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Mi stavo aggirando ai margini della faccenda quando Blondie fece un salto da me e mi disse che era l’ora della biada. — E ho l’ordine di controllare che tu non passi più di otto ore al giorno davanti al terminale, e per di più ogni settimana devi prenderti un intero weekend.

— Ah. Vecchio tiranno bastardo.

Ci avviammo in mensa. — Friday…

— Sì, Blondie?

— Tu trovi il Padrone bisbetico e a volte difficile.

— Correzione. È sempre difficile.

— Mmm, sì. Ma quello che forse non sai è che soffre di continuo. — Aggiunse: — Non può più prendere farmaci per controllare il Colore.

Camminammo in silenzio, mentre io masticavo e inghiottivo l’informazione. — Blondie, cosa ha?

— Niente, in effetti. Direi che è in buona salute… Per la sua età.

— Quanti anni ha?

— Non lo so. Da quello che ho sentito so che ha più di cento anni. Quanti di più non saprei immaginarlo.

— Oh, no! Blondie, quando ho cominciato a lavorare per lui non poteva averne più di settanta. Sì, usava già i bastoni, ma era molto agile. Svelto come tutti gli altri.

— Be’, non è una cosa importante. Però cerca di ricordarti che soffre. Se ti tratta male, è il suo dolore che parla. Ha un’opinione altissima di te.

— Cosa te lo fa pensare?

— Ah… Ho parlato troppo del mio paziente. Mangiamo.

Studiando il complesso industriale Shipstone non tentai di studiare gli Shipstone. Il modo, l’unico modo per studiarli sarebbe stato tornare a scuola, prendere una laurea in fisica, aggiungere un intenso dottorato di ricerca sullo stato solido e sul plasma, trovare un impiego in una delle aziende Shipstone e fare talmente colpo con la mia lealtà e il mio ingegno da essere ammessa, dopo chissà quanto, nei circoli esclusivi che controllano produzione e standard qualitativi.

Siccome tutto ciò significava una ventina d’anni, e visto che non avevo intrapreso quella carriera da ragazzina, partii dal presupposto che Boss non avesse in mente per me quella rotta.

Quindi, permettetemi di citare dalla storia ufficiale, ovvero dalla propaganda:

Prometeus, Breve Biografia e Sommario Resoconto dellie Incomparabili Scoperte di Daniel Thomas Shipstone, B.S., MA.; Ph.D., LL.D., L.H.D., e del Benevolo Sistema da Lui fondato.

…E così il giovane Daniel Shipstone vide immediatamente che il problema non era la scarsezza d’energia, ma stava nel trasporto dell’energia. L’energia è in ogni dove: nella luce del sole, nel vento, nei fiumi di montagna, nei gradienti di temperatura di ogni tipo ovunque essi siano, nel carbone, nel petrolio, nei giacimenti radioattivi, nelle cose verdi che crescono. Soprattutto negli abissi oceanici e nello spazio esterno l’energia è liberamente disponibile in quantità che vanno oltre ogni comprensione umana.

Chi parlava di «scarsezza dell’energia» e di «risparmiare energia» semplicemente non capiva la situazione. Dal cielo «pioveva manna»; occorreva soltanto un secchio per raccoglierla.

Con l’incoraggiamento della devota moglie Muriel (nata Greentree), che tornò a lavorare per non far mancare il cibo sulla tavola, il giovane Shipstone diede le dimissioni dalla General Atomics e divenne il più americano degli eroi mitici, l’inventore che fa tutto in cantina. Sette faticosi e frustranti anni più tardi aveva fabbricato di propria mano il primo Shipstone. Aveva trovato…

Quello che aveva trovato era il modo per immagazzinare più kilowatt-ora in uno spazio più piccolo e in una massa più piccola di quelli mai sognati da ogni altro ricercatore. Definirlo una «batteria migliorata» (qualcuno lo aveva fatto, i primi tempi) è come definire una bomba H un «fuoco d’artificio migliorato». Ciò che Shipstone aveva realizzato era la distruzione totale della maggiore industria (a parte la religione organizzata) del mondo occidentale.

Per ciò che accadde dopo devo attingere dalla «spazzatura» e da altre fonti indipendenti, perché non credo alla versione dolce e smielata offerta dalla società. Eccovi un discorso ipotetico attribuito a Muriel Shipstone:

— Ragazzo mio, tu non lo brevetterai. Cosa otterresti? Diciassette anni d’esclusiva al massimo… e nemmeno un anno nei tre quarti del globo. Se lo brevettassi o cercassi di farlo, la Edison, la P.G. and E., la Standard ti legherebbero le mani con ingiunzioni e cause e sosterrebbero che hai infranto i loro brevetti e non so che altro. Ma hai detto tu stesso che potresti mettere uno dei tuoi aggeggi in una stanza col miglior gruppo di ricercatori che la G.A. possa mettere assieme, e al massimo potrebbero fonderlo e nel peggiore dei casi finirebbero per saltare in aria. Lo hai detto tu. Parlavi sul serio?

— Certo. Se non sanno in che modo inserisco il…

— Zitto! Non voglio saperlo. E i muri hanno orecchie. Non faremo nessuna strombazzata d’annuncio. Cominceremo semplicemente a produrre. Nel posto dove oggi l’energia costa meno. Qual è questo posto?

L’autore della spazzatura se la prendeva in continuazione col «monopolio crudele e spietato» esercitato dal complesso Shipstone a danno delle necessità basilari della «povera gente di ogni luogo». Io non riuscivo a vederla così. La Shipstone e le sue industrie avevano solo reso abbondante ed economico ciò che prima era scarso e caro; questo sarebbe «crudele» e «spietato»?

Le industrie Shipstone non hanno il monopolio dell’energia. Non posseggono carbone o petrolio o uranio o acqua. Hanno in affitto molti, molti acri di terreno deserto… Ma esistono ancora parecchi deserti che la Shipstone non sfrutta e dove nessuno raccoglie la luce del sole. In quanto allo spazio, è impossibile intercettare anche solo l’uno per cento di tutta la luce solare che va sprecata all’interno dell’orbita lunare, impossibile per un fattore di molti milioni. Fate i conti voi stessi, se no non crederete mai alla risposta.

Allora qual è il loro delitto?

È un duplice delitto.

a) Le aziende Shipstone sono colpevoli di fornire energia alla razza umana a prezzi inferiori a quelli dei loro concorrenti.

b) In modo malvagio e antidemocratico, si rifiutano di divulgare il segreto industriale sullo stadio finale d’assemblaggio di uno Shipstone.

Quest’ultimo, agli occhi di molta gente, è un delitto capitale. Il mio terminale scavò fuori parecchi editoriali sul «diritto di tutti di sapere», altri sulla «insolenza dei monopoli giganti», e ulteriori manifestazioni di sacrosanta indignazione.

Il complesso Shipstone è un mammut, vero, perché fornisce energia economica a miliardi di persone che vogliono energia economica e ne vogliono sempre di più ogni anno. Ma non è un monopolio perché non possiede l’esclusiva sull’energia; si limita a impacchettarla e a spedirla ovunque sia richiesta. Quei miliardi di clienti potrebbero mandare in bancarotta il complesso Shipstone praticamente da un giorno all’altro, se tornassero alle vecchie tecniche: «bruciare» uranio, distribuire energia lungo canali in rame e alluminio lunghi interi continenti e/o lunghi treni e lunghe carovane di camion cariche di carbone.

Però nessuno, a quanto accertò il mio terminale, vuole tornare ai brutti vecchi giorni quando il paesaggio era sfigurato in un’infinità di modi e l’aria stessa era carica di fetori e agenti cancerogeni e depositi, e gli ignoranti avevano una fifa matta dell’energia nucleare, e tutta l’energia era scarsa e costosa. No, nessuno vuole i vecchi brutti metodi; anche i critici più radicali vogliono un’energia economica e facilmente disponibile… Solo vorrebbero che le aziende Shipstone togliessero il disturbo e andassero a farsi friggere.

«Il diritto di tutti di sapere»: il diritto di sapere cosa? Daniel Shipstone, armatosi di robuste conoscenze di matematica superiore e fisica, si è infilato in cantina e ha sopportato pazientemente sette anni di vacche magre e difficoltà, e così ha imparato ad applicare nella pratica un aspetto delle leggi naturali che gli ha permesso di costruire uno Shipstone.