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«Combattono delle guerre.»

«Davvero? Mmh.» Kress diede un’altra occhiata.

«La prego di notare i colori» gli disse Wo, indicando le creature che si accalcavano sul castello più vicino. Una di loro stava raspando la parete della vasca. Kress la esaminò con attenzione. Continuava a sembrargli un insetto. Lungo appena quanto un’unghia, con sei zampe e altrettanti microscopici occhi distribuiti attorno al corpo. Delle temibili mascelle schioccavano visibilmente, mentre due lunghe antenne sottili tessevano trame nell’aria. Antenne, mandibole, occhi e zampe erano nero fuliggine, ma il colore dominante era l’arancione bruciato del carapace. «È un insetto» insisté Kress.

«Non è un insetto» replicò Wo con calma. «L’esoscheletro si stacca, quando il re della sabbia cresce. Se cresce. In una vasca di queste dimensioni non succede.» Prese Kress per il gomito, e lo fece spostare davanti al castello successivo. «Osservi ora i colori di questi.»

Ubbidì. Erano diversi. I re della sabbia avevano il carapace rosso acceso, mentre antenne, mandibole, occhi e zampe erano gialli. Kress guardò dall’altra parte della vasca. Gli abitanti del terzo castello ancora in vita erano color avorio, con gli arti e il resto rossi. «Mmh» fece.

«Come dicevo, combattono» disse Wo. «Stringono anche tregue e alleanze. È stata un’alleanza a distruggere il quarto castello. I neri stavano diventando troppo numerosi, allora gli altri si sono uniti per annientarli.»

Kress non era ancora convinto. «Divertente, senza dubbio, ma anche gli insetti combattono.»

«Gli insetti però non adorano nessuno» disse Wo.

«Scusi?»

Wo sorrise e indicò il castello. Kress guardò. Sulla parete della torre più alta era stato inciso un viso. Lo riconobbe. Era la faccia di Jala Wo. «Ma come...?»

«Ho proiettato per alcuni giorni un ologramma della mia faccia. Il volto di dio, capisce? Li nutro, sono sempre con loro. I re della sabbia hanno poteri psionici rudimentali, vicini alla telepatia. Sentono chi sono, ed esprimono l’adorazione per me decorando i loro edifici con il mio ritratto. Ce n’è uno su ogni castello, guardi.» Era così.

Nella scultura la faccia di Jala Wo era serena e pacifica, molto realistica. Kress restò meravigliato dalla perfezione tecnica della riproduzione. «Come fanno?»

«Le prime zampe si flettono come braccia. Hanno anche una sorta di dita: tre piccoli tralci flessibili. E cooperano bene, sia per costruire che per combattere. Tenga presente che le unità mobili dello stesso colore hanno tutte la medesima mente.»

«Mi spieghi meglio» chiese Kress.

Wo sorrise. «La mandibola vive nel castello. Mandibola è il nome che le ho dato io. Un po’ riduttivo, se vogliamo, poiché la creatura è al tempo stesso madre e stomaco. Femmina, grande quanto il suo pugno, immobile. In realtà, re della sabbia è un appellativo improprio. Le unità mobili sono contadini e guerrieri, chi comanda davvero è la regina. Ma anche questa analogia è sbagliata. Ogni castello, considerato nel suo complesso, è un’unica creatura ermafrodita.»

«E cosa mangiano?»

«Le unità mobili si nutrono di pap, cibo predigerito proveniente dall’interno del castello. Lo ricevono dalla mandibola, che lo ha lavorato per diversi giorni. I loro stomaci non possono assumere altro, per cui se la mandibola muore, nel giro di poco muoiono tutti. La mandibola mangia... di tutto. Non avrà particolari spese in proposito. Andranno benissimo gli avanzi di cucina.»

«E cibo vivo?» chiese Kress.

Wo alzò le spalle. «Be’, ogni mandibola mangia le unità mobili degli altri castelli.»

«Sono interessato» ammise lui. «Se solo non fossero così piccoli.»

«I suoi possono diventare più grandi, questi sono piccoli perché la vasca è piccola. Pare che siano in grado di limitare la propria crescita in base allo spazio disponibile. Se noi li spostassimo in un contenitore più grande, riprenderebbero a svilupparsi.»

«Mmh, la vasca dei miei piranha è il doppio di questa, e vuota. Andrebbe ripulita, riempita di sabbia...»

«Wo e Ombra si faranno carico dell’installazione, con piacere.»

«D’accordo» rispose Kress. «Allora vorrei quattro castelli integri.»

«Certamente» disse Wo.

Cominciarono a discutere sul prezzo.

Tre giorni più tardi, Jala Wo arrivò nella proprietà di Simon Kress con i re della sabbia in letargo e un gruppo di operai per la sistemazione dell’impianto. Gli assistenti di Wo erano diversi da tutti gli alieni cui Kress era abituato: rozzi bipedi tarchiati, con quattro braccia e occhi sporgenti plurisfaccettati. La loro pelle era spessa e coriacea, ritorta in corni, spine dorsali e protuberanze in insoliti punti del corpo. In compenso erano molto forti e lavoratori indefessi. Wo impartì gli ordini in una lingua musicale che Kress non aveva mai sentito.

In un giorno fecero tutto. Spostarono la vasca dei piranha al centro dell’ampio soggiorno, con i divani ai lati per godersi meglio lo spettacolo, la ripulirono e la riempirono fino a due terzi di sabbia e roccia. Successivamente installarono uno speciale sistema di illuminazione che doveva provvedere alla fioca luce rossastra amata dai re della sabbia e al tempo stesso proiettare immagini olografiche nella vasca. Sopra montarono una robusta copertura di plastica, con incorporato un meccanismo per l’alimentazione. «In questo modo può dare da mangiare ai suoi re della sabbia senza togliere il coperchio» spiegò Wo. «Non vorrà certo correre il rischio che le unità mobili possano fuggire.»

Nel coperchio era inserito anche un dispositivo per il controllo della temperatura, che regolava la giusta quantità di umidità. «L’aria deve essere asciutta, ma non troppo» proseguì Wo.

Infine, uno degli operai con quattro braccia entrò nella vasca e scavò una profonda buca in ogni angolo. Un collega gli passò le mandibole in letargo, prelevandole una per una dalle valigette criogeniche da ibernazione. Il loro aspetto era insignificante. Kress pensò che sembravano pezzi di carne cruda mezzo putrefatta e picchiettata. Provvisti di una bocca.

L’alieno le seppellì, una in ogni angolo della vasca. Poi gli assistenti di Wo sigillarono tutto e se ne andarono.

«Il caldo farà uscire le mandibole dal letargo» spiegò Wo. «In meno di una settimana, le unità mobili cominceranno a dischiudersi e a salire in superficie. Si assicuri di dare loro molto da mangiare. Avranno bisogno di tutte le loro forze, finché non si saranno ambientate. Credo che nel giro di tre settimane comincerà a vedere i castelli.»

«E la mia faccia? Quando la scolpiranno?»

«Attivi l’ologramma tra circa un mese» lo istruì «e abbia pazienza. Per qualsiasi problema, non esiti a chiamare. Wo e Ombra sono al suo servizio.» Fece un inchino e se ne andò.

Kress tornò verso la vasca e si accese un bastoncino-della-gioia. Il deserto era vuoto e silenzioso. Impaziente, tamburellò con le dita sulla parete di plastica, e si accigliò.

Il quarto giorno Kress ebbe l’impressione di scorgere del movimento sotto la sabbia, cenni di attività carsiche.

Il quinto giorno vide la prima unità mobile, bianca e solitaria.

Il sesto giorno ne contò una dozzina, bianche, rosse e nere. Quelle arancioni erano in ritardo. Buttò nella vasca una ciotola di avanzi mezzo avariati. Le unità mobili avvertirono subito la presenza del cibo, accorsero e cominciarono a trascinare i pezzi nei rispettivi angoli. Ogni gruppo era ben organizzato. Non lottavano. Kress era un po’ deluso, ma decise di dare loro del tempo.

Gli arancioni fecero la loro comparsa l’ottavo giorno. Nel frattempo gli altri avevano cominciato ad accumulare delle piccole pietre e a erigere una rozza fortificazione. Continuavano a non combattere. Al momento i re della sabbia erano grandi appena la metà di quelli che aveva visto nel negozio di Wo e Ombra, ma Kress pensò che stavano crescendo in fretta.