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― Quanti sono i rotti?

― Sessanta lire.

― Ottimo, ― dice il dottor Foresti. ― Ne aggiungo altre venti e mi prendo un magnifico caffè.

Il calzolaio di Torpignattara consegna la schedina al dottor Foresti. Tutti applaudono. Il dottor Foresti si pavoneggia un po’, col mento in fuori, poi torna in ufficio, chiama la fedele segretaria e le annuncia:

― Signorina, vado fuori all’aperto, ma lei dica a tutti che sono al gabinetto.

― Posso dire che è in bagno? ― domanda la fedele segretaria, abbassando gli occhi.

― Lei è una segretaria perfetta, ― approva il dottor Foresti.

Egli corre in banca, si fa annunciare al direttore e in gran segreto gli domanda:

― Ha presente lo sconosciuto vincitore dei settecentonovantanove milioni al Totocalcio?

― Ebbene? ― domanda a sua volta il direttore, col cuore in gola. ― Fuori il nome!

― Foresti Carmelo: sono io.

― Fuori le prove!

Il dottor Foresti mostra la schedina. Il direttore si mette sull’attenti, pancia in dentro e petto in fuori, abbraccia il vincitore e gli dichiara:

― Lei è il più bel giorno della mia vita. Fattorini, presto: portatemi settecentonovantanove milioni e rotti. Glieli incarto dottore?

― Ho qui una busta di plastica della sartoria Furilla, andrà benissimo. Arrivederci e grazie.

― Grazie a lei.

Il dottor Foresti per prima cosa si reca in incognito a comprare una fuoriserie e un fuoribordo; poi, senza lasciarsi fuorviare dall’improvvisa fortuna, va a casa, nasconde i soldi in frigorifero e torna in ufficio. Da questo suo comportamento risulta che egli ha già deciso di tagliar fuori il calzolaio di Torpignattara dall’usufrutto dei milioni. Ma per riuscire in questo intento gli occorrerà molta pazienza, evitare le arrabbiature, non correre il rischio di ricapitare ― mai non sia! ― nel Paese di Fuori, dove per lui sarebbe pianto e strider di denti.

In altre parole, il dottor Foresti è costretto a diventare a vista d’occhio il capufficio più tollerante che si sia mai visto: amorevole con i dipendenti, incoraggiante con la fedele segretaria, democratico con i fattorini, dolce con gli uscieri e i motociclisti a mano, diplomatico con i visitatori. Un cambiamento da così a così.

Gli impiegati si passano parola: ― Capufficio nuovo, vita nuova.

Comincia il dottor Carlini a entrare senza bussare. E lui, che in altri tempi lo avrebbe fatto volare fuori dalla finestra, non batte ciglio. Il dottor Carloni, quando il dottor Foresti lo fa chiamare, gli manda a dire che non ha tempo perché deve finire di fare le parole crociate; e lui rimane calmo e placido come il Piave al passaggio dei primi fanti il Ventiquattro Maggio. Il dottor Carlucci aspetta che il dottor Foresti esca in corridoio e gli strofina un cerino sulla schiena per accendersi la sigaretta. Foresti sorride con signorile indulgenza. Il dottor Carlozzi gli rompe due noci in testa, essendo momentaneamente sprovvisto di schiaccianoci, e Foresti scoppia addirittura a ridere, dicendo: ― Ma lo sa che è un bel burlone, lei, dottor Carlozzi?

Da tutti i piani dell’immenso edificio arrivano impiegati, sia d’ordine sia di concetto, per fare esperimenti con il dottor Foresti. Piazzano fornellini a spirito sulla sua scrivania per cuocersi le uova al tegame, gli spengono le cicche nel barattolo della colla, si fanno prestare da lui le bretelle per fare la mezzafionda...

― Una pasta d’uomo, ― dicono tutti, ― d’una pazienza fuor del comune.

La curiosità dilaga. Impiegati che lavorano in altri quartieri della città chiedono mezza giornata di permesso per andare a vedere il dottor Foresti e accompagnano il cane a far pipì contro la sua poltrona. Da lontane province, con tutti i mezzi di trasporto, giungono pellegrinaggi di impiegati per scrivere parolacce col carbone sulle pareti del suo ufficio. E lui si mantiene calmo come il mare quando è calmo. Ma la sera, dopo l’ufficio, va in palestra a prendere lezioni di pugilato, per imparare a incassare senza arrabbiarsi. Tra un paio d’anni, quando il sarto avrà finito di fargli il vestito nuovo, fuggirà nelle Azzorre e nessuno saprà mai più nulla di lui...

Ma un brutto giorno alla signora Teodora Mentuccia, che non c’entra niente con questa storia, che non si sa nemmeno se sia nubile o maritata (è proprio il colmo!), salta in mente che si è dimenticata di annaffiare i gerani del balcone e si affretta a rimediare a quella imperdonabile lacuna proprio nel momento in cui, sotto il citato balcone, sta passando il dottor Foresti. L’acqua fredda, precipitando dal balcone dopo aver bagnato i fiori, annaffia anche la testa del dottor Foresti, gli allaga la nuca e gli penetra nella schiena. Il dottor Foresti, che non era preparato a questo crudele colpo del destino, esclama: ― Porca miseria!

Incapace d’intendere e di volere, egli si arrabbia tanto che in pochi secondi è fuori di sé... È fuori dal mondo...

― Ah, eccolo il nostro dottore! Fuori i soldi, mascalzone!

Il calzolaio di Torpignattara lascia a metà la partita e acchiappa per i capelli il dottor Foresti, mentre tutta la gente del Paese di Fuori sospende le sue attività per prender nota di quello spettacolo fuori dell’usuale.

“Ci sono cascato”, pensa il dottor Foresti. E immediatamente decide di fingere indifferenza e qui pro quo.

― Ce l’ha con me? ― egli domanda al calzolaio di Torpignattara. ― Guardi che è fuori pista. Lei mi scambia con mio cugino, il dottor Sembianti. Succede a molti, perché ci assomigliamo come due biglietti da diecimila. Solo che lui è davvero un mascalzone, sempre dentro e fuori dalle patrie galere.

― Sono tre mesi che ti aspetto, ― insiste il calzolaio di Torpignattara, ― e non ti mollo, se non cacci fuori i quattrini.

Ne nasce un incontro di pugilato. Il dottor Foresti ha un nuovo motivo per rallegrarsi di aver preso lezioni in questa interessante materia. Con un diretto alla mascella, doppiato da un colpo al fegato e da un calcio negli stinchi, egli mette rapidamente fuori combattimento il povero calzolaretto.

Ma gli astanti non sopportano la sua slealtà e lo sbattono fuori del Paese di Fuori... Il dottor Foresti si ritrova sotto il balcone della signora Mentuccia ad asciugarsi il collo e la nuca. Sorpresa: a due passi da lui, ecco il calzolaio di Torpignattara: la sconfitta per K.O. lo ha tanto rattristato che egli è potuto rientrare nella propria pelle ed ora reclama il suo avere, minacciando il dottor Foresti di denunciarlo come persecutore di calzolai. E aggiunge, per buon peso: ― Guarda che ho sette fratelli, tutti e sette campioni laziali dei medio-massimi!

L’argomento convince il dottor Foresti ad arrendersi. Il calzolaio viene finalmente in possesso dei soldi, della fuoriserie e del fuoribordo. Ma egli è, in fondo, un cuor d’oro. Al dottor Foresti lascia generosamente i rotti, cioè le sessanta lire, e non gli nega una parola d’incoraggiamento: ― Tieni, dotto’: prova con questi a rifarti una vita. Ma stammi fuori dai piedi per sempre...

Il pescatore di ponte Garibaldi

Il signor Alberto, detto Albertone, più che altro è un pescatore di città: pesca dal ponte Garibaldi, nelle acque del Tevere, o anche da altri ponti, con la stessa lenza, ma non sempre con la stessa esca, perché ci sono pesci che amano il fico, altri il grillo, altri il begattino. Il guaio è che al signor Albertone i pesci non vogliono bene per niente. Al suo amo non abboccano né inverno né estate. E lui quello che passa intere giornate appoggiato al parapetto in attesa che una scardola, o almeno una misera arborella, abbiano compassione del suo galleggiante e gli diano quello strappo che tira sott’acqua anche il cuore del pescatore verace. Passate in macchina sul ponte venendo dal viale Trastevere in direzione di via Arenula, alle otto di mattina; ripassate verso il tramonto, rifacendo lo stesso percorso in senso inverso; incaricate un amico di passare e ripassare sul ponte, a ore diverse, mentre voi siete a bottega, per controllare: Albertone è sempre là di schiena. Forse verso sera per la delusione, è diventato un po’ più piccolo, ma è sempre lui.