— Lascia la tua domanda alla mia assistente. Non chiamarci. Ti chiameremo noi.
Tornai a casa e mi chiesi da che altre parti potessi cercare; oppure dovevo andare in Texas? Col signor Fawcett avevo fatto lo stesso stupido, imperdonabile errore che avevo già fatto con Brian… E Boss si sarebbe vergognato di me. Invece di raccogliere la sua sciocca sfida avrei dovuto insistere per una prova equa di professionalità; ma non avrei mai dovuto sfiorare con un dito l’uomo che poteva offrirmi lavoro. Stupida, Friday, stupida.
Non mi preoccupava il fatto di avere perso quel posto; era che ormai avevo perso qualunque possibilità di trovare un lavoro nelle Linee IperSpazio. Un posto dovevo trovarlo al più presto, per provvedere al sacro dovere di riempire lo stomaco di Friday (ammettiamolo, io mangio come un porcellino), ma non era detto che il lavoro dovesse essere proprio quello. Avevo deciso di partire con la IperSpazio perché un solo viaggio con loro mi avrebbe permesso di vedere di persona più di metà dei mondi colonizzati nello spazio sconosciuto.
Ormai non avevo più dubbi. Dovevo seguire il consiglio di Boss, emigrare; ma l’idea di scegliere un pianeta solo in base agli opuscoli delle agenzie pubblicitarie, senza la garanzia soddisfatti-o-rimborsati, mi turbava. Prima volevo fare ricognizione coi miei occhi.
Per esempio: Eden è stato pubblicizzato e strombazzato più di ogni altra colonia spaziale. Udite le sue virtù: un clima simile a quello della California del Sud su quasi tutte le terre emerse, nessun predatore pericoloso, niente insetti fastidiosi, gravità di superficie inferiore del nove per cento a quella terrestre, undici per cento in più di ossigeno presente nell’aria, ambiente metabolico compatibile con la vita terrestre e suolo talmente ricco che due o tre raccolti giganti l’anno sono la norma. Panorama delizioso dappertutto. Popolazione attuale inferiore ai dieci milioni.
Dove sta il trucco? Lo scoprii una sera a Luna City, quando mi lasciai rimorchiare e portare a cena da un ufficiale spaziale. La compagnia faceva pagare salatissima la residenza su Eden fin dal giorno in cui lo avevano scoperto, ed era considerato il posto ideale per andare in pensione. In effetti, lo è. Dopo il lavoro preparatorio del primo gruppo di pionieri, i nove decimi della popolazione emigrata lì son composti da gente vecchia e ricca.
Il governo è una repubblica democratica, però non come nella Confederazione Californiana. Per avere diritto al voto, una persona deve avere settanta anni terrestri ed essere un contribuente regolare (cioè possedere terreni). Gli abitanti fra i venti e i trent’anni sono soggetti al servizio pubblico, e se pensate che questo significhi prendersi cura degli anziani giorno e notte avete perfettamente ragione; però significa anche svolgere tutti gli altri compiti più sgradevoli e più necessari, cioè lavori che sarebbero pagati profumatamente se la legge non obbligasse a farli gratis.
Di tutto questo si parla negli opuscoli pubblicitari della compagnia? Non fatemi ridere!
Dovevo conoscere tutte le realtà di ogni singolo pianeta che vengono tenute nascoste prima di comperare il mio biglietto di sola andata. Però avevo distrutto la mia migliore occasione «dimostrando» al signor Fawcett che una donna disarmata può neutralizzare un uomo più grosso di lei. In quel modo, ero finita sulla sua lista nera.
Spero di crescere prima di arrivare al giorno del respiro Cheyne-Stokes.
Boss disprezzava il fatto di piangere sul latte versato quanto l’autocommiserazione. Vanificata la possibilità di essere assunta dalla IperSpazio, era tempo di lasciare Las Vegas, intanto che avevo ancora due soldi. Se non potevo fare il Grande Giro Turistico di persona, avevo ancora un modo per scoprire la verità sulle colonie spaziali, come l’avevo scoperta su Eden: coltivare gli equipaggi delle navi spaziali.
Per farlo dovevo trasferirmi nell’unico posto dove ero sicura di trovarli: a Stazione Stazionaria, via Piantadifagiolo. Le navi da carico non si sarebbero mai avvicinate troppo al campo gravitazionale della Terra; al massimo sarebbero arrivate a Elle-Quattro-Cinque, cioè all’orbita lunare senza lo svantaggio di entrare nel campo gravitazionale della Luna. Ma le navi passeggeri di solito atterravano a Stazione Stazionaria. Tutti gli incrociatori giganti delle Linee IperSpazio (Dirac, Newton, Forward e Maxwell) partivano da lì, tornavano lì, ricevevano manutenzione e rifornimenti lì. Il complesso Shipstone aveva una dipendenza lì (Shipstone Stazionaria), soprattutto per vendere energia alle navi, e in particolare a quelle grosse navi.
Ufficiali e membri d’equipaggio che avevano concluso il turno di servizio arrivavano lì e ripartivano da lì; chi era di servizio poteva dormire sulle navi, ma era più probabile che bevesse e mangiasse e facesse baldoria alla Stazione.
Non mi piace la Piantadifagiolo e non vado matta per la Stazionaria. A parte la visuale spettacolare e sempre diversa della Terra, ha da offrire solo prezzi alti e locali da claustrofobia. La gravità artificiale ha sbalzi molto sgradevoli e sembra sempre sul punto di sparire, giusto in tempo per scaraventarvi in faccia la minestra.
Però ci si può lavorare, se non si va troppo per il sottile. Sarei dovuta riuscire a sopravvivere quanto bastava per avere la certezza di ricevere opinioni franche su tutte le colonie spaziali da uno o più assatanati uomini d’equipaggio.
Era persino possibile che riuscissi a scavalcare Fawcett, imbarcandomi da lì con la IperSpazio. A quanto si dice, le navi arruolano sempre qualcuno all’ultimo minuto, per coprire buchi imprevisti. Se mi si fosse offerta una possibilità del genere, avrei desistito dalla mia follia; non avrei chiesto il posto di addetto alla sicurezza. Cameriera, sguattera, valletta di camera, addetta ai bagni; un lavoro qualunque, purché mi permettesse di fare il Grande Giro Turistico.
Dopo aver scelto la mia nuova patria, avrei atteso con impazienza di imbarcarmi sulla stessa nave, per mia libera volontà come passeggera di prima classe; con tutte le spese pagate, in base alle bizzarre disposizioni testamentarie del mio patrigno.
Avvertii il proprietario della trappola per topi in cui vivevo, poi provvidi a qualche ultimo impegno prima di partire per l’Africa. L’Africa: avrei dovuto passare da Ascención? Oppure gli Sb avevano ripreso a funzionare? L’Africa mi fece pensare a Blondie, e ad Anna e a Burt, e al dolce doc Krasny. Forse sarei arrivata in Africa prima di loro. Irrilevante, dal momento che lì esisteva un solo possibile epicentro di guerra (a quanto ne sapevo), e volevo evitare quella zona come la peste.
La peste! Dovevo preparare immediatamente un rapporto sulla peste per Gloria Tomosawa e per i miei amici di Elle-Cinque, il signore e le signore Mortenson. Era assurdamente improbabile che le mie parole potessero convincere loro o chiunque altro che entro due anni e mezzo sarebbe scoppiata un’epidemia di Morte Nera; all’inizio non ci credevo nemmeno io. Però, se fossi riuscita a trasmettere a persone responsabili un minimo di disagio, in modo che le misure antitopi venissero rafforzate e i controlli sanitari alle barriere Dsi diventassero qualcosa di più di un inutile rituale, forse, solo forse, le colonie spaziali e la Luna si sarebbero salvate.
Improbabile; ma dovevo tentare.
L’unica altra cosa che mi restasse da fare era un ultimo tentativo coi miei amici scomparsi; dopo di che, avrei abbandonato le ricerche finché non fossi tornata da Stazione Stazionaria o (mai perdere le speranze!) dal Grande Giro Turistico. Certo, da Stazione Stazionaria si può chiamare Sydney o Winnipeg o qualunque altro posto, ma costa molto di più. Ultimamente avevo scoperto che volere qualcosa e potersi permettere di pagarla sono due cose molto diverse.
Feci il codice di Winnipeg dei Tormey, rassegnata a sentirmi rispondere: «Il numero che avete chiamato è temporaneamente fuori servizio dietro richiesta dell’abbonato».