«E Godfrey ha visto il bene.»
«Esattamente. È molto semplice. Finn è convinto che l’uomo non deve andare fra le stelle, proprio come Godfrey è convinto che solo lassù troverà la salvezza.»
«E tutti e due combattono l’Amo.»
«Godfrey si propone di porre fine al monopolio, ma di conservarne le strutture. Finn va molto più in là. Per lui, l’Amo è un fattore incidentale, nient’altro. Il suo vero bersaglio è la cinetica paranormale. Vuole spazzarla via. completamente.»
«E Finn combatte Stone.»
«Cerca di farlo,» disse Harriet. «In realtà, non è possibile combatterlo. Godfrey si mette in mostra così poco che è troppo difficile colpirlo. Ma Finn è riuscito a scoprire che cosa fa, e lo considera come una delle figure chiave che potrebbero mettere in moto i para. Se appena lo potrà, lo farà fuori.»
«Non mi sembri troppo preoccupata.»
«Godfrey non è preoccupato. Per lui, Finn è solo uno dei tanti problemi, dei tanti ostacoli.»
Uscirono dal ristorante e si avviarono lungo il marciapiedi che costeggiava gli châlets.
La valle del fiume era immersa in un’ombra nera e purpurea, e il fiume sembrava di bronzo scuro, nella luce del giorno morente. Le cime delle colline, al di là della valle, erano ancora chiazzate di sole, e alto nel cielo un falco volava ancora in cerchio, con le ali che sembravano lampi d’argento, mentre si librava in quell’azzurro.
Raggiunsero la porta della villetta, e Blaine l’aprì con una spinta, poi si fece da parte per lasciar passare Harriet, e la seguì. Aveva appena varcato la soglia quando lei lo urtò, arretrando violentemente.
Blaine udì il rantolo secco nella gola di lei: e il corpo appoggiato al suo era rigido e teso.
Guardando al di sopra della spalla di Harriet, scorse Godfrey Stone che giaceva sul pavimento, a faccia in giù.
XXI
Nel momento in cui si chinava su di lui. Blaine capì che Stone era morto. Sembrava più piccolo, come per un avvizzimento essenziale della sua figura umana, come se la vita fosse stata una dimensione fondamentale che aveva contribuito a farlo apparire imponente. Adesso era un corpo inerte negli abiti sgualciti, ed era spaventoso nella sua immobilità.
Sentì che, dietro di lui, Harriet stava richiudendo le porte e faceva scattare le serrature. E, tra uno scatto e l’altro, gli sembrò di udire un singhiozzo.
Si piegò per vedere meglio, e nella penombra riuscì a distinguere uno scintillio più cupo, fra i capelli, dove il sangue era sgorgato dal cranio.
Le imposte delle finestre scricchiolarono e gemettero, rumorosamente, mentre Harriet premeva la leva che le controllava.
«Accendi la luce», disse lui.
«Subito, Shep».
Udì lo scatto dell’interruttore, e dal soffitto si irradiò la luce, e in quel bagliore Blaine vide che il cranio di Stone era stato fracassato da un colpo sferrato con un oggetto pesante.
Non c’era bisogno di tastargli il polso, non c’era bisogno di ascoltare il cuore. Nessun uomo avrebbe potuto sopravvivere, con il cranio fracassato in quel modo.
Blaine si scostò leggermente, ma rimase accosciato, meravigliandosi della ferocia e forse della disperazione che aveva guidato il braccio scattato per infierire il colpo.
Poi guardò Harriet e annuì in silenzio, sorprendendosi della sua calma: e poi si ricordò che per un giornalista lo spettacolo di una morte violenta non poteva essere eccezionale.
«È stato Finn», disse lei, con una voce tranquilla e bassa; così tranquilla che si poteva sentire la forza con cui lei si imponeva quella calma. «Non Finn personalmente, è naturale. Qualcuno assoldato da lui. O qualcuno che si è offerto volontariamente. Uno di quei seguaci fanatici. C’è parecchia gente che sarebbe disposta a fare qualunque cosa, per lui».
Attraversò la stanza e venne a inginocchiarsi accanto al cadavere, di fronte a Blaine. La sua bocca aveva una piega amara e decisa. Il volto era austero e contratto. E c’era una linea serpeggiante, sulla sua guancia, che segnava la caduta di una lagrima.
«E adesso che cosa facciamo?» domandò Blaine. «Chiediamo la polizia?»
Harriet fece un gesto per bloccarlo.
«Niente polizia», disse. «Non possiamo permetterci di impegolarci in questo modo. È precisamente quello che vorrebbero Finn e i suoi seguaci. Quanto ci scommetti che qualcuno ha già telefonato, alla Polizia?»
«L’assassino, vuoi dire?»
«Certamente. E perché no? Una voce anonima annuncia che un uomo è stato ucciso nello chalet numero 10 al tale motel. E poi riattacca in fretta».
«Per metterci nei guai?»
«Per mettere nei guai chiunque fosse assieme a Godfrey. Può darsi che non sappiano nemmeno chi siamo, esattamente. Quel dottore, all’ospedale…»
«Non lo so», disse Blaine. «Può darsi».
«Ascoltami, Shep. Da tutto quello che è successo, sono sicura che Finn è a Belmont».
«Belmont?»
«La città dove ti abbiamo trovato».
«Si chiama così?»
«Sta succedendo qualcosa», disse Harriet. «E sta succedendo proprio qui. Qualcosa di molto importante. C’era Riley con il suo camion e poi…»
«Ma che cosa dobbiamo fare?»
«Non possiamo permettere che trovino qui Godfrey».
«Potremmo portare la macchina davanti all’uscita posteriore, e caricarlo di nascosto».
«Sicuramente c’è qualcuno che ci sorveglia. E ci prenderebbe con le mani nel sacco».
Harriet batté le mani, esasperata.
«Se Finn riesce ad avere campo libero, adesso», esclamò, «probabilmente potrà realizzare tutti i suoi piani. Non possiamo permetterlo. Dobbiamo fermarlo».
«Noi?»
«Tu ed io. Tu devi prendere il posto di Godfrey. Adesso tocca a te».
«Ma io…»
Gli occhi di Harriet lampeggiarono.
«Tu eri suo amico. Tu hai sentito quello che ti ha detto. Tu gli hai promesso di stare dalla sua parte».
«Sicuro», ammise Blaine. «Ma io non saprei da che parte cominciare. Non so neppure come stiano esattamente le cose».
«Ferma Lambert Finn», disse lei. «Scopri quello che sta facendo e fermalo. Con una scaramuccia dilatatoria…»
«Tu e il tuo modo di pensare militare. Le tue scaramucce dilatorie, le tue linee di ritirata». (Un generale molto femminile, con stivali enormi, ed una quantità di medaglie appuntate sul seno.)
Piantala!
Sei una giornalista. E dovresti essere obiettiva!
«Shep, finiscila», disse lei. «Come posso essere obiettiva? Io credevo in Godfrey. Credevo in quello che stava facendo».
«Ci credevo anch’io. Ma è una cosa tanto nuova, ed è successo tutto così in fretta…»
«Forse dovremmo tagliare la corda lasciando tutto come sta».
«No! Aspetta un momento. Se facciamo così, probabilmente saremmo finiti, esattamente come se ci prendessero qui».
«Ma, Shep, non c’è possibilità…»
«Forse potrebbe esserci», le disse Blaine. «Da queste parti c’è una città o un paese che si chiama Hamilton?»
«Si. A tre o quattro chilometri da qui. Lungo il fiume».
Blaine scattò in piedi e si guardò intorno.
Il telefono stava sul comodino, fra i due letti.
«Ma che cosa…»
«Un’amica», disse Blaine. «Qualcuno che ho conosciuto. Qualcuno che potrebbe aiutarci. A tre o quattro chilometri da qui, hai detto?»
«Sì. Se è di Hamilton che stai…»
«Infatti», disse Blaine.
Attraversò in fretta la stanza, e sollevò il ricevitore dalla forcella, poi fece il numero del centralino.
«Voglio parlare con Hamilton. Come devo fare?»
«Che numero, signore?»
«Duecentosettantasei».