Dieci minuti più tardi eravamo al Dunes. La sistemazione era più o meno la stessa che a San José, solo che questo appartamento aveva l’etichetta «orgiastico». Non capivo perché. Uno specchio sul soffitto e aspirina e Alka-Seltzer in bagno non bastavano a giustificare il nome; il mio istruttore al corso per etere avrebbe riso di scherno. Comunque immagino che la maggior parte dei clienti non possedesse il vantaggio di un’istruzione a livello superiore; mi è stato detto che la maggior parte della gente non ha alcuna educazione formale. Mi sono chiesta spesso chi faccia loro da insegnante: i genitori? Il rigido tabù dell’incesto fra gli umani è solo un tabù che riguarda il parlare dell’incesto, non il praticarlo?
Un giorno o l’altro spero di avere le risposte, ma non ho mai trovato qualcuno a cui chiederlo. Forse me lo dirà Janet. Un giorno o l’altro…
Decidemmo di rivederci a cena, poi Burt e Anna partirono per il salone e/o casinò, mentre Blondie e io ci trasferimmo al Parco Industriale. Burt voleva cercare un lavoro, ma aveva espresso l’intenzione di fare il diavolo a quattro prima di sistemarsi. Anna non disse nulla, ma secondo me voleva assaggiare il frutto proibito prima di intraprendere la carriera di nonna in pianta stabile. Solo Blondie aveva serie intenzioni di andare a caccia di un lavoro quel giorno. Io volevo trovare un lavoro, sì, ma prima dovevo pensare un po’.
Probabilmente, quasi certamente, sarei emigrata. Boss riteneva che dovessi farlo, ed era un motivo sufficiente. A parte quello, però, lo studio sui sintomi di decadenza nelle culture che mi aveva fatto iniziare aveva focalizzato la mia attenzione su cose che sapevo da tempo ma non avevo mai analizzato. Non ho mai avuto l’occhio critico per le culture in cui ho vissuto o che ho incontrato in viaggio. Vi prego di capire che una persona artificiale è uno straniero perenne ovunque si trovi, per quanto a lungo si fermi. Nessuna nazione poteva essere la mia, quindi, perché pensarci?
Ma quando cominciai a studiare, vidi che questo vecchio pianeta era conciato male. La Nuova Zelanda è un posto discreto, come anche il Canada Britannico, ma persino quei due paesi mostravano grossi segni di decadenza. Eppure, fra tutti, sono il meglio in assoluto.
Ma non acceleriamo i tempi. Cambiare pianeta è una cosa che non si fa due volte, a meno di essere favolosamente ricchi, e io non lo ero. Mi avrebbero sovvenzionato una emigrazione, quindi mi conveniva decisamente scegliere il pianeta giusto perché una volta partita, nessuno avrebbe corretto i miei errori.
A parte quello… Dov’era Janet?
Boss aveva un indirizzo o un codice telefonico per stabilire i contatti. Non io!
Boss aveva qualcuno infiltrato nella centrale di polizia di Winnipeg. Non io!
Boss possedeva la sua rete di Pinkerton estesa a tutto il pianeta. Non io!
Potevo provare a chiamarli di tanto in tanto. Lo avrei fatto. Potevo sentire l’Anzac e l’università di Manitoba. Lo avrei fatto. Potevo provare quel codice di Auckland e anche il Dipartimento biologia dell’università di Sydney. Lo avrei fatto.
Se niente di tutto questo funzionava, che altro potevo fare? Potevo andare a Sydney e cercare di convincere qualcuno, con le buone, a darmi l’indirizzo di casa o l’indirizzo del posto dove stava compiendo ricerche o che altro il professor Farnese. Ma non sarebbe costato poco; e di colpo ero stata forzata a capire che i viaggi, una cosa che in passato avevo sempre dato per scontata, sarebbero stati difficoltosi e forse impossibili. Un viaggio alla Nuova Galles del Sud prima che i semibalistici riprendessero il servizio sarebbe stato molto costoso. Era possibile, con la sotterranea e gli shuttle e facendo il giro di tre quarti del mondo… ma non sarebbe stato né facile né economico.
Forse potevo arruolarmi come etera di bordo sulla prima nave in partenza da San Francisco per l’altro emisfero. Questo sarebbe stato economico e facile; ma lunghissimo, anche a bordo di una cisterna a propulsione Shipstone in partenza da Watsonville. Un incrociatore a vele? Grazie, no.
Forse era meglio assumere un Pinkerton a Sydney. Cosa chiedevano? Me lo potevo permettere?
Mi occorsero meno di trentasei ore dalla morte di Boss per sbattere il muso nel fatto che non avevo mai imparato il vero valore di un grammo d’oro.
Riflettete su questo: sino ad allora, la mia esistenza aveva seguito solo tre binari economici.
a) In missione spendevo tutto ciò che occorreva.
b) A Christchurch spendevo qualcosa, ma non molto; soprattutto regali per la famiglia.
c) Alla fattoria, poi all’altro quartier generale, e più tardi a Pajaro Sands, avevo speso quasi nulla. Vitto e alloggio erano previsti dal contratto. Non bevevo e non giocavo. Se Anita non mi avesse dissanguata, avrei accumulato una bella sommetta.
Avevo condotto una vita nella bambagia, e di soldi non avevo mai saputo niente.
Però l’aritmetica semplice mi riesce anche senza usare un terminale. Avevo pagato in contanti la mia parte al Cabaña Hyatt. Per il biglietto per lo Stato Libero avevo usato la carta di credito, ma annotai anche quel costo. Annotai il prezzo giornaliero dell’appartamento al Dunes e tutte le altre spese, sia in contanti sia con la carta di credito; segnai anche quelle addebitate sul conto dell’hotel.
Vidi subito che vitto e alloggio in hotel di prima categoria avrebbero consumato in fretta ogni grammo d’oro di mia proprietà, anche se avessi speso zero, nix, swabo, nulla in viaggi, abiti, articoli di lusso, amici, emergenze. Come volevasi dimostrare. Dovevo trovarmi un lavoro, oppure partire per un viaggio di sola andata verso un pianeta colonizzato.
Mi venne l’orribile sospetto che Boss mi pagasse molto più di quanto io valga. Oh, sono un buon corriere, non ne esistono di migliori; ma quali sono gli stipendi medi dei corrieri?
Potevo arruolarmi come soldato semplice, poi (ne ero ragionevolmente certa) diventare sergente in fretta. Non che la cosa mi affascinasse troppo, ma forse avrei fatto quella fine. La vanità non è uno dei miei difetti; non posseggo la minima competenza per la maggior parte dei lavori civili, lo so.
C’era qualcosa che mi tirava, e qualcosa che mi spingeva. Non volevo andare da sola su un pianeta sconosciuto. Avevo paura. Avevo perso la mia famiglia ennezeta (se mai l’avevo avuta), Boss era morto, e mi sentivo come un povero pulcino sotto un cielo che sta per cadere. I veri amici che avevo tra i colleghi si erano dispersi ai quattro venti (a parte quei tre, che sarebbero partiti presto), ed ero riuscita a perdere Georges e Janet e Ian.
Persino con tutto lo sfavillio di Las Vegas attorno a me mi sentivo sola come Robinson Crusoe.
Volevo che Janet e Ian e Georges emigrassero con me. Allora non avrei avuto paura. Allora avrei potuto sorridere per l’intero viaggio.
E poi… La Morte Nera. Stava per arrivare la peste.
Sì, sì, avevo detto a Boss che la mia profezia di mezzanotte era assurda. Ma lui aveva ribattuto che il suo staff d’analisti aveva previsto la stessa cosa, entro quattro anni invece che tre. (Bella consolazione!)
Ero costretta a prendere sul serio la mia previsione. Dovevo avvertire Ian e Janet e Georges.
Non mi aspettavo di spaventarli; non credo che a quei tre vengano mai i brividi. Però volevo dire loro: — Se non vi va di emigrare, almeno prendete il mio avvertimento sul serio. State lontani dalle grandi città. Se salterà fuori un vaccino, fatevelo iniettare. Ma date retta al mio avvertimento.
Il Parco Industriale è sulla strada per la diga di Hoover; è lì che si trova il Centro Lavoro. Vegas non permette Vma all’interno della città, ma ci sono marciapiedi mobili dappertutto, e uno arriva al Parco Industriale. Per andare più oltre, fino alla diga o a Boulder City, c’è una linea di Vma. Avevo intenzione di servirmene, perché la Shipstone Valle della Morte ha in affitto una parte di deserto fra Las Vegas Est e Boulder City. La usa come centrale di carica, e volevo vederla per rendere più completo il mio studio.