«Ha chiesto di Charlie e gli ho risposto che non era in casa», bofonchiò Jacob, sdegnato.
«Nient’altro?», chiese Alice, la voce di ghiaccio.
«Ha riattaccato subito», replicò Jacob. Uno spasmo corse lungo la sua schiena e fece tremare anche me.
«Gli hai detto che Charlie è al funerale», aggiunsi.
Alice si voltò di scatto verso di me. «Quali parole ha usato, esattamente?».
«Ha detto: “Non è in casa”. E quando Carlisle gli ha chiesto dove fosse Charlie, Jacob ha risposto: “È al funerale”».
Un gemito e Alice cadde in ginocchio.
«Dimmi, Alice», sussurrai.
«Al telefono, prima, non era Carlisle», confessò disperata.
«Mi stai dando del bugiardo?», ringhiò Jacob al mio fianco.
Alice lo ignorò e si concentrò sulla mia espressione sconvolta.
«Era Edward». Le sue parole furono un sussurro strozzato. «Crede che tu sia morta».
La mia mente ricominciò a funzionare. Non erano le notizie che temevo e il conforto che provai mi schiarì le idee.
«Rosalie gli ha detto che mi sono suicidata, vero?», dissi e sospirai di sollievo.
«Sì», rispose Alice, torva. «A sua difesa, va detto che anche lei lo credeva. Si fidano troppo delle mie visioni imperfette. Ma si è anche azzardata a contattarlo e a dirgli tutto! Non si rendeva conto... non le importava...». La sua voce si spense, terrorizzata.
«E quando Edward ha chiamato, ha pensato che il funerale fosse il mio». Sentii una fitta al pensiero di quanto vicina fosse stata la sua voce, a pochi centimetri. Infilzai le unghie nel braccio di Jacob, ma lui non fece una piega.
Alice mi lanciò un’occhiata strana: «Non sei sconvolta».
«Be’, un bell’equivoco, ma con il tempo si chiarirà tutto. La prossima volta che telefona, qualcuno gli dirà come... stanno le...». Non riuscii a concludere la frase. Il suo sguardo mi soffocò le parole in gola.
Perché era nel panico? Perché sul suo viso vedevo i segni della pietà e dell’orrore? E qual era il senso di ciò che aveva appena detto a Rosalie? Le sue visioni... e il rimorso di Rose. Impossibile che sua sorella si sentisse in colpa per aver fatto del male a me. Se invece si fosse trattato della sua famiglia, di suo fratello...
«Bella», sussurrò Alice. «Edward non richiamerà. Ha creduto a mia sorella».
«Non. Rie-sco. A ca-pi-re». Sillabai la frase in silenzio. Non avevo abbastanza fiato per chiedere ad alta voce quel che volevo sapere.
«È partito per l’Italia».
Per capire, mi bastò un battito del mio cuore.
E sentii la voce di Edward, ma non era l’imitazione perfetta delle mie allucinazioni. Aveva il suono debole e anonimo dei ricordi. Però le sue parole bastarono a sbriciolarmi il petto e a riaprire la voragine. Venivano da un tempo in cui avrei scommesso qualsiasi cosa sulla sincerità del suo amore per me.
Be’, non sarei mai riuscito a vivere senza di te, aveva detto, in quella stessa stanza, mentre vedevamo morire Romeo e Giulietta. Ma non sapevo come avrei fatto... sapevo di non poter contare su Emmett e Jasper... perciò ho pensato di andare in Italia, a scatenare l’ira dei Volturi... i Volturi non vanno irritati... A meno che non si cerchi la morte.
«NO!». La mia esclamazione fu un grido talmente acuto, dopo i sussurri, da spaventare tutti. Il sangue mi andò alla testa quando compresi cos’aveva visto Alice. «No! No, no, no! Non può! Non può farlo!».
«Ha deciso un istante dopo che il tuo amico gli ha confermato che era troppo tardi per salvarti».
«Ma lui mi ha... lasciata! Non mi voleva più! Che differenza fa, ormai? Sapeva che prima o poi sarei morta!».
«Non credo che avesse in programma di sopravviverti a lungo», rispose Alice a bassa voce.
«Ma come osa!», strillai. Mi ero rialzata in piedi e, tremando, Jacob tornò a fare da schermo tra me e Alice.
«Oh, spostati, Jake!». Sgomitai per farmi strada, disperata e impaziente. «Cosa facciamo?», chiesi implorante ad Alice. Doveva esserci una soluzione. «Non possiamo chiamarlo? Carlisle non può fare niente?».
Fece cenno di no. «È stato il primo tentativo che ho fatto. Ha buttato il cellulare nella spazzatura, a Rio: ha risposto qualcun altro...», sussurrò.
«Prima hai detto che bisogna sbrigarsi. In che senso? Diamoci da fare, in qualsiasi modo!».
«Bella, io... non penso di poterti chiedere di...». Restò in silenzio, perplessa.
«Chiedimelo!», sbottai.
Mi posò le mani sulle spalle per trattenermi dov’ero ed enfatizzò certe parole con movimenti leggeri delle dita. «Può darsi che sia già troppo tardi. L’ho visto andare dai Volturi... a chiedere di morire». Un brivido ci colse entrambe e io fui immediatamente accecata dalle lacrime. Sbattevo le palpebre per spazzarle via. «Dipende dal loro verdetto. Non potrò vederlo finché non prendono una decisione. Se gli dicono di no, ed è probabile che lo facciano—Aro è molto amico di Carlisle, e non credo si permetterà di offenderlo -, Edward ha un piano di riserva. I Volturi sono molto protettivi nei confronti della loro città. Edward sa che se farà qualcosa che ne sconvolga la tranquillità, cercheranno di fermarlo. E ha ragione, lo fermeranno».
Restai a guardarla a denti stretti, in preda al nervosismo. Non era una buona giustificazione per rimanere ancora con le mani in mano.
«Perciò, se accettano di esaudire il suo desiderio, è troppo tardi. Se dicono di no, e lui escogita abbastanza alla svelta un piano per infastidirli, è troppo tardi. Soltanto se cedesse alle sue inclinazioni un po’ teatrali... potremmo avere ancora un margine di tempo».
«Andiamo!».
«Ascoltami, Bella! In tempo o no, ci troveremo nel cuore della città dei Volturi. Se riesce nel suo intento, mi considereranno sua complice. E tu sei un essere umano che non soltanto sa troppo, ma ha anche un ottimo profumo. Ci sono parecchie possibilità che ci eliminino tutti... Nel tuo caso non si tratterà di una punizione, ma di un invito a cena».
«Per questo siamo ancora qui?», chiesi sconcertata. «Se tu hai paura, ci andrò da sola». Feci il calcolo mentale di quanti soldi mi fossero rimasti e mi chiesi se Alice avrebbe potuto prestarmi il resto.
«Temo solo che uccidano anche te».
Risposi con una smorfia sdegnata. «Rischio la vita quasi tutti i giorni! Dimmi cosa devo fare!».
«Scrivi un biglietto a Charlie. Io prenoto l’aereo».
«Charlie», esclamai.
Non che la mia presenza lo proteggesse, ma non potevo permettermi che, da solo, rischiasse...
«Non permetterò che qualcuno gli faccia del male». La voce cupa di Jacob era torva e arrabbiata. «Chi se ne frega del patto».
Alzai lo sguardo verso di lui, che osservava con disprezzo la mia espressione spaventata.
«Sbrigati, Bella», esclamò Alice.
Corsi in cucina, aprii tutti i cassetti e ne rovesciai il contenuto in cerca di una penna. Una mano liscia, bronzea, me ne allungò una.
«Grazie», mormorai, mentre sfilavo il tappo con i denti. In silenzio, mi offrì anche il blocchetto che usavamo come promemoria delle telefonate. Strappai il primo foglio e lo lanciai alle mie spalle.
«Papà», scrissi, «sono con Alice. Edward è nei guai. Quando torno potrai sgridarmi. So che è non è il momento giusto. Mi dispiace tanto. Ti voglio bene, davvero. Bella».
«Non andare», sussurrò Jacob. Lontano da Alice, la rabbia si dissolveva.
Non avevo intenzione di sprecare tempo a discutere con lui. «Ti prego, ti prego, ti prego, sta’ attento a Charlie», dissi sfrecciando verso il soggiorno. Alice mi aspettava in corridoio, con lo zaino in spalla.
«Prendi il portafoglio: ti servirà un documento. Ti prego, dimmi che hai il passaporto. Non ho tempo di falsificartene uno».
Annuii e salii le scale di corsa, con le gambe tremanti e lieta che mia madre avesse deciso di sposare Phil su una spiaggia messicana. Ovviamente, si era dimostrato il suo solito progetto campato per aria. Ma almeno avevo avuto il tempo di occuparmi dei preparativi.