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― Osvaldo, ― risponde Alberto Alberto, ― sappi che a noi succede la stessa cosa. Te lo giuro con una mano sul mio saldator.

― Cosa? Volevi forse dire sul tuo trebbiator?

― No, no, volevo proprio dire sul mio viceispettor.

A questo punto è chiaro che né Alberto Alberto né Osvaldo riescono più a pronunciare la parola cuor. E con amor sono due. Essi hanno perso la rima che ha fatto, pur fra tante lotte intestine, la loro fortuna!

La guerra viene immediatamente sospesa. Poeti e musicisti vengono spediti ai quattro punti cardinali a cercare le due parole perdute.

― Portatele qui, vive o morte !

Si frugano i cespugli, si esplorano le caverne, si rastrella il Parco Nazionale d’Abruzzo, si scalano le Alpi Cozie; ma cuor e amor non si trovano. Il fatto è che gli uomini non riescono nemmeno a chiamarle per nome. Ogni volta che ci si provano, essi riescono solo a gridare: Temporeggiator!, Ultracondensator!, Televisor!, Buoni del Tesor!...

Le indagini durano sei mesi e centoventi giorni. Poi cessano per mancanza di fondi. Alberto Alberto e Osvaldo, infatti, dopo aver profuso tutte le loro ricchezze nelle ricerche, ridotti in miseria, si danno all’elemosina.

Le bande si danno al saccheggio. Oscar se la passa meglio, vendendo sui mercati le lacrime del Poeta Piangente (ne possiede ancora sette ettolitri), ma per smerciare quel prezioso liquido è costretto a sostenere, mentendo per la gola, che si tratta di una lozione per far crescere i denti.

Gli esperti sostengono che le parole cuor e amor non sono fuggite, non sono state rapite da estranei, non si sono sperdute nella macchia, ma si sono semplicemente consumate per il troppo uso, come le saponette quando si riducono a minuscole scaglie che scompaiono senza rimpianti nello scarico della vasca da bagno, tra un funesto gorgogliare di acque sporche.

Il dottore è fuori stanza

Quando la Ternana perde, in casa o fuori casa, il dottor Foresti va in ufficio di pessimo umore, chiama la fedele segretaria e le ordina: ― Non ci sono per nessuno.

La verità è che egli è fuori di sé per la rabbia. Tanto fuori di sé che in ufficio, sulla poltrona davanti alla scrivania, rimangono solo i suoi vestiti, sotto la scrivania le scarpe con dentro i calzini; e il dottor Foresti propriamente detto si ritrova fuori porta, in un posto solitario, e vaga nudo per i campi, dando fuori la sua disperazione.

La fedele segretaria lo sa, ma non lo dice a nessuno. Essa lo ama alla follia e piuttosto che tradire il suo segreto si farebbe fare a Pezzi. A chi fa ricerca del dottor Foresti, per telefono o con altri mezzi, essa risponde la Pura verità: ― È fuori stanza. Dopo un’oretta o due il dottor Foresti ritorna nella stanza e nei pantaloni, chiama uno dopo l’altro gli impiegati da lui dipendenti e li strapazza senza pietà, terminando ogni volta la ramanzina con un terribile: ― Fuori di qui!

Di piano in piano si sparge la voce che il dottor Foresti è fuori dei gangheri e tutti abbassano la testa pensosa sulle pratiche inevase.

Bisogna aggiungere che, indipendentemente dalle gesta della Ternana, il dottor Foresti riesce spesso, per i più futili motivi, ad arrabbiarsi fuor di misura. E allora eccolo fuori di sé, fuori città, fuori via, sempre più fuori...

Ogni mattina capita in un posto fuori mano, fuori di questo mondo, dove si ritrovano tutte le persone che la rabbia fa uscire di sé.

― Si copra, ― dice una voce forestiera, ― non dia spettacolo.

Il dottor Foresti nota con sorpresa che gli altri sono più o meno vestiti e accetta in prestito una vestaglia a fiori.

― Si vede che lei è nuovo, ― dice un signore in divisa da generale in pensione. ― Noi qui ci siamo organizzati, capisce? Abbiamo messo su una specie di guardaroba, così quando capitiamo qui non dobbiamo battere i denti per il freddo.

― Capisco, ― dice il dottor Foresti. ― Ma che razza di... Volevo dire, che posto è questo?

― È il Paese di Fuori, no? Dia un’occhiata in giro.

Il dottor Foresti, con gli occhi di fuori per la meraviglia, scopre che il posto è popolatissimo. A parte le persone fuori di sé per motivi personali, ci sono numerosi campioni fuori forma, fiori fuori stagione, monete fuori corso, esemplari fuori commercio, discorsi fuori luogo, lettere fuori sacco, mobili fuori uso, artisti fuori concorso, uniformi fuori ordinanza, professori fuori ruolo, lepri fuori tiro, macchine fuori strada, malati fuori pericolo, musiche fuori programma e studenti mandati fuori dalla classe perché scrivevano bigliettini alle compagne. C’è anche qualche fuorilegge che di quando in quando movimenta l’ambiente, gridando: ―Fuori la borsa!

Gli altri non si scompongono. Per lo più giocano a briscola o a tresette. Il dottor Foresti viene gentilmente invitato a fare il quarto a scopa, ma declina ringraziando perché non può stare fuori tanto.

― Torni presto, allora.

― Non mancherò.

Rientra nella sua giacca, chiama la fedele segretaria e le domanda se lo ha cercato nessuno.

― Sì, un tale venuto da fuori.

― Lo mandi fuori dalle scatole. Gli dica che fuori orario non ricevo.

La verità è che vuol restare solo per ripensare a quella gente del Paese di Fuori.

― Gente simpatica. Domani ci faccio un’altra scappata.

La mattina dopo è così contento della prospettiva di un nuovo viaggetto fuori di sé, che non riesce proprio ad arrabbiarsi. Prova con la fedele segretaria, prova con l’usciere, la cui vista di solito basta a metterlo fuori dalla grazia di Dio... Niente da fare.

― Sono fuori fase, ― borbotta. Poi, per fortuna, comincia ad arrabbiarsi con sé stesso perché non è più capace di arrabbiarsi, e in pochi minuti arriva al punto giusto... Ecco fatto.

― Salve, dottor Foresti, ― dice una voce. ― È tornato davvero, eh? Tanti lo promettono, ma poi se ne scordano.

Sono gli stessi amici di ieri, pronti per lo scopone scientifico. In più c’è qualche calciatore fuori gioco e un ciclista giunto al traguardo fuori tempo massimo. Si sta tanto bene, là fuori. Si chiacchiera del più e del meno, ma anche del Totocalcio. C’è li un calzolaio di Torpignattara che ha vinto settecentonovantanove milioni con un tredici.

― Cosa? ― domanda il dottor Foresti. ― Quanto???

― Settecentonovantanove milioni e rotti.

― Scusi l’indiscrezione, ma che ci sta a fare qui?

― Questo è il punto, caro dottore. Quando sono stato sicuro della vincita, capirà, non stavo più nella pelle dalla contentezza. E mi sono trovato qui.

― Ma perché non torna laggiù?

― Ho appena finito di dirglielo: quella pelle è diventata troppo stretta per me, non riesco più a infilarmela. Ora mi rimane fuori un piede, ora tutte e due le orecchie... Lei cosa mi consiglia?

― Potrebbe incassare la vincita per procura.

― Già, così i milioni se li gode mio cognato...

― Eppure, ― dice il dottor Foresti, riflettendo, ― un sistema ci sarebbe. Lei, mettiamo, fa incassare la vincita da una persona di sua fiducia. Questa persona gliela porta qui; però prima di consegnarle i soldi c’infila, mettiamo, una moneta da cento lire falsa. Lei conta i soldi, scopre la moneta falsa, ci si arrabbia tanto che la sua contentezza le passa, diventa magro al punto giusto e la sua pelle le va bene come prima.

― Lei è un fuoriclasse! ― esclama il calzolaio di Torpignattara al colmo dell’entusiasmo. ― Mi fido soltanto di lei! Eccole la schedina, incassi i settecentonovantanove milioni e i rotti sono suoi.