«Alice», le dissi infine. «Dobbiamo andare».
E le sfiorai un braccio.
Riaprì gli occhi molto lentamente. Scosse la testa per qualche istante.
«Niente di nuovo?», chiesi sottovoce per non farmi sentire dai miei vicini.
«Non proprio», rispose con un bisbiglio quasi incomprensibile. «Si sta avvicinando. Sta decidendo in che modo avanzare la sua richiesta».
Per prendere la coincidenza fummo costrette a correre, ma era meglio di un’attesa forzata. Subito dopo il decollo, Alice chiuse gli occhi e tornò in trance. Restai in attesa, con tutta la pazienza che avevo. Quando scese l’oscurità guardai fuori dall’oblò, ma non c’era che il buio fitto.
Ero lieta di avere alle spalle mesi di esercizio nel controllare i miei pensieri. Anziché indugiare sulla possibilità terrificante che, malgrado le speranze di Alice, decidessi di non sopravvivere, mi concentrai sui problemi minori. Per esempio, cos’avrei detto a Charlie se fossi tornata a casa? Quella fu una questione tanto spinosa da richiedere parecchie ore. E Jacob? Aveva promesso che mi avrebbe aspettata, ma la promessa era ancora valida? Mi sarei ritrovata da sola a Forks, senza nessuno accanto? Forse non avrei voluto sopravvivere, comunque fossero andate le cose.
Alice mi diede uno strattone e mi sembravano passati pochi secondi: non mi ero accorta di aver dormito.
«Bella», sibilò a voce un po’ troppo alta nella penombra piena di esseri umani addormentati.
Non ero disorientata, non avevo dormito abbastanza per esserlo. «Che succede?».
Gli occhi di Alice brillavano alla luce fioca di una lampada da lettura accesa nella fila dietro la nostra.
«Niente di brutto». Sorrise orgogliosa. «Va tutto bene. Stanno discutendo, ma hanno deciso di rifiutare la richiesta».
«I Volturi?», bofonchiai assonnata.
«Certo, Bella, su con il morale, riesco a vedere cosa risponderanno».
«Dimmi».
Uno steward si avvicinò a noi in punta di piedi. «Le signore desiderano un cuscino?». Il sussurro con cui ci si rivolse era un rimprovero alla nostra conversazione rumorosa.
«No, grazie», rispose Alice, accendendosi in un sorriso bello e stupefacente. Lo steward se ne andò, con un’espressione sbalordita sul viso.
«Dimmi», bisbigliai.
Accostò la bocca al mio orecchio. «Sono interessati a Edward: pensano di sfruttare i suoi poteri. Gli proporranno di restare con loro».
«E lui?».
«Ancora non lo vedo, ma scommetto che la sua sarà una risposta colorita». Sorrise di nuovo. «Questa è la prima buona notizia, la prima svolta. Sono affascinati, non vogliono affatto distruggerlo—“Uno spreco”, così dirà Aro—e ciò potrebbe bastare a fargli inventare una contromossa. Più tempo passa a macchinare, meglio è per noi».
Non era abbastanza per rendermi ottimista e farmi provare lo stesso sollievo che ostentava Alice. C’erano tanti imprevisti che potevano rallentarci. E se non avessi oltrepassato i confini della città dei Volturi, niente avrebbe potuto impedire ad Alice di riportarmi a casa.
«Alice?».
«Cosa?».
«Sono confusa. Come fai ad avere tutto così chiaro, mentre in altre occasioni vedi le cose lontane, o cose che non stanno accadendo?».
Mi guardò torva. Forse aveva capito a cosa mi stavo riferendo.
«Le vedo più chiare perché sono vicine e accadranno tra poco, inoltre mi sto concentrando seriamente. Quelle più lontane arrivano da sé, simili ad apparizioni, deboli possibilità. In più, vedo quelli come me con maggior chiarezza rispetto a voi. Con Edward è ancora più facile, grazie alla sintonia che ci lega».
«A volte vedi anche me», precisai.
Scosse la testa. «Non con questa precisione».
Sospirai. «Mi piacerebbe davvero che non ti fossi sbagliata su di me. All’inizio, quando mi hai vista, prima ancora che ci conoscessimo...».
«Non capisco».
«Mi hai vista diventare una di voi». Scandii appena le parole.
Lei sospirò. «All’epoca era una possibilità».
«All’epoca».
«In verità, Bella...». Una pausa, come se stesse prendendo una decisione. «Sinceramente, penso che stiamo sfiorando il ridicolo. Sto prendendo in considerazione l’idea di trasformarti io stessa».
Restai a guardarla, impietrita dalla sorpresa. La mia mente oppose resistenza immediata alle sue parole. Non potevo permettermi di sperare una cosa del genere, e poi di non vederla avverarsi.
«Ti ho messo paura?», chiese. «Pensavo fosse ciò che desideri».
«Ma certo!», esclamai. «Oh, Alice, fallo ora! Potrei esserti d’aiuto e non d’impaccio. Mordimi!».
Mi fece segno di tacere. Lo steward ci lanciò un’altra occhiataccia. «Cerca di ragionare», sussurrò lei. «Non c’è tempo. Dobbiamo raggiungere Volterra domani. Per qualche giorno saresti in balia del dolore». Fece una smorfia. «E non credo che gli altri passeggeri reagirebbero bene».
Non sapevo che dire. «Se non lo fai ora, cambierai idea».
«No». Si accigliò, triste. «Non credo. Lui andrebbe su tutte le furie, ma a quel punto cos’altro potrebbe fare?».
Il mio cuore batteva forte. «Niente di niente».
Alice soffocò una risata e sospirò. «Hai troppa fiducia in me, Bella. Non so se ne sarei capace. Potrei anche ucciderti, lo sai».
«Sono pronta a rischiare».
«Come essere umano, sei proprio strana».
«Grazie».
«E poi, questa per ora è solo un’idea. Quel che conta è sopravvivere fino a domani»,
«Ben detto». Almeno avevo qualcosa in cui sperare, nel caso ce l’avessimo fatta. Se Alice avesse mantenuto la promessa—senza uccidermi—Edward sarebbe stato libero di correre dietro a tutte le distrazioni che voleva e io l’avrei seguito. Non l’avrei lasciato distrarre. Forse, se fossi diventata forte e bellissima, non ne avrebbe più avuto bisogno.
«Continua a dormire. Ti sveglierò appena ho altre notizie».
«Va bene», borbottai, sicura che ormai non sarei riuscita a chiudere occhio. Alice sollevò le ginocchia, cingendole con le braccia e appoggiandovi il mento. Si concentrava ondeggiando avanti e indietro. Appoggiai la testa al sedile, la guardai e un istante dopo la sentii picchiettare contro l’oblò, illuminato dalla luce fioca del cielo a oriente.
«Che succede?», farfugliai.
«Gli hanno risposto di no», disse piano. Mi accorsi all’istante che il suo entusiasmo era scomparso.
Il panico soffocò le mie parole. «Cos’ha deciso di fare?».
«Sulle prime, è stato molto caotico. Lampi di visioni, perché aveva le idee confuse».
«Idee di che genere?».
«È stato un brutto momento», sussurrò. «Aveva deciso di andare a caccia».
Restò a fissare la mia espressione dubbiosa.
«Dentro la città», precisò. «Ci è andato molto vicino. Ha cambiato idea all’ultimo minuto».
«Non oserà deludere Carlisle», mormorai.
«Probabilmente no».
«Siamo ancora in tempo?». Mentre parlavo, sentii una variazione nella pressione della cabina. L’aereo aveva virato, scendendo di quota.
«Spero di sì... se rispetterà l’ultima decisione».
«Cioè?».
«Semplice. Vuole esporsi al sole in pieno giorno».
Esporsi al sole. Ecco tutto.
Sarebbe bastato. L’immagine di Edward nella radura, luminoso e sfavillante come se la sua pelle fosse ricoperta da un milione di diamanti sfaccettati, era rimasta scolpita nella mia memoria. Nessun essere umano avrebbe mai dimenticato una cosa del genere. I Volturi non potevano concederglielo. Non se volevano restare in incognito nella propria città.
Osservai la luce leggera, grigio chiaro, che filtrava dall’oblò scoperto. «Arriveremo in ritardo», sussurrai, con la gola chiusa dal panico.
Alice scosse la testa. «Al momento sta assecondando il proprio lato melodrammatico. Vuole farlo di fronte a un pubblico più numeroso possibile, perciò ha scelto la piazza principale, sotto il campanile. Là, le mura sono alte. Aspetterà di avere il sole esattamente sulla testa».
«Perciò abbiamo tempo fino a mezzogiorno?».
«Se siamo fortunate, sì. Speriamo che non cambi idea».