— Sicuro?
Il suo eterno sorrisetto cambiò in modo impercettibile. — Da quanto tempo combattiamo contro quelli? Che tu sappia, hanno mai attaccato durante una bufera del genere?
Mi strinsi nelle spalle.
— E poi, il campo là fuori è coperto dalle sonde. Quando cominceranno a muoversi, lo sapremo subito, con buon anticipo.
Però notai che restava accanto alle sue apparecchiature, armeggiando, ricontrollando, cercando un modo di superare le interferenze e dire ai comandanti in orbita la nostra posizione e la nostra situazione.
Vidi Adena sola vicino all’ingresso della caverna; indossava già l’armatura, e il casco le copriva gli stupendi capelli scuri. Gli altri per lo più dormivano o fingevano di dormire. La caverna era silenziosa, a parte il ronzio delle apparecchiature elettriche e il gemito sinistro del vento all’esterno.
Kedar era accovacciato accanto a una serie di tozzi, massicci cilindri verdi. Dalle strane sigle stampigliate su di essi, capii che erano le batterie che fornivano energia alla squadra. Kedar mi lanciò un’occhiata molto sospettosa mentre mi incamminavo lentamente verso Adena, ma non disse nulla e restò dov’era, a controllare le sue batterie.
Adena mi parlò prima che fossi io a farlo. — Ti conviene riposare un po’.
— Non ho bisogno di molto sonno — risposi. — Sto bene, adesso.
— L’attesa è la parte peggiore — disse, scrutando i mulinelli di neve. — Se avessi più uomini, uscirei subito ad attaccarli intanto che stanno ancora preparandosi.
— Non ti ricordi di me? — chiesi.
Si girò, l’espressione turbata.
— Dovrei? Ci siamo già incontrati, prima?
— Molte volte.
— No. Se fosse vero, me lo ricorderei. Eppure…
— Eppure ti sembra di conoscermi.
— Sì — ammise.
— Pensaci — la esortai, avvertendo dentro di me una smania bruciante. — Ci siamo già incontrati, prima. Molto tempo fa… nel futuro.
— Nel futuro?
— Una tribù primitiva di cacciatori, nella primavera che seguirà quest’era di inverno. La capitale di un impero barbaro, migliaia di anni dopo. Una grande metropoli, secoli dopo…
Adena parve stupita, preoccupata — Sei pazzo — mormorò. — Stress da combattimento, o il trauma climatico delle ore passate in mezzo alla bufera.
— Pensaci! — insistei. — Chiudi gli occhi, e guarda cosa ti viene in mente quando pensi a me.
Mi guardò con un misto di incredulità e diffidenza, ma chiuse lentamente gli occhi, e io mi concentrai spremendo al massimo la mia forza di volontà.
— Cosa vedi? — le chiesi. Dopo parecchi secondi, rispose: — Una cascata.
— Che altro?
— Nulla… alberi, della gente… e… animali strani, quadrupedi… io gli monto sul dorso… e… anche tu! Tu sei su un animale, vicino a me…
— Continua.
— Uno dei bruti. Grande e grosso. In una caverna… No, è una specie di tunnel… — Adena sussultò, spalancando gli occhi.
— I topi — mi resi conto. Adena portò le mani alla gola.
Le tremavano. — È orribile… i topi… i topi…
— Siamo morti tutti e due in quell’era — dissi. — Abbiamo vissuto molte vite, tu e io.
— Chi sei?
— Orion, il Cacciatore. Cerco Ahriman, il Tenebroso, quello che ti ha scatenato addosso i topi. Sono stato inviato in tutte quelle epoche diverse per stanarlo e ucciderlo.
— Inviato? Da chi?
— Da Ormazd — risposi.
Chiuse gli occhi per una frazione di secondo, e l’aria attorno a noi sembrò brillare di una fredda luce argentea. La caverna, la bufera, scomparvero quasi. Con la coda dell’occhio intravidi Kedar bloccato nel tempo, la mano tesa immobile come quella di una statua. Adena riaprì gli occhi, e in quelle profondità grigie splendeva tutta la conoscenza del continuum.
— Orion… Grazie. La cortina si è dissolta. Adesso ho una visione chiara. Ricordo… molte più cose, ricordo di te, di noi.
Eravamo soli in una sfera di energia, al di là del tempo normale; noi due soli, in un posto che lei aveva creato. Il cuore mi batteva forte. — Adena, un attimo fa ti ho mentito…
Lei sorrise. — Mentito? A me?
— Forse più che una bugia è stata una mezza verità. Ti ho detto che sono stato inviato qui per dare la caccia ad Ahriman.
— È vero, lo so.
— Ma è una verità incompleta. Anche se Ormazd mi ha mandato qui a uccidere Ahriman, il vero motivo per cui sono qui… lo scopo che mi spinge ad agire… è il fatto che volevo ritrovare te. Ho attraversato migliaia di anni per trovarti, e ogni volta che ti trovo, lui ti porta via da me.
— Questa volta, no.
— Ti amo, Adena… Aretha… qualunque sia il tuo vero nome.
Lei rise sommessamente. — Adena può andare, per ora. Ma tu sei sempre Orion, sempre costante.
Mi strinsi nelle spalle. — Sono quello che sono. Non posso essere nient’altro.
— E io ti amo, amo quello che sei e chi sei. Ti amerò per sempre.
Avrei voluto mettermi a correre nella bufera e gridare più forte del vento. Avrei voluto urlare trionfante rivolto a Ormazd, dovunque e chiunque fosse, dicendogli che nonostante tutti i suoi poteri avevo trovato il mio amore e lei mi amava. Avrei voluto abbracciarla e sentire il calore del suo amore.
Invece rimasi immobile di fronte ad Adena, quasi paralizzato dalla felicità. Non le presi nemmeno la mano. Mi bastava crogiolarmi nella contentezza che provavo adesso che l’avevo trovata.
— Orion — disse Adena, parlando sottovoce e in fretta — ci sono ancora molte cose che non sai, molte cose che ti vengono ancora tenute nascoste. Quello che chiami Ormazd ha le sue ragioni per tutto quello che ti ha fatto…
— E ti ha fatto — dissi.
Sorrise. — Ho insistito per venire qui. Sono diventata umana, mortale, accettando le sue condizioni. Quello che mi è successo l’ho voluto io.
— E Ahriman? Che mi dici di lui?
La sua espressione divenne cupa. — Orion, quando saprai tutta la verità, non ti farà piacere. Forse Ormazd fa bene a tenerti all’oscuro.
— No, voglio sapere — dissi deciso. — Voglio sapere chi sono e perché sono stato costretto a fare queste cose.
Lei annuì. — Sì, ti capisco. Ma non aspettarti tutto in una sola volta.
— Dimmi almeno qualcosa — la supplicai.
Adena indicò l’esterno della caverna. — Benissimo. Incominciamo con la situazione attuale. Questa squadra di soldati fa parte di un esercito di sterminio. Il nostro compito è annientare i bruti, liberare il pianeta da loro.
— Dopo di che?
— Un compito alla volta. Prima che possa succedere tutto il resto, prima che noi due possiamo incontrarci ai piedi dell’Ararat o fare l’amore a Karakorum, prima che possiamo incontrarci a New York… be’, dobbiamo sterminare i bruti.
Respirai a fondo. — Ahriman è tra loro?
— Certo. È uno di loro. Uno dei loro capi più potenti. E sa, ormai, che se riuscirà a impedirci di portare a compimento il piano di Ormazd, la vittoria finale toccherà proprio a lui.
Riflettei perplesso. — Intendi dire che se non riusciremo ad annientare i bruti, saremo noi umani… tu e io… a essere spazzati via?
— Se non riusciremo ad annientare i bruti, la razza umana, la tua specie, si estinguerà per sempre.
— Allora il continuum si spaccherà. Lo spazio-tempo si disgregherà.
— Ormazd crede di sì — confermò Adena. — C’è qualche prova che sostiene questa ipotesi.
— Qualche prova? — scattai. — Siamo dentro fino al collo in una guerra di sterminio, basandoci su qualche prova?
Adena reagì con un sorriso alla mia domanda rabbiosa. — Ti ho detto che ci sono ancora molte cose che non capisci. Scusami se mi sono espressa così. Non ti chiederei di combattere questa battaglia se non fosse necessario.