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Fissai le stelle, scintille fredde in quella notte dell’Era Glaciale, e cominciai a capire che Ormazd non aveva creato quei soldati pensando alla loro sopravvivenza dopo la lotta. Erano stati messi lì per sconfiggere la gente di Ahriman, per sterminare, e una volta ultimato il loro compito dovevano autodistruggersi, morire in quella gelida oscurità, perché ormai non avevano più nessuno scopo, il loro valore si era ridotto a zero.

— Ormazd — mormorai alle stelle silenziose — dovunque tu sia, chiunque tu sia, ti faccio questo voto… troverò Ahriman, per te, e lo ucciderò se ne sarò capace. Però, in cambio di questo, condurrò queste persone in un posto senza neve, dove potranno vivere decentemente da esseri umani. E lo farò subito, prima di cercare Ahriman.

— Poni delle condizioni al tuo creatore?

Mi girai e vidi Adena che mi sorrideva. — Non posso abbandonare questa gente, lasciarla qui a morire — dissi. — Tu lo faresti?

— Se necessario.

— Ma non è necessario. Possiamo portarli a sud, in una zona più ospitale, e io gli insegnerò a sopravvivere.

Il suo sorriso si allargò. — Gli hai già insegnato molto. I loro figli creeranno delle leggende su di te, Orion. Tu stesso diventerai un dio. È questo che vuoi?

— Io voglio te — risposi. — Voglio stare con te in un posto e in un’epoca dove sia possibile vivere insieme in pace.

— Per quanto tempo?

— Per una vita — risposi.

— E poi?

Mi strinsi nelle spalle. Non mi stava prendendo in giro. Il suo non era un sorriso divertito.

— Orion, quando si può vivere oltre la morte come noi due, bisogna cercare di vedere più in là della durata di una singola vita.

— Ma io non vivrò oltre la mia prossima morte. — Ne ero certo. — Ormazd non mi resusciterà più quando avrò ucciso Ahriman.

I suoi occhi grigi mi fissarono, mi attirarono a lei. — Credi che possa essere capace di affrontare l’eternità senza di te?

— Allora cosa…

— Farò in modo che tu sopravviva alla morte. E se Ormazd me lo impedirà, allora vivrò con te per la durata di una vita, e morirò con te, felice.

— Non posso chiederti di rinunciare…

Mi zittì posandomi un dito sulle labbra. — Non me l’hai chiesto. Non c’era bisogno di chiedermelo. Le mie decisioni le prendo da sola.

La abbracciai e la baciai, come se quella fosse l’ultima notte del mondo, come se le stelle stessero spegnendosi per sempre.

— Ora guidali, Orion — mormorò Adena. — Guidali in una terra dove possano vivere in pace.

Il mattino seguente iniziammo il nostro lungo viaggio verso sud, attraversando lentamente le distese innevate per consentire a Kedar e agli altri due feriti di starci dietro. Non fummo attaccati da nessun animale. Ammesso che si trovasse nei paraggi, Ahriman non tradì la sua presenza in alcun modo.

Diventammo una banda di cacciatori primitivi, uccidendo la selvaggina per la carne e le pelli. Progressivamente ci sbarazzammo del nostro equipaggiamento ormai inservibile, sostituendo le pistole laser con delle lance di legno, le corazze di plastica con pelli di volpe, di lepre, di capra.

Stavamo allontanandoci dalla neve e dal ghiaccio. Dopo una settimana trovammo un torrente che scorreva gorgogliando verso sud, un torrente dalle acque fredde come il vuoto cosmico. Lo seguimmo attraverso un paesaggio collinoso e boscoso. La neve era sempre più rada, il sole più vivido, l’aria più calda.

Un ferito, una donna, morì, e la seppellimmo sulla riva di quel torrente senza nome. Kedar invece stava migliorando, e nonostante zoppicasse potevamo procedere più speditamente.

Finalmente, arrivammo in una regione di dolci alture ondulate, ammantata d’erba e ricca di selvaggina. Gli alberi agitavano i rami in una brezza tiepida. Enormi animali ci lanciavano squilli di proboscide all’orizzonte… mammut, immaginai.

Non avevo idea di dove fossimo, ma trovammo una caverna, ampia e asciutta, e ce ne impossessammo. Ormai noi dieci eravamo diventati abbastanza esperti nell’arte della sopravvivenza. Gli uomini andavano a caccia; le donne cominciarono a raccogliere germogli e bacche dalle piante che crescevano in abbondanza attorno a noi.

— Possiamo fermarci per un po’ — dissi accendendo il fuoco. — Potrebbe essere un posto ottimo dove rimanere.

Adena sedette accanto a me e fissò le fiamme crepitanti. Il sole era basso sull’orizzonte, e il calore del fuoco dava una sensazione piacevole, di intimità.

— Adesso puoi riprendere a cercare Ahriman — mi disse Adena, senza distogliere lo sguardo dalla fiamma.

Annuii.

— Credi che sia lontano da qui? — mi chiese.

— No. È qui vicino, ne sono sicuro. Vuole ancora sterminarci. Non si è ancora arreso.

— Quando partirai?

Osservai il sole socchiudendo gli occhi. Nel cielo si stavano addensando grosse nubi, trasformando il tramonto in uno sfolgorio di riflessi rossi, dorati, viola.

— Domani — risposi. — A meno che non ci sia un temporale.

Adena sorrise e si appoggiò alla mia spalla. — Pregherò che piova.

41

Cominciò proprio a piovere. Mentre scendeva l’oscurità e gli uomini tornavano alla caverna, si alzò un vento teso e i tuoni rimbombarono in cielo. Kedar, l’ultimo dei cacciatori a tornare, entrò zoppicando nella caverna, bagnato fradicio, i capelli incollati alla testa, borbottando tra sé.

Mentre consumavamo una cena eccellente a base di coniglio e marmotta, gli uomini cominciarono a parlare delle grosse prede che avevano visto a valle… antilopi e bisonti, stando alle loro descrizioni. E, naturalmente, c’erano mammut e cavalli e animali di ogni genere in quel paesaggio dell’Era Glaciale. Diedi loro tutte le informazioni possibili, sapendo che presto li avrei lasciati.

— E ci sono anche lupi, là fuori — disse Kedar. — Ne ho visti un paio mentre tornavo, sotto la Pioggia.

— Devono esserci anche degli orsi.

— Non ci daranno fastidio qui nella caverna finché terremo acceso un bel fuoco — dissi.

— A meno che i bruti non li controllino.

— È rimasto un solo bruto — dissi, mentre sedevamo attorno al fuoco. Le loro facce illuminate dai riflessi erano sudice e unte. — E io gli darò la caccia non appena smetterà di piovere.

Per un attimo nessuno disse una parola. Poi Kedar cominciò a parlare di come catturare le antilopi.

Guardai Adena, e li lasciai ai loro progetti. Ormai si preoccupavano di più delle loro pance che di continuare la guerra.

La tempesta si scatenò durante la notte, le raffiche di vento penetravano fin nella caverna portando scrosci di pioggia che per poco non spensero il nostro fuoco. Prendemmo i tizzoni rimasti e ci ritirammo più all’interno, dove l’acqua non ci avrebbe raggiunto.

I tuoni squassavano il cielo, i lampi esplodevano nell’oscurità. Gli altri provarono ad addormentarsi sul freddo pavimento di roccia, ma qualcosa mi costrinse a fissare lo sguardo nella notte, nella bufera all’esterno.

“Ahriman,” mi resi conto. “È qui. Vuole afferrarci. È opera sua. Questa è la sua bufera.”

Adena era stesa a terra, dormiva profondamente. Le sorrisi, sorrisi alla mia dea addormentata che aveva assunto forma umana. Respirava lentamente, regolarmente, e quando riposava il suo viso era ancor più bello. Mi chiesi come potesse compiere una transizione del genere, diventare umana tramite un mutamento così radicale. Mi chiesi come Ahriman avesse potuto compiere una transizione identica e contraria, diventando un essere dalle caratteristiche sovrumane.

All’inizio doveva essere stato uguale agli altri della sua specie. Anche adesso, nel periodo e nel luogo in cui ci trovavamo, non aveva dimostrato di possedere poteri soprannaturali. In altre ere si era spostato, e mi aveva spostato, nello spazio-tempo con una facilità irrisoria. Come aveva acquisito quei poteri? Quando?