Выбрать главу

Ben presto, l’ossigeno nei polmoni si esaurì; eppure il fiume scorreva ancora. Cominciai a spremere ossigeno dalle cellule, escludendo interi sistemi di muscoli e organi che non mi servivano, rubando il loro ossigeno per alimentare il cuore e il cervello e gli arti. Cominciai a morire, progressivamente… come le luci di una città che si spegnessero per un guasto alla rete elettrica, un quartiere dopo l’altro. Disperato, rallentai il battito cardiaco ed entrai in una trance catatonica, seguendo passivamente il fiume sotterraneo, affamato di ossigeno, senza sapere se avrei rivisto la luce del giorno.

Dopo un’eternità, finalmente l’oscurità cominciò a dissiparsi e affiorai in superficie.

Aria! Aria vera, respirabile. Aveva un gusto meraviglioso; mentre il mio corpo tornava in vita trangugiai avide boccate della sostanza più preziosa della Terra.

Il fiume si riversava in una immensa caverna, trasformandola in una cisterna smisurata. Mi trascinai sul bordo asciutto di roccia, il corpo che protestava ancora per l’interruzione metabolica. La luce del sole filtrava da un’apertura in alto, ma ero troppo debole per cercare di raggiungerla.

31

Per ore dovetti rimanere steso e recuperare le mie forze. Ma di minuto in minuto l’acqua si alzava, gorgogliando, schiumando, riempiendo quel serbatoio naturale.

Quando mi lambì i piedi, mi costrinsi a drizzarmi e cominciai ad annaspare lungo la parete digradante della caverna, verso la fenditura. Il fondo era friabile, sassoso, difficile. A ogni passo rischiavo di scivolare al punto di partenza. Ma strinsi i denti e finalmente mi issai attraverso l’apertura e sbucai all’esterno.

Girandomi, vidi che il fiume sotterraneo scrosciava sempre più impetuoso. Quando avesse raggiunto il soffitto della caverna, l’acqua priva di sfogo avrebbe sfondato la roccia che le sbarrava la strada, riversandosi nella valle con la forza di un maremoto che avrebbe spazzato via tutto.

Scesi barcollando lungo il versante ripido. Gli occhi appannati, osservai la valle che si estendeva sotto di me nel sole pomeridiano, bella, tranquilla, vulnerabile. Dovevo trovare Dal e Ava, metterli in guardia.

Avanzai traballante verso i campi di grano. La gente era al lavoro, tagliando i lunghi gambi dorati coi coltelli di selce.

— Guardate! — esclamò un uomo. — È Orion!

— È tornato dalla terra dei morti!

Smisero di lavorare e si raccolsero attorno a me, tenendosi a rispettosa distanza.

Alzai la mano in segno di saluto, ma prima che potessi pronunciare una parola, fui sopraffatto dalla stanchezza e dalla fame. Persi i sensi.

Il volto teso di Ava mi stava fissando quando aprii gli occhi.

— Sei vivo — disse, il tono grave.

— Sì — gracchiai. — E sono affamato.

Guardandomi intorno, vidi che ero nella capanna, steso sul mio giaciglio d’erba. Sulla soglia, un capannello di gente agitata che sbirciava dentro. Al centro della stanza, una quantità di cibo di ogni genere… doni della gente, immaginai.

Ava si staccò momentaneamente da me. Pochi secondi più tardi, una donna entrò portando una zucca di brodo fumante. Lo sorseggiai, scottandomi la lingua. Ma era buono e corroborante.

— Dov’è Dal? — chiesi, la voce quasi normale. — Dobbiamo portare la gente fuori…

— Prima mangia — m’interruppe Ava. — Riacquista le tue forze.

Accostai la zucca alle labbra e inghiottii l’intero contenuto. Ava cercò di farmi coricare di nuovo, ma io respinsi adagio le sue mani.

— Devo vedere Dal.

— Sei stato nella terra dei morti? — chiese la donna che aveva portato la zucca.

Scossi la testa, ma i suoi occhi erano spalancati. — Com’era? Hai visto mio figlio là? Il suo nome è Mikka, e aveva quattro anni quando è morto di febbre.

Ava la allontanò. — Sei stato nella terra dei morti, vero? — mi domandò sottovoce.

La gente assiepata sulla soglia ne era convinta, nonostante avessi negato. Perfino Ava lo credeva, con quella logica elementare secondo cui: I morti sono sepolti sottoterra — Orion è stato sottoterra — Quindi Orion è stato nella terra dei morti.

— Dal — mormorai eccitato. — Devo parlare con Dal. Dobbiamo lasciare la valle. Presto!

— Lasciare la valle? Perché…?

— Ci sarà un’alluvione. Annegheremo tutti, se stiamo qui. Trova Dal e portalo qui. Subito!

Ava si voltò e disse a un uomo di andare a prendere Dal. Rivolgendosi a me, disse: — Dal è stato ferito nella lotta tre notti fa.

— In modo grave?

— Un taglio alla gamba, appena sopra il ginocchio.

Infezione, pensai.

— Non è una ferita grave, però ho voluto che stesse coricato a riposare. Ho coperto la ferita con un impiastro di foglie.

Mi alzai e mi avviai alla porta. La gente si ritrasse intimorita. Ero stato nella terra dei morti ed ero ritornato. C’era paura nei loro occhi, e una curiosità disperata di sapere cosa ci fosse al di là della morte. Accigliato passai in mezzo alla folla, riflettendo che la loro primitiva superstizione aveva un fondo di verità: ero stato nella terra dei morti, più di una volta.

Nel sole del tardo pomeriggio, vidi che il torrente era già più gonfio e impetuoso. E la sua direzione si era invertita. Scorreva dalla base dei dirupi verso la cascata all’estremità opposta della valle, dove i due corsi si incontravano formando uno stagno sempre più esteso.

In lontananza sentii un brontolio cupo, e la terra tremò. Tutta la gente dei clan guardò la vetta fumante dell’Ararat.

— Orion cammina e la montagna gli parla — sentii che diceva una donna.

Gli altri annuirono bisbigliando.

Non dissi nulla. Per ora, il loro atteggiamento di timore e rispetto mi era utile; stavo per dare a quella gente degli ordini che dovevano essere eseguiti senza esitare.

Due adolescenti stavano aiutando Dal a drizzarsi in piedi quando entrai nella sua capanna seguito da Ava. Sotto le foglie, la gamba di Dal non sembrava gonfia. Forse se la sarebbe cavata.

— Fatelo sedere — dissi, e i ragazzi riadagiarono Dal sul pagliericcio.

Dal mi fissò nella semioscurità dell’interno. — Pensavamo che fossi morto. Ma non siamo riusciti a trovare il tuo corpo.

— Sono ancora vivo. Ma rimarremo uccisi tutti, se non ce ne andiamo subito da questa valle.

Dal sussultò come se lo avessi schiaffeggiato. — Cosa? Lasciare la valle? Ma io credevo…

— Ci sarà un’alluvione — dissi. — Presto. Molto presto. Forse tra poche ore. L’acqua coprirà tutta la valle.

— Ma il torrente non…

— Dal — scattai — ti ho mai mentito? Ci sarà un’alluvione. Lo so! Se stiamo qui moriremo tutti. Dobbiamo andar via. Subito!

Dal guardò Ava.

— Non c’è tempo per discuterne — dissi. — Dobbiamo dirlo alla gente, ai clan, e andare via.

— Lungo i gradini della cascata — intervenne Ava.

Mi resi conto che sarebbe stato impossibile. La prima fase dell’inondazione stava creando un lago sempre più profondo ai piedi della cascata. Non potevamo lasciare la valle per la stessa strada lungo la quale eravamo arrivati.

— No — dissi. — Dobbiamo salire le rocce lungo il fianco della valle.

Dal parve scioccato. — Nessuno può salire quelle rocce!

— Vi mostrerò come fare.

— Ma è impossibile. Noi siamo gente normale, non sappiamo volare!

— Possiamo arrampicarci — disse Ava decisa. — Orion e io ci siamo arrampicati sul dirupo un giorno, più di un mese fa.

Dal la fissò, fece per obiettare, poi scosse la testa. Non riusciva a digerire tante novità tutte in una volta, riflettei. Ma quando si guardò la gamba rigida solcata dalla ferita della lancia, mi resi conto che era preoccupato per la propria sopravvivenza.