Выбрать главу

Intuii che lei annuiva dentro il casco. — Questo sigillerà il cunicolo — annunciò, alzando con entrambe le mani una serie di bombe che aveva collegato assieme. — Poi potremo chiudere anche l’altro buco.

Mi dichiarai d’accordo. Lissa lasciò cadere l’ordigno nel tunnel, poi ci appiattimmo contro la parete mentre lei contava alla rovescia cinque secondi. Per poco lo scoppio non mi gettò a terra, ma quando il fumo si fu diradato Lissa illuminò il tunnel col casco e rise.

— Ci impiegheranno parecchio a scavare là dentro, adesso — disse esultante.

In pochi minuti, bloccò anche l’altro passaggio, e ci unimmo agli altri sull’unico fronte rimasto.

Ondate continue di animali ci attaccarono, e noi continuammo a respingerle. Enormi orsi feroci, lupi e altri canidi più piccoli, puma… Ne uccidemmo decine, centinaia. L’oscurità notturna era illuminata dai bagliori delle nostre armi; perfino le stelle svanirono dal cielo nel chiarore rosso-sangue dei nostri raggi letali. Attraverso l’imbottitura del mio casco e gli auricolari sentivo le urla, gli ululati, i ruggiti di dolore e di rabbia degli animali spinti ad avanzare dai poteri diabolici di Ahriman per poi venire massacrati dai nostri fasci d’energia.

In lontananza, distinguibili a stento in un tremolio di ombre, di tanto in tanto scorgevo qualche bruto muoversi furtivamente tra i poveri animali che comandava. Ma i bruti non si avvicinavano mai abbastanza da rischiare di farsi uccidere; si tenevano a distanza di sicurezza, come se sapessero che avrebbero fatto la stessa fine dei loro compagni che avevano cercato di sorprenderci da dietro.

Nella mente sentivo una voce che li chiamava, li sfidava: Venite ad affrontarci da soli! Lasciate in pace quelle povere bestie, e combattete di persona. Venite anche voi incontro alla morte, invece di mandare gli altri al macello.

Ma loro non si avvicinavano, restavano nell’ombra.

Dopo lunghe ore di lotta, mi accorsi che il cannone taceva. Le luci nella caverna erano spente; ormai combattevamo nel riflesso delle armi e dei faretti dei nostri caschi. A un certo punto, il mio fucile si scaricò, e cominciai a usare la pistola.

Mentre l’alba tingeva il cielo di un rosa smorto, l’attacco cessò. Il terreno di fronte alla caverna, un tempo una distesa immacolata di neve, offriva uno spettacolo raccapricciante di resti anneriti e sanguinolenti, di membra recise, corpi squarciati, brandelli irriconoscibili.

Mi guardai attorno. Quattro soldati erano a terra, i caschi e le corazze a pezzi, i corpi insanguinati. Contando Ogun, avevamo perso cinque soldati. Eravamo rimasti in undici, e c’erano tre feriti, compreso Kedar. Un orso gli aveva spezzato una gamba lanciandosi nella caverna e riuscendo quasi ad arrivare alle batterie.

Lissa e parecchi altri cominciarono a occuparsi dei feriti. Io mi accostai ad Adena, che stava osservando il campo di battaglia con un potente binocolo elettronico.

— Se ne vanno — disse, come se sapesse che ero vicino a lei. — I bruti stanno ripiegando a sud.

— Abbiamo vinto — dissi.

Adena mi porse il binocolo. — No, finché non li avremo uccisi tutti.

Guardai verso sud. Attraverso gli obiettivi vidi otto creature simili ad Ahriman che si muovevano nella neve. Non c’erano animali con loro. C’erano solo le tracce di quegli otto.

— Ci hanno scagliato contro tutto quello che avevano — dissi. — E noi li abbiamo respinti. Abbiamo vinto.

La visiera di Adena era alzata, e il suo volto aveva un’espressione estremamente risoluta. — No. Può darsi che abbiamo vinto questa battaglia, ma la guerra non è ancora finita. Doppiamo sterminarli.

— Quegli otto…

Lei annuì. — Quegli ultimi otto devono essere uccisi. Dobbiamo inseguirli.

— Ordine di Ormazd? — chiesi.

— Sono i miei ordini, Orion — rispose Adena, piegando le labbra in un sorriso incerto. — Non si può fare diversamente.

39

Kedar e i feriti rimasero nella caverna. Noi altri iniziammo subito l’inseguimento, senza fermarci a riposare. Inghiottimmo delle capsule nutritive mentre arrancavamo nella neve alta seguendo le orme dei bruti sotto un cielo limpido. L’aria era fredda, ma di una purezza deliziosa, e non c’era vento.

— Otto contro otto — dissi, marciando affiancato ad Adena. — Ormazd organizza tutto con la massima accuratezza.

Mi guardò, e i suoi occhi profondamente grigi scintillarono nel riflesso del sole su quella distesa candida.

— Orion, non devi credere che Ormazd stia facendo tutto questo per divertirsi — mi disse. — Stiamo lottando per la sorte dell’universo, per la conservazione del continuum.

— Dando la caccia a un gruppetto di gente…

— La gente di Ahriman — mi corresse Adena. — I nostri nemici.

— Che come arma più potente hanno una specie di asta elettrostatica, mentre noi usiamo laser capaci di abbatterli a un chilometro di distanza.

— Pensi che sarebbe più corretto un combattimento corpo a corpo? — Adena sembrava quasi divertita. — Presto le batterie che ci riscaldano e alimentano le nostre armi si esauriranno. Le batterie generali nella caverna sono completamente scariche. Sì, tra non molto sarà una lotta corpo a corpo, Orion. Sei contento?

Dovevo ammettere che non ero affatto contento. Anzi preoccupato.

— Devono essere sterminati — proseguì Adena, l’espressione di nuovo seria. — Fino all’ultimo, compreso Ahriman. Soprattutto Ahriman. Capisci, vero?

Annuii, riluttante. — Capisco che Ormazd lo vuole. Capisco che Ahriman vuole sterminarci. Però, non mi piace.

Mi lanciò una strana occhiata, quasi di compatimento. — Orion… non siamo qui per fare cose che ci piacciano. Facciamo quello che è necessario. Non abbiamo scelta.

Fui sul punto di ribattere, poi preferii star zitto.

Continuammo a seguire le tracce nemiche. Il sole brillava vivido in un cielo d’un azzurro perfetto, ma non scaldava molto. Adena e io guidavamo la nostra piccola colonna verso sud. Dopo ore di marcia, in cui non feci altro che muovere i piedi meccanicamente e osservare il fiato che mi si condensava davanti agli occhi, vidi all’orizzonte una foresta di pini giganteschi, una striscia di verde intenso che creava un gradito contrasto in quel mondo di bianco ininterrotto.

Le tracce dei bruti portavano proprio là, al che cominciai a chiedermi cosa potesse attenderci nelle ombre di quella foresta a noi completamente ignota.

— È un posto ottimo per un’imboscata — osservai.

Adena annuì. — Ma come hai detto, abbiamo armi più potenti delle loro; le nostre pistole laser colpiscono sempre. Se saranno così sciocchi da attaccarci, ci faranno un favore.

— Ci manderanno addosso altri animali. In quella foresta ci saranno senza dubbio dei lupi e altre bestie feroci.

— Cosa dovremmo fare, secondo te?

— Aggiriamo la foresta. Se sono là dentro che ci aspettano, possiamo farli uscire allo scoperto.

— Però, se non ci sono, perderemo almeno mezza giornata di marcia.

— Ha importanza?

— Non dobbiamo lasciarceli sfuggire.

— Se andiamo in quella foresta cadremo in un’imboscata e probabilmente saremo uccisi.

— Non importa…

— Forse non è importante per te — dissi — e magari neppure per me. Ma loro? — Indicai con un cenno gli altri soldati. — Può darsi che non abbiano tante vite come noi. La morte per loro è qualcosa di reale, e permanente.

Adena parve turbata. — Me n’ero dimenticata.

— Se dobbiamo sterminare il nemico fino all’ultimo individuo, cerchiamo almeno di proteggere la vita dei nostri.

— Oh, ma tu non capisci, Orion…