«Capisco.» Tickner spostò lo sguardo su Regan, che in quel momento sembrava stesse seguendo qualche altro pensiero. «Ha scelto lei perché era stata un’agente federale?»
«Sì.»
«E anche perché voi due avevate…» Tickner fece un gesto vago «un legame particolare.»
«Tanto tempo fa.»
«Non più?»
«No, non più.»
«Mmm, non più» ripeté lui. «E ciò nonostante lei decide di rivolgersi alla Mills per una faccenda nella quale è in ballo la vita di sua figlia. Interessante.»
«Mi fa piacere che lo pensi» commentò Lenny. «A proposito, mi spiega dove vuole arrivare?»
Tickner lo ignorò. «Quando aveva visto per l’ultima volta la Mills, prima di oggi?» mi chiese.
«E questo che differenza fa?» obiettò Lenny.
«La prego, dottor Seidman, risponda alla mia domanda.»
«No, fin quando non sapremo…»
Lo interruppi posandogli una mano sul braccio. Sapevo che cos’aveva in mente, mi era bastato vedere l’atteggiamento di sfida che aveva automaticamente assunto. La cosa mi faceva piacere, ma al tempo stesso volevo che quell’interrogatorio terminasse il più presto possibile.
«Circa un mese fa» risposi.
«In quali circostanze?»
«L’ho incontrata al supermercato Stop Shop, in Northwood Avenue.»
«Incontrata?»
«Sì.»
«Una coincidenza, quindi? Nessuno dei due sapeva che l’altro si trovava lì, vi siete trovati di fronte all’improvviso?»
«Sì.»
Tickner si girò nuovamente a guardare Regan, che non mosse un muscolo, non provò nemmeno a grattarsi la barbetta.
«E prima?»
«Prima che cosa?»
«Prima che lei incontrasse» e Tickner caricò il verbo del maggior sarcasmo possibile «la signora Mills allo Stop Shop, quando era stata l’ultima volta che l’aveva vista?»
«Ai tempi del college.»
Ancora una volta il federale si voltò di scatto verso Regan, con un’espressione visibilmente incredula. E quando riportò lo sguardo su di me gli occhiali gli ricaddero sul naso, ma lui se li rimise sulla testa. «Ci sta dicendo, dottor Seidman, che dai tempi del college a oggi lei ha visto la signora Mills soltanto una volta, cioè quel giorno al supermercato?»
«È esattamente quello che vi sto dicendo.»
Tickner per un momento sembrò spiazzato. Lenny lo guardò come se avesse qualcosa da aggiungere, poi decise di tenerlo per sé, per il momento.
«Vi siete parlati al telefono?» chiese ancora Tickner.
«Prima di oggi?»
«Sì.»
«No.»
«Mai? Non vi siete mai telefonati prima di oggi? Nemmeno quando avevate una storia?»
«Gesù Cristo, ma che razza di domanda è?» sbottò Lenny.
Tickner si voltò di scatto verso di lui. «Ha qualche problema?»
«Sì, le sue domande sono idiote.»
Ripresero a lanciarsi sguardi di fuoco. Ruppi il silenzio. «Non parlavo al telefono con Rachel dai tempi del college.»
Tickner questa volta si voltò verso di me, con un’espressione apertamente scettica. Io guardai Regan alle sue spalle, che annuiva. Mi sembrò che avessero entrambi la guardia abbassata e tentai l’affondo. «Avete trovato l’uomo e il bambino sulla Honda Accord?» chiesi.
Il federale valutò per qualche secondo la domanda, poi si volse verso Regan che si strinse nelle spalle, quasi a dire: “Perché no?”. «Abbiamo trovato l’auto, era stata abbandonata a Broadway, nei pressi della Centoquarantacinquesima Strada. Era stata rubata poche ore prima.» Tickner estrasse il taccuino, ma non lo consultò. «Quando l’abbiamo vista al parco, dottor Seidman, lei ha gridato qualcosa a proposito di sua figlia. Pensa che fosse lei la bambina dentro quell’auto?»
«È quello che credevo all’inizio.»
«E adesso non più?»
«No, non era Tara.»
«Come mai ha cambiato idea?»
«L’ho visto. Il bambino, voglio dire.»
«Ah, era un bambino?»
«Credo di sì.»
«Quando l’ha visto?»
«Quando sono saltato sopra l’auto.»
Tickner allargò le braccia. «Che ne direbbe di cominciare dal principio e raccontarci che cos’è successo esattamente?»
Raccontai loro la stessa storia che avevo detto a Lenny. Regan, che non aveva ancora aperto bocca, rimase con la schiena appoggiata alla parete. Lo trovai strano. Mentre parlavo Tickner sembrava sempre più agitato, la pelle della sua testa rasata si fece tesa, gli occhiali cominciarono a scivolargli in avanti e lui ogni volta li tirava su. Vidi che gli pulsava una tempia, teneva la mascella serrata.
«Lei sta mentendo» disse, quando ebbi terminato.
Lenny andò a piazzarsi fra Tickner e il mio letto e per un momento temetti che stessero per venire alle mani, cosa che, devo ammetterlo, non sarebbe andata a vantaggio del mio amico. Ma lui non si tirava mai indietro. Mi venne in mente quella volta che, in terza elementare, Tony Merullo mi sfidò a pugni. Lenny si mise in mezzo e affrontò coraggiosamente Tony… e le prese di santa ragione.
Lenny si piantò a pochi centimetri dal federale, molto più grosso di lui. «Che diavolo ha detto, agente Tickner?»
«Il suo cliente è un bugiardo.»
«Signori, il colloquio è terminato. Uscite.»
Tickner piegò la testa e con la fronte andò a toccare quella di Lenny. «Abbiamo le prove che sta mentendo.»
«Vediamole. Anzi no, non voglio vederle. State arrestando il mio cliente?»
«No.»
«Allora toglietevi dalle palle e uscite da questa stanza.»
«Lenny…» dissi.
Dopo aver dato un’ultima occhiata di fuoco a Tickner, per fargli capire di non essere stato intimidito, Lenny riportò la sua attenzione su di me.
«Chiudiamola qui» dissi.
«Sta cercando di accusarti.»
Feci spallucce, perché in effetti non me ne importava nulla, e credo che Lenny se ne accorse, perché si mise in disparte. Feci segno a Tickner di andare avanti.
«Lei Rachel l’aveva già vista prima di oggi.»
«Le ho detto…»
«Se non l’aveva vista e non le aveva parlato, come faceva a sapere che era stata un’agente federale?»
Lenny si mise a ridere.
Tickner si voltò a guardarlo. «Che cos’ha da ridere?»
«Perché, pezzo di scemo, Rachel Mills è amica di mia moglie.»
Sembrò confuso. «Che cosa?»
«Io e mia moglie parliamo spesso con Rachel, siamo stati noi a presentarla al qui presente Marc Seidman.» Lenny si fece un’altra risata. «Sarebbe questa la sua prova?»
«No, non è questa la mia prova.» Tickner, adesso sulla difensiva, si rivolse a me. «Questa storia della telefonata con la richiesta di riscatto e della vecchia amica ritrovata per caso: è davvero convinto che stia in piedi?»
«Perché, secondo lei come sono andate invece le cose?»
Lui rimase in silenzio.
«Pensa che sia stato io, vero? Che si tratti di un mio piano per spillare altri due milioni di dollari a mio suocero?»
Lenny tentò di calmarmi. «Marc…»
«No, adesso invece parlo io.» Cercai di coinvolgere Regan, che però guardava da un’altra parte. Quindi fissai Tickner. «Crede davvero che sia stato io a mettere in piedi questa storia? E perché farla così complicata, con quell’incontro nel parco per la consegna del riscatto? Come facevo a sapere che mi avreste trovato?… Anzi, che diavolo, non so ancora come abbiate fatto. Perché mi sarei preso il disturbo di aggrapparmi a quell’auto? Non facevo prima a prendere i soldi, nasconderli e poi inventarmi qualcosa per Edgar? Se ho messo in piedi io questo piano, che bisogno avevo di servirmi dell’uomo con la camicia a scacchi? Eh? Perché coinvolgere un’altra persona, per giunta con un’auto rubata? Andiamo, si rende conto di quanto sia assurdo?»