisher sottovoce.

Genarr ebbe un’illuminazione improvvisa. «È una caratteristica di famiglia, allora. Interessante… Be’, dottor Wu, come vede abbiamo qui uno strumento che non consente di bluffare. Quindi, siamo sinceri. Perché siete venuti su questo mondo?»

«Per salvare il Sistema Solare. Lo chieda alla signorina, dal momento che è la vostra autorità assoluta… le chieda se dico la verità questa volta.»

«Certo che sta dicendo la verità, dottor Wu» fece Marlene. «Sappiamo del pericolo. L’ha scoperto mia madre.»

«E l’abbiamo scoperto anche noi, signorina, senza l’aiuto di tua madre.»

Saltade Leverett li guardò perplesso. «Se è una domanda lecita… di che state parlando?»

«Credimi, Saltade, Janus Pitt sa tutto» disse Genarr. «Mi spiace che non ti abbia informato, ma se adesso ti metterai in contatto con lui, ti spiegherà. Digli che questa gente ha il volo ultraluce, e che potremmo concludere un accordo.»

XC

I quattro uomini si trovavano nell’alloggio privato di Siever Genarr, all’interno della Cupola. E Genarr cercava di non lasciarsi sopraffare dal proprio senso della storia. Era il primo esempio di negoziato interstellare. Solo per quello, i nomi di loro quattro sarebbero echeggiati nei corridoi della storia galattica.

Due e due.

Da una parte, in rappresentanza del Sistema Solare (o meglio, della Terra… incredibile, quel pianeta decadente rappresentava il Sistema Solare, aveva messo a punto il volo ultraluce battendo le Colonie così aggiornate e dinamiche!) sedevano ChaoLi Wu e Crile Fisher.

Wu era loquace e insinuante; era un matematico, ma possedeva chiaramente un acume pratico. Fisher (e Genarr stentava ancora a credere che fosse davvero lì) se ne stava in silenzio, meditabondo, partecipava poco alla discussione.