Выбрать главу

— Raccogli erbe per le medicine — dissi.

— Sì. — Il suo sorriso si spense. — Non sono riuscita a salvare il figlio di Mara. Il demone che aveva dentro era troppo forte per me. Devo trovare una medicina più potente.

Ventimila anni dopo i ricercatori medici avrebbero ancora battuto la stessa pista, riflettei.

— Hai fatto il possibile per salvarlo — la rincuorai.

Mi fissò. — Tu non hai fatto nulla per aiutarlo.

— Io?

— Sei un uomo dai grandi poteri, Orion. Perché non hai cercato di aiutare il ragazzo?

— Ma… io… io m’intendo di caccia, non di medicina.

I suoi occhi grigi mi scavarono nell’anima. — Tu sai molte cose, cose che nessuno di noi sa. Credevo che la tua vasta conoscenza comprendesse anche la capacità di guarire.

— No, purtroppo — dissi impacciato, sentendomi un po’ in colpa. — Mi spiace, ma non possiedo una conoscenza del genere.

Ava si scostò una ciocca di capelli ramati dal viso, poco convinta.

— Ti ho già detto che sono solo un uomo.

Lei scosse la testa. — Non ci credo. Sei diverso da tutti gli uomini che ho visto finora.

— Come, diverso? — Allargai le braccia, quasi volessi mostrarle che ero uguale a tutti gli altri.

— Non è il tuo corpo — rispose Ava. — Ho provato il tuo corpo; ho preso il tuo seme. Sei forte, ma il tuo corpo non è diverso da quello di Dal o degli altri uomini.

Di colpo, il sangue mi si raggelò. Dunque la nostra notte d’amore non era stata uno sfogo passionale per lei, bensì un esperimento calcolato. Una risata di scherno mi echeggiò nella mente: Voleva solo vedere di cosa eri fatto!

— La tua diversità è nel tuo spirito, nella tua anima — stava proseguendo Ava. — Tu sai molte più cose di noi!

— So certe cose, è vero — dissi, cercando di ignorare la risata inferiore. — Però ci sono anche parecchie cose che non so.

— Insegnami! — esclamò lei. — Insegnami tutte le cose che sai!

Rimasi sorpreso da quell’improvvisa avidità di sapere.

— Ci sono tante cose che devo imparare. Insegnami. Dividi la tua conoscenza con me! — mi supplicò.

— Posso insegnarti alcune cose, Ava — risposi. — Però molte delle cose che so per te non avrebbero senso. Non servirebbero né a te né al clan.

— Ma mi insegnerai?

— Se vuoi.

— Sì! — rispose, spalancando gli occhi eccitata.

— Ma perché vuoi imparare?

— Perché? Per sapere, per capire… È questo l’importante. Più saprò, più potrò aiutare il clan. Se avessi saputo abbastanza cose di guarigione, avrei potuto salvare il figlio di Mara.

Restai in silenzio. Sotto quella pelle sporca e quegli indumenti rudimentali, Ava possedeva la stessa carica umana e la stessa curiosità di Marie Curie. E soprattutto si rendeva conto che la conoscenza era la chiave del potere, che comprendendo il mondo circostante avrebbe imparato a manipolarlo, a piegarlo ai propri scopi.

Ma Ava interpretò in modo errato il mio silenzio. Esitante, disse: — Però non c’è nulla che possa darti in cambio della tua conoscenza…

Dunque, l’idea di barattare il sesso con il potere non le era venuta in mente. Sorrisi quasi, nel constatare che la più antica professione del mondo non era ancora stata inventata.

— Ci sono tante cose che tu sai e che io non so — dissi. — Sarà uno scambio di conoscenze, il nostro. Sei d’accordo?

— Sì! — rispose entusiasta.

— Bene. Innanzitutto, dimmi i nomi di questi fiori e parlami dei loro poteri medicinali.

Passammo il pomeriggio camminando tra la vegetazione, scambiandoci informazioni. Le dissi che esistevano sostanze chiamate metalli con cui si potevano costruire attrezzi migliori di quelli di pietra usati dal clan. Lei mi illustrò la sua farmacopea di piante selvatiche. Gradualmente, cominciai a dirottare la conversazione, discutendo degli altri clan che si radunavano nella valle e delle tribù nemiche.

— Tutti i clan hanno il vostro stesso colore di capelli? — chiesi.

— No, non tutti. Alcuni hanno i capelli scuri, come i tuoi.

— E il colore della pelle? Hanno tutti il vostro stesso colore?

Ava annuì. — D’estate, col sole, la pelle diventa più scura, ma d’inverno torna chiara.

— Hai mai visto un uomo dalla pelle color cenere, la cenere che rimane quando un fuoco si spegne? Un uomo alto quasi come me, ma molto più grosso, con due braccia enormi e occhi rossi?

Ava arretrò. — No — rispose spaventata. — E spero di non vederlo mai.

— Non hai mai sentito parlare di un uomo simile? — insistei. — A volte è chiamato Ahriman. A volte, il Tenebroso.

— Sembrerebbe un demone.

— No, è un uomo. Un uomo malvagio.

Ava mi fissò con rinnovata diffidenza. — Un uomo. Proprio come tu dici di esserlo.

Lasciai cadere l’argomento. Cominciammo a parlare della valle e della felicità che provava il clan trascorrendo lì l’estate. Con aria distratta, dissi che avrebbero potuto restare nella valle tutto l’anno se si fossero preparati ad affrontare l’inverno in maniera adeguata. Ava si incuriosì subito, e io cominciai a descriverle in che modo fabbricarsi indumenti pesanti.

Lo sapeva già. Ribatté invece: — Cosa mangeremmo quando cade la neve? Tutti gli animali si spostano nei territori caldi. Noi li seguiamo.

— Invece di ucciderli, potreste prenderne un po’, e tenerli in un recinto di pali. Farebbero anche dei piccoli, e avreste carne per tutto l’anno, senza andare via da questo posto.

Ava rise. — L’erba muore in inverno. Cosa mangerebbero gli animali?

— Tagliate l’erba che gli animali mangiano, d’estate, quando è alta, e tenetela nelle capanne d’inverno per darla agli animali.

Ava smise di ridere. Non che accettasse l’idea; era troppo nuova e fantastica, e andava digerita con calma. Però sembrava disposta a prenderla in considerazione. Il che non era poco.

Avevamo raggiunto le rocce che formavano la base del vulcano. — Questa montagna ha un nome? — chiesi.

— Sì — rispose Ava, socchiudendo gli occhi nel riflesso intenso del cielo per osservare i due picchi frastagliati coperti di neve.

— È un nome sacro che non può essere pronunciato?

Tornò a guardarmi, con un’espressione di rispetto negli occhi perché capivo il concetto di sacralità.

— La montagna fumante può far tremare la terra quando il suo spirito si arrabbia. Gli anziani dicono che molti anni fa, prima che loro stessi nascessero, la montagna ha rovesciato fuoco sugli uomini che vivevano in questa valle, cacciandoli via.

— Ma loro sono tornati.

— Solo dopo molti anni. Temevano la montagna, e hanno insegnato a temerla ai loro figli e ai figli dei loro figli.

Guardai i picchi innevati. Adesso, ed era la prima volta che capitava da quando eravamo arrivati, il vulcano non fumava più.

— La montagna sembra tranquilla — commentai.

— Sì, a volte è tranquilla. Ma quando il suo spirito si arrabbia può ancora sputare fuoco.

— Se mi dirai il suo nome, si arrabbierà lo spirito della montagna?

Il bel viso di Ava si incupì. — Perché vuoi saperlo?

Sorrisi. — Sono curioso, come te. Cerco risposte alle mie domande.

Ava mi capì; anche lei era smaniosa di sapere, di scoprire. Avvicinandosi, mi sussurrò il nome della montagna:

— Ararat.

27

Dal non aveva un’aria contenta quando Ava e io tornammo dalla nostra lunga passeggiata. E nei giorni successivi il suo umore peggiorò nettamente dato che noi due trascorrevamo sempre più tempo insieme.

Di notte ci allontanavamo dal riflesso dei fuochi del clan… adesso ogni famiglia aveva un piccolo falò davanti alla propria capanna, invece di un fuoco centrale per tutto il gruppo. Nell’oscurità, le mostravo le stelle, spiegandole che le costellazioni formavano un grande orologio e calendario celeste.