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Trixia Bonsai dov’era? Ezr sentì voci femminili oltre l’incrocio. Girò l’angolo e la vide, fra una decina di altri traduttori. Sembrava disorientata; non era abituata al mondo fuori dalla sua cella. Ma parve riconoscerlo. — Silenzio! Silenzio! — gridò, e i colleghi tacquero, ubbidienti. Gettò uno sguardo distratto verso Ezr. — Numero Quattro, quando andremo su Arachna?

Numero Quattro? — Uh, presto, Trixia. Ma non oggi. Non sulla Mano invisibile.

— Perché no? Non mi piace perdere tempo!

— Per il momento il caponave ha bisogno che restiate al lavoro qui. — E questa era infatti la versione ufficiale. Soltanto gli addetti alla rete occorrevano in quell’operazione di avvicinamento. Pham ed Ezr erano al corrente della ragione più oscura, quella vera. Nau voleva meno testimoni possibile a bordo della Mano. — Tu andrai quando non ci sarà più pericolo, Trixia, te lo prometto. — La prese per una spalla. Lei non si mosse. Era aggrappata a un corrimano e resisté tenacemente a tutti i suoi sforzi per riportarla nel cubicolo.

Ezr cercò con lo sguardo Rita Liao. — Cosa possiamo fare?

— Aspetta. — Si toccò un orecchio e ascoltò quel che succedeva altrove. — Phuong e Silipan verranno a riportare i traduttori nei loro alloggi solo quando avranno finito di sistemare gli altri sulla Mano Invisibile.

Signore Iddio, questo significava qualche migliaio di secondi. Nel frattempo venti traduttori avrebbero continuato a far chiasso nei labirinti dell’attico, Ezr prese Trixia per un braccio. — Devi tornare al lavoro nella tua stanza, Trixia. Non puoi restare qui a perdere tempo quando il lavoro aspetta. Uh… scommetto che hai lasciato il visore là, vero? Potrai usarlo per chiedere al caponave quando andrete su Arachna. — Probabilmente Trixia aveva lasciato là l’interfaccia perché glielo avevano spento. Ma a quel punto l’unica cosa era produrre suoni rassicuranti.

Trixia si spostò alla ringhiera opposta, indecisa. A un tratto gli voltò le spalle e si spinse verso l’incrocio che portava al suo alloggio. Ezr la seguì.

L’impianto del cubicolo reagì alla presenza di Trixia, e gli schermi si accesero. Trixia raccolse l’interfaccia e lo mise davanti agli occhi. Ezr sincronizzò i suoi localizzatori con l’apparecchio di lei e vide che non era disattivato. C’era in arrivo il solito input dalla banca dati dei traduttori; nulla in diretta dal pianeta, ma faceva lo stesso. Trixia sedette alla scrivania e guardò i display. Le sue dita corsero alla tastiera, ma sembrava aver dimenticato l’idea di chiedere spiegazioni al caponave. La sola vista del suo posto di lavoro l’aveva trascinata di nuovo giù nelle profondità del Focus. Una finestra apparve nell’aria. Le complicazioni linguistiche che sfilarono rapidamente dovevano essere la versione scritta dell’audio di qualche trasmissione dei Ragni, un filmato, o più probabilmente (data la situazione attuale) l’intercettazione di una stazione militare. — Io non sopporto le perdite di tempo. Non è giusto. — Di nuovo un lungo silenzio, poi aprì un’altra finestra. Colori e forme spezzettate balenarono nell’inquadratura. Ezr riconobbe di cosa si trattava solo perché aveva già visto quello schema altre volte lì con lei. Era il notiziario commerciale dei Ragni che Trixia traduceva tutti i giorni. — Questa notizia è sbagliata. Sarà il generale Smait ad andare nella Terra Meridionale, non il Re — disse. Era ancora tesa, ma si trattava della sua solita normale concentrazione da focalizzata.

Pochi secondi dopo Rita Liao mise la testa nella stanzetta. Ezr si accorse che sembrava perplessa. — Tu sei un mago, amico. Come sei riuscito a calmarli tutti quanti?

— Io… non ho fatto altro che parlare con Trixia. Credo che lei si fidi di me. — O così sperava. Non ne era affatto certo.

Rita controllò il corridoio con uno sguardo e annuì. — Sì. Ma dopo che l’hai riportata al lavoro tutti gli altri sono rientrati nelle loro celle, dritti filati. Sai, questi traduttori sono più stabili e trattabili delle altre testerapide. Sono focalizzati su parametri diversi. Basta far scattare l’interruttore del membro alfa, e tutti gli altri si sintonizzano con lei. — Ebbe un sorrisetto. — Suppongo che tu l’abbia visto altre volte. I traduttori sono i componenti chiave del circuito.

— Trixia è una persona! — Tutti i focalizzati sono persone, dannati Emergenti schiavisti!

— Lo so, Ezr. Scusa. Volevo solo dire che… Trixia e gli altri traduttori sono diversi. Bisogna mantenere molte funzioni cognitive per impadronirsi di una cultura straniera. Fra i focalizzati loro sono i più vicini alla gente normale. Senti… ora mi prendo cura io del reparto, in attesa che tornino Phuong e gli altri.

— D’accordo — annuì Ezr, rigidamente.

Rita chiuse e si allontanò in corridoio. Poco dopo Ezr sentì anche altre porte chiudersi, e nell’attico tornò il silenzio.

Trixia sedeva davanti alla tastiera, incurante delle opinioni espresse in sua presenza. Ezr la guardò con un sospiro, pensando al futuro che la aspettava e a come avrebbe potuto salvarla. Dopo quarant’anni di quel lavoro i traduttori sembravano più che mai appassionatamente legati ad Arachna. Tuttavia Nau non programmava di farli scendere sul pianeta… non ancora. Ma quando Arachna fosse stato conquistato Trixia e i suoi colleghi sarebbero diventati la voce dei conquistatori.

Solo che questo non accadrà mai. Il piano di Pham Nuwen procedeva con lo stesso ritmo di quello di Nau. A parte pochi sistemi di tipo semplice, solo elettromeccanico, i localizzatori Qeng Ho avevano il controllo di tutto. Pham ed Ezr stavano apprestando il sabotaggio più efficace che si potesse concepire ad Hammerfest, a parte un blackout energetico completo. L’interruttore era puramente meccanico, immune a ogni manipolazione sottile. Ma Nuwen aveva anche un altro uso per i localizzatori. Un uso fisico. Negli ultimi Msec essi s’erano riuniti in uno spesso e solido strato intorno a quell’interruttore e avevano preparato un sabotaggio analogo nell’interno dei sistemi soltanto elettromeccanici, anche a bordo della Mano Invisibile. Negli ultimi cento secondi ci sarebbe stato un forte rischio. Era un trucco che poteva essere usato una sola volta, mentre Nau e i suoi scherani sarebbero stati occupati con la loro presa di potere.

Se il sabotaggio avesse funzionato — quando avrebbe funzionato — il potere sarebbe stato preso dai localizzatori Qeng Ho. E allora verrà il nostro momento.

44

Hrunkner Unnerbai trascorreva la maggior parte del tempo a Comando Territoriale; quella era diventata la base delle sue operazioni edilizie. E ogni giorno gli capitava di doversi recare più volte alla sede del Servizio Informazioni dell’Alleanza. Ogni volta parlava col generale Smait con qualcun altro, e la incontrava inoltre a tutte le riunioni dello staff. Il loro colloquio faccia a faccia avvenuto a Calorica — ormai cinque anni addietro — non era stato cordiale e tuttavia si erano in qualche modo riappacificati. Ma da diciassette anni — tanto era trascorso dalla morte di Gokna — lui non metteva piede nell’ufficio privato del generale.

Victreia Smait aveva un nuovo segretario, giovane e sicuramente molto fuori-fase. Hrunkner lo notò appena. In silenzio entrò nel sancta sanctorum del generale. Era ancora come lo ricordava, con gli scaffali aperti e i trespoli davanti alle finestre lunghe e strette. Per un momento il tempo scivolò via. Quello era stato l’ufficio del generale Strut Grionval, quando Victreia Smait aveva ancora i gradi di tenente sulla blusa. Il vecchio Grionval sarebbe rimasto stupito da certi cambiamenti; c’erano più computer ed elettronica che nell’ufficio di Sherkaner Underhill a Principalia. Una parete era occupata per intero da un grosso schermo di videomanzia. L’immagine che riceveva in quel momento proveniva da una telecamera sul tetto. Le Cascate Reali erano congelate da oltre due anni. Da lì si vedeva tutta la vallata. Le colline erano buie e spoglie; sulle cime si notava già dell’anidride carbonica congelata. Ma più vicino… luci in tutte le tonalità sopra l’infrarosso uscivano dagli edifici, illuminavano le strade, vivacizzavano il traffico. Per un momento Hrunkner pensò alla scena com’era stata una generazione addietro, durante l’ultima Tenebra. Diavolo, l’edificio in cui si trovava non era più praticabile, e il Quartier Generale aveva sede nelle piccole caverne del sottosuolo. Gli ufficiali si affollavano nel gelo di quegli scomodi locali in attesa degli ultimi messaggi radio dal fronte, chiedendosi se la squadra di Hrunkner e di Sherkaner Underhill sarebbe sopravvissuta nella sua profondità subacquea. Poi Strut Grionval aveva chiuso le caverne e la Grande Guerra s’era anch’essa congelata nel lungo sonno da cui era destinata a non svegliarsi più. Ma in questa generazione noi tiriamo avanti… dritti verso la più terribile guerra di tutti i tempi.