“Rischiando per un momento di farmi vedere, mi sono piegato in avanti e ho raccolto una pagina. Era del ‘Chicago Tribune’. Il foglio degli annunci economici. Portandomi alla luce ne ho letto qualcuno. Le solite vecchie cose. Molto richieste le lavatrici, tale e quale come un tempo, come se quel tempo fosse ieri, solo che la data era quella di questa mattina.
“Sapevo che dovevo tornare, ma prima sono corso fuori sul marciapiede e ho dato un’occhiata verso il Loop. Si vedevano riverberi rossi in cielo: le luci al neon. Era Chicago, senz’altro. Poi le macchine cominciarono a rallentare, ho sentito gente che urlava e ho capito che ero stato scorto. Mi sono precipitato in salvo, dopo aver evitato una banda di ragazzini, che mi si è parata davanti all’improvviso”.
Tooksberry tacque e sorrise. — Inutile che vi spieghi come. Semplicemente mi son lasciato scivolare in una delle finestre dello scantinato, ho trovato la porta e mi son ficcato qui dentro, come vedete.
Devan non poteva credere a quanto aveva udito e vide la stessa espressione di dubbio anche in Costigan.
Tutti se ne stettero zitti per un po’. Poi Orcutt chiese: — È tutto quello che avete visto, Howard? Proprio tutto?
— Sì — rispose.
— E com’erano le macchine? — chiese Basher.
— Be’, non facevano il solito rumore che noi conoscevamo. E mi parvero più basse, più slanciate e più veloci.
— Insomma — disse Sam Otto — quello che ci resta da fare ora è di mettere in marcia l’Ago e farci passare tutti.
— È tutto sistemato — intervenne Orcutt, osservando con attenzione Tooksberry. — Il Consiglio ha già stabilito il da farsi in questo caso. Domattina alle dieci i cittadini della Nuova Chicago si riuniranno tutti qui. Nel frattempo, provvederemo a stabilire un ordine di precedenza e a far sì che i componenti di una stessa famiglia possano passare uno dietro l’altro.
— Datemi da bere — disse Costigan. — Per combinazione, ho qui un numero sufficiente di bicchieri per tutti.
— E qualche cosa da metterci dentro? — chiese Sam Otto.
— È proprio il momento di bere per festeggiare — disse Basher.
— Come faremo ad avvisare la gente, Orcutt? — chiese Holcombe.
— Ne è incaricato Johnson che passerà con i suoi uomini da tutte le case, spiegando a ognuno il da farsi.
Venne fatto girare il vino e per un po’ tutti rimasero zitti. Avrebbero forse dovuto essere allegri e spensierati, ma invece si rendevano conto della gravità della situazione.
— Sarà diverso — disse Otto — tornare a Chicago. Mi chiedo se i miei amici avranno sentito la mia mancanza.
— Sembrerà molto strano, non vi pare?
— Abbiamo passato bei momenti, qui — disse Tooksberry. — Solo qui ho trovato la felicità.
— Posso andare a raccontarlo ai miei? — chiese il ragazzo che sino a quel momento era stato zitto.
— Va’ pure — gli disse — a raccontarlo — e lui corse fuori.
Poi Tooksberry, sbadigliando, manifestò il desiderio di andare a dormire.
— Domani è una gran giornata — disse.
— Verrò subito anch’io — soggiunse Orcutt.
— Vi posso parlare? — chiese Devan a Tooksberry lasciando Orcutt e il dottore. Tooksberry annuì e uscirono nell’aria fresca della notte.
— Vi devo dire qualcosa, Howard.
— Che c’è? — Tooksberry lo fissò di traverso.
— Sono entrato nell’Ago la scorsa notte.
— Davvero?
— E non vidi altro che roccia, roccia desolata fin dove l’occhio poteva spaziare. E l’unica cosa viva che vidi fu l’erba.
— Visione deprimente.
— Non avete visto la stessa cosa?
— Non dirò a nessuno che siete entrato nell’Ago, Dev.
— Perché avete detto loro che è Chicago?
— E perché voi non avete detto che non lo era, Dev?
— Avete visto la stessa cosa che ho visto io, allora?
— È Chicago — disse Tooksberry. — Deve essere Chicago, dovete crederci, Dev.
19
Uno degli uomini di Johnson svegliò Devan al mattino, con un energico colpo alla porta per ricordare che la riunione era alle dieci nel laboratorio di Costigan.
— Scusate, signore — disse, quando Devan fu di fronte a lui, in pigiama. — Dobbiamo chiamare tutti. Voi capite.
— Naturalmente.
— Avete avvisato la signora Traylor?
— Non ancora. — Poi, vedendo che il poliziotto stava sempre lì: — Ma lo farò — aggiunse.
Quando Devan era tornato a casa la sera prima, era ben deciso a parlare. Ma più ci pensava, domandandosi che cosa volessero significare le parole di Tooksberry e il suo comportamento così strano, più si convinceva che doveva star zitto. Se il campo avesse saputo che non si poteva tornare a Chicago, sarebbe successo uno scompiglio generale. Ma non sarebbe stato peggio radunare là tutta la gente e poi annunciare che non si poteva tornare?
Sperò che Tooksberry sapesse quello che faceva e, pur ritenendo che il suo comportamento fosse per lo meno strano, tuttavia si guardò bene dal dire a Betty che la sperata via per ritornare non esisteva.
Mentre preparava la colazione, Betty era pallida e Devan pensò che anche il suo viso dovesse essere uguale. Una cosa sapeva: la sua mente era troppo ossessionata dal pensiero dell’Ago, della gente, di Tooksberry e se dire o no la verità a Betty. Il risultato fu che la colazione gli rimase sullo stomaco.
Quando fu pronto per scendere al laboratorio, Devan disse, come per caso: — Devo andare ora. Mi raggiungi là?
Betty lo accompagnò alla porta. Aveva quasi le lacrime agli occhi. Lui la baciò leggermente, Betty gli buttò le braccia al collo.
— Devan.
— Che cosa c’è?
— Devan. — Non lo voleva lasciar andare. — Siamo stati molto felici insieme in tutti questi anni.
Il suo cuore ebbe uno spasimo di tenerezza che gli salì in una sensazione confusa alla testa, lasciandolo come stordito.
— Lo so — riuscì a dire.
— E, Devan — le sue braccia lo cingevano ancora, le sue labbra stavano appoggiate al suo orecchio — non cessiamo di essere felici. Restiamo qui. Non voglio tornare. E tu?
La strinse forte, con gioia.
— Io non voglio tornare, Betty. — Era meraviglioso scoprire così semplicemente la verità che si era nascosto per tanto tempo. — Non ho mai realmente desiderato di tornare.
Betty lo prese sottobraccio e lo guardò con espressione radiosa. — Anche se rimarremo soltanto in quattro: tu, io e i bambini.
— Staremo sempre insieme — disse Devan — qui.
Il mattino era fresco e splendeva un sole luminoso. Il lago era quasi un completamento del cielo. Riverberi di luce danzavano sulle onde che si infrangevano a riva.
Se non ci fossero state cose tanto importanti in aria, certamente qualcuno vi si sarebbe tuffato. I bambini che di solito giocavano sulla riva non c’erano. L’intera popolazione della Nuova Chicago si era data convegno al laboratorio dell’Ago.
La gente arrivava a gruppi, alcune persone isolate e nessuno aveva portato le proprie cose con sé, ben sapendo che dall’Ago non poteva passare nulla. Orcutt era là davanti a un grosso recipiente, una specie di bacheca, nel quale erano ammassate striscioline di carta con dei numeri. Devan aiutava Johnson nell’elenco dei nomi, che erano cinquecentotrentuno, compreso quello dell’ultimo nato, che aveva visto la luce quella mattina stessa.
Johnson disse che i suoi uomini erano stati in tutte le case e che mancava poca gente: qualcuno che stava a caccia nei dintorni e altri due che erano partiti per un mese in giro di esplorazione.