— Ma certo — rispose Orcutt. — Dove credete che li abbiamo presi? Non siamo mica tornati al di là dell’Ago a prenderli. Li abbiamo fatti noi.
— E come?
— Con fosforo, cera, colla e stecchini.
— E credete che non sappia queste cose? — tuonò Sudduth. — Ho fatto l’Alto Istituto di Chimica e conosco bene il fosforo. So anche che non potete trovarlo dappertutto. Dov’è allora?
— È tutto intorno a voi, il fosforo — rispose Devan.
— Lo volete far passare per scemo?
— No, Blaine.
— Su, su — Sudduth tagliò corto impaziente. — Voglio questa spiegazione.
— Bene, avete chiesto una spiegazione e l’avrete — Devan gli rispose. — Prendete le ossa di animali e le bruciate. Le ceneri che rimangono consistono di fosfato di calcio puro. Lo scaldate con sabbia e coke e il distillato è il fosforo.
— Semplice, no? — disse Orcutt.
— Dovete farmelo vedere.
— Ci avevamo pensato. Venite.
Proseguirono il loro cammino, oltrepassando il negozio di terraglie, il laboratorio dove si stava studiando il vetro e dove Basher, affaccendatissimo, li salutò con la mano dall’interno.
Quindi passarono davanti a una piccola costruzione dalla quale usciva un odore caratteristico, familiare a Devan ma, pensò lui, non certamente altrettanto a Sudduth.
— È la nostra cantina per la distribuzione di vino e alcoolici. A capo ne è il dottor Costigan.
— Molto interessante — rispose Blaine semplicemente, facendo eco a quanto Sudduth aveva detto sino a quel momento.
— Per nulla interessante — si scagliò invece questa volta Sudduth. — L’alcool è il nemico dell’uomo, il distruttore del suo corpo, lo sfacelo della sua mente.
— Costigan non sarebbe certo d’accordo con voi — disse Sam Otto — e io gli do ragione.
— Del resto — disse Orcutt — abbiamo qui anche due dottori.
— Due dottori? — Sudduth lo guardò con espressione incredula, quindi disse acidamente: — Non ci state conducendo dai nostri sei?
Il giro che Orcutt fece loro fare incluse l’area di fabbricazione della carta, dei fiammiferi, i telai che lavoravano il lino e un po’ di cotone che si era trovato, e il laboratorio di falegnameria.
— Ehi! — esclamò Sudduth, vedendo un uomo che vi lavorava. — Ha un “martello”!
— Già — rispose Devan — gliel’ho fatto io.
— Voi?
— Sì, abbiamo impiantato una piccola acciaieria e ci stiamo ingrandendo un po’ per volta.
Sudduth scosse la testa. — Se il nostro buon Signore ci avesse concesso queste cose, avrebbe lasciato che passassero di qui con noi.
— Ma ci ha lasciato portare le nostre teste — disse Orcutt — con le quali ci siamo dati da fare costruendo tutte queste cose. Se continueremo ad averle, tra un po’ impianteremo una piccola tessitura che darà vestiti a tutti noi. C’è una donna che prima filava e ci ha assicurato che in un giorno può fabbricare la stoffa giusta per un vestito. Tra le donne abbiamo poi numerose sarte, che taglieranno gli abiti. Figuratevi che stiamo costruendo anche un laboratorio chimico. C’è un giovane chimico tra noi che si dedicherà alle materie plastiche. Come vedete, stiamo modernizzandoci né più né meno di quando eravamo “là”.
— Ah! — urlò Sudduth — ma la vendetta di Dio scenderà su tutti noi a causa vostra e ci saranno sciagure per tutti!
— Amen — fece Blaine.
— Quante cose meravigliose faremo! — seguitò Devan. — E non ripeteremo più gli errori dei nostri padri. Vi posso fare qualche esempio. Gli indiani per intenerire la carne la mettevano tra le foglie dell’albero detto “paw-paw”. Quando l’uomo bianco scoprì questa loro usanza pensò che si trattasse solo di un rito, mentre invece c’è realmente qualcosa in queste foglie che ammorbidisce la carne. Perché non farlo ora? Abbiamo il vantaggio di tutto un passato, vedete.
“Secondo, pensate un po’ al monosodio glutammato, il sale che rende migliori i nostri cibi. Noi eravamo così sciocchi da gettarlo via quando estraevamo lo zucchero dalle barbabietole, pensando che fosse solo un inutile sottoprodotto. Questo, fintanto che non ci rendemmo conto del nostro sbaglio. E qui lo possiamo utilizzare benissimo. E poi, abbiamo trovato, oltre a queste, alcune cose diverse da come erano sul nostro mondo: conigli con una lunga coda e scoiattoli bianchi e i fiori cosiddetti ‘bellezze di primavera’ a sei petali, ma in definitiva suppergiù è sempre la stessa cosa. Possiamo quindi rendere questo luogo come lo desideriamo”.
— Sì, Traylor. Sono d’accodo con voi. Noi possiamo fare ciò che voi volete o fare ciò che dovrebbe essere fatto. Scegliete.
— Amen — fece eco Blaine.
Terminato il loro giro d’ispezione, Orcutt li condusse alla più grande costruzione del campo, la sala di riunione. Era una struttura semplice con le pareti di mattoni e il soffitto di legno ricoperto d’erba.
— E qui cos’è? — chiese Sudduth, camminando verso la tavola che era nel centro di una parete.
— È il nostro luogo di riunione o, all’occorrenza, la nostra sala da ballo.
— “Da ballo”? — Sudduth pronunciò le due brevi parole con enorme disgusto.
— Già, alcuni dei nostri ragazzi stanno mettendo insieme un’orchestrina, per ballare. Non volete sedervi? — Indicò la panca in prima fila. — Voi conoscete il signor Tooksberry, vero? — Fece segno verso un uomo seduto a un tavolo un po’ più in là. — Sta scrivendo la nostra costituzione. Tooksberry era un avvocato e ricorda molto bene il codice. Prima di essere avvocato, univa la gente in matrimonio.
Tooksberry stava industriandosi con una cannuccia. — Darei qualunque cosa per una penna, anche a sfera. È già abbastanza duro lavorare senza i miei occhiali.
— Dov’è la vostra segretaria? — Devan chiese.
— Ricordate Beatrice Treat. Ora è sua moglie e sua segretaria.
— Si è allontanata per ovvie ragioni prima che voi entraste. — Tooksberry sorrise e fece un ampio gesto che comprendeva tutte le carte sparse sul tavolo. — È la mia grande occasione. Posso riunire tutte le leggi che mi sembrano giuste e posso escludere le ingiuste. Proprio una tremenda responsabilità. Naturalmente molte leggi non le ricorderò neanche, come quelle sul traffico. Ma comunque gli statuti che adotteremo saranno sempre suscettibili di revisioni.
— Molto edificante — commentò acidamente Sudduth. — Volete ricondurmi qui i miei sei seguaci, o no?
— Volete dire se essi accettano.
In quel momento entrò un ragazzo di sedici anni. — Signor Orcutt — disse — quella gente dice che non vuol venire a parlare né col signor Sudduth né col signor Blaine.
— Eccovi la loro risposta Eric — disse Orcutt, mentre il ragazzo correva fuori.
— Pensate che la beva così facilmente? Come se non aveste imbeccato il ragazzo su quello che doveva dire!
— Vi sbagliate. Diceva la verità, che io già conoscevo, ma di cui volevo aveste una prova. Ci è voluto tanto tempo per trovarli tutti e sei, dato che stanno lavorando in luoghi diversi. Tutti tranne uno, che aveva un appuntamento dal dentista.
— Appuntamento dal dentista? — le sopracciglia di Sudduth si alzarono lentamente, il suo volto si calmò e i suoi occhi persero il fuoco di prima. — Vuol dire che avete anche un dentista?
— Una conclusione logica, la vostra — Orcutt disse ridendo. — Certo sapevate che durante il passaggio, tutte le capsule e i denti falsi andarono perduti, no?
— Certo. Abbiamo usato argilla e cera. Che trattamento pratica questo vostro dentista?
— Adopera l’oro. Guardate — disse Devan aprendo la bocca per mostrare le otturazioni fattegli.