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Circospetto, gli occhi fissi su Genarr, Wu si alzò lentamente dalla sedia, sussultò, e si sedette di nuovo.

Disse garbato: «Forse sarà meglio vedere la signorina».

«Dobbiamo» annuì Genarr. «Su questo mondo, almeno, la volontà di quella signorina è legge.»

XCI

«No!» disse secca Marlene, urlando quasi. «Non potete farlo!»

«Non possiamo fare, cosa?» chiese Leverett, aggrottando le ciglia candide.

«Usare Eritro come scalo… o per qualsiasi altra cosa.»

Leverett la fissò rabbioso, e contrasse le labbra quasi si accingesse a ribattere, ma Wu intervenne. «Perché no, signorina. È un mondo deserto, inutilizzato.»

«Non è deserto. Non è inutilizzato. Zio Siever, diglielo tu.»

«Marlene intende dire che Eritro è occupato da innumerevoli cellule procariotiche capaci di fotosintesi» spiegò Genarr. «Ecco perché nell’atmosfera di Eritro c’è ossigeno.»

«Benissimo» fece Wu. «E con ciò? Cosa cambia?»

Genarr si schiarì la voce. «Individualmente, le cellule sono forme di vita molto primitive, appena superiori ai virus, ma a quanto pare non si possono considerare individualmente. Prese nel loro insieme, formano un organismo estremamente complesso, che abbraccia l’intero pianeta.»

«Un organismo?» Il tono di Wu rimase garbato. «Un unico organismo, e Marlene lo chiama col nome del pianeta, dal momento che tra le due cose esiste un rapporto così stretto.»

«Parla seriamente?» chiese Wu. «Come fate a sapere dell’esistenza di questo organismo?»

«Soprattutto tramite Marlene.»

«Tramite la signorina, che potrebbe essere… un’isterica?» osservò Wu.

Genarr alzò un dito. «Non dica nulla di offensivo nei confronti di Marlene. Non so se Eritro, l’organismo, abbia il senso dell’umorismo… Principalmente, tramite Marlene, dicevo… ma non è tutto. Quando Saltade Leverett si è alzato per andarsene, è stato atterrato. Quando lei ha provato ad alzarsi poco fa, probabilmente per uscire, è parso chiaramente in difficoltà. Queste sono le reazioni di Eritro. Protegge Marlene agendo direttamente sulle nostre menti. Poco dopo il nostro arrivo su questo mondo, ha provocato senza volerlo una piccola epidemia di disturbi mentali, che noi abbiamo chiamato Morbo di Eritro. Volendo, temo che possa causare dei danni mentali irreparabili… e che possa anche uccidere. Vi prego, non mettiamolo alla prova.»

Fisher disse: «Cioè, non è Marlene a…»

«No, Crile. Marlene possiede delle capacità particolari, ma non arrivano al punto di nuocere. È Eritro che è pericoloso.»

«E come possiamo neutralizzare la sua pericolosità?» chiese Fisher.

«Ascoltando cortesemente Marlene, tanto per cominciare. E poi, lasciate che sia io a parlare con lei. Eritro, almeno, mi conosce. E credetemi, quando dico che voglio salvare la Terra. Non desidero affatto provocare la morte di miliardi di persone.»

Si rivolse alla ragazza. «Marlene, capisci che la Terra è in pericolo, vero? Tua madre ti ha spiegato che il passaggio ravvicinato di Nemesis potrebbe distruggere la Terra.»

«Lo so, zio Siever» disse Marlene, il tono angosciato. «Ma Eritro appartiene a se stesso.»

«Può darsi che voglia essere più disponibile, allargare i contatti. In fondo, permette a noi della Cupola di restare sul pianeta. Sembra che non lo disturbiamo.»

«Ma nella Cupola ci sono meno di mille persone, che rimangono nella Cupola. A Eritro la Cupola non dà fastidio, perché gli consente di studiare le menti umane.»

«Potrà studiarle ancor meglio quando arriveranno i terrestri.»

«Otto miliardi di terrestri?»

«No, non saranno tanti. Verranno qui per sistemarsi temporaneamente prima di partire per qualche altra destinazione. Di volta in volta, su Eritro ci sarà soltanto una piccola parte della popolazione terrestre.»

«Saranno sempre milioni di persone, questo è certo. Non potrete pigiarle tutte in una cupola e rifornirle di cibo, acqua e via dicendo. Dovrete spargerle su Eritro e terraformare il pianeta. Eritro non potrebbe sopravvivere, però. Dovrebbe difendersi.»

«Sei sicura?»

«Sì, dovrebbe difendersi. Non faresti così anche tu?»

«Significherebbe la morte, per miliardi di persone.»

«Non posso farci nulla.» Marlene serrò le labbra, poi soggiunse: «C’è un altro sistema…»

«Di che sta parlando la ragazza?» sbottò Leverett, burbero. «Quale altro sistema?»

Marlene gli lanciò un’occhiata, quindi si rivolse a Genarr. «Non lo so. Lo sa Eritro. Almeno… dice che questa conoscenza esiste, è presente… ma non riesce a spiegare.»

Genarr alzò le braccia per evitare una raffica di domande. «Marlene, stai calma. Se sei preoccupata per Eritro, non serve. Sai benissimo che è in grado di proteggersi da qualsiasi cosa. Sentiamo… in che senso, Eritro non riesce a spiegare?»

Marlene stava ansimando. «Eritro sa che questa conoscenza c’è, è presente, però gli manca l’esperienza umana, la scienza umana, il modo di pensare umano. Non capisce.»

«Questa conoscenza è nelle menti presenti qui?»

«Sì, zio Siever.»

«Non può sondarle?»

«Le danneggerebbe. Può sondare la mia mente senza danneggiarla.»

«Voglio sperarlo» annuì Genarr. «Ma tu non sai di che si tratta, quale sia questo dato importante?»

«Certo che no. Però Eritro può usare la mia mente per sondare le altre. La tua. Quella di mio padre. Tutte.»

«Non è pericoloso?»

«Eritro pensa di no, ma… oh, zio Siever, ho paura.»

«Questa è una pazzia, sicuramente» mormorò Wu, e Genarr si affrettò ad accostare un dito alle labbra.

Fisher si alzò in piedi. «Marlene, non devi…»

Genarr lo bloccò con un gesto furioso. «Non puoi fare nulla, Crile. C’è in gioco la vita di miliardi di esseri umani, continuiamo a ripeterlo, no? Lasciamo che l’organismo ci aiuti come può… Marlene…»

Marlene aveva strabuzzato gli occhi. Sembrava in trance. «Zio Siever» mormorò. «Stringimi.»

Barcollando, incespicando, si avvicinò a Genarr, che l’afferrò e la tenne stretta. «Marlene… Rilassati… Andrà tutto bene…» Genarr si sedette adagio, reggendo il corpo rigido della ragazza.

XCII

Fu come un’esplosione silenziosa di luce che cancellò il mondo. Non esisteva altro.

Genarr non era nemmeno consapevole di essere Genarr. La coscienza e l’identità non esistevano più… Solo una nebbia luminosa interconnettiva di grande complessità, che si stava espandendo e dividendo in fili che assumevano la stessa grande complessità nell’istante stesso della separazione.

Un vortice, un dissolversi, poi di nuovo un’espansione graduale. Continuamente, ipnoticamente… come qualcosa sempre esistita, e che sarebbe sempre esistita, in eterno.

Una caduta interminabile in un’apertura che avvicinandosi si allargava pur restando sempre uguale. Cambiamento continuo senza alterazione. Piccoli sbuffi che si spiegavano in nuova complessità.

Incessantemente. Nessun suono. Nessuna sensazione. Nessuna immagine… La consapevolezza di qualcosa che aveva le proprietà della luce senza essere luce. Era la mente che diventava cosciente di sé.

Poi, con dolore (se fosse esistito il dolore nell’universo) e con un singhiozzo (se fosse esistito il suono nell’universo), tutto cominciò ad affievolirsi e a ruotare e a vorticare, sempre più rapidamente, trasformandosi in un punto di luce che scintillò e sparì.

XCIII

La realtà era fastidiosa, invadente. Wu si stiracchiò. «È successo anche a voi?» Fisher annuì.