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«Stanno bene» disse Wo. «Sono già più grandi dei miei.»

«Già» fece Kress. «Tranne quelli arancioni.»

«L’ho notato» ammise Wo. «Sembrano anche di meno, e il loro castello pare trascurato.»

«Be’, qualcuno deve pur perdere» commentò Kress. «Gli arancioni sono stati gli ultimi a uscire e ad ambientarsi; ne hanno risentito.»

«Mi scusi, ma le posso chiedere se li nutre a sufficienza?»

Kress si strinse nelle spalle. «Ogni tanto li metto a dieta, per renderli più feroci.»

Lei si accigliò. «È inutile fargli patire la fame. Lasci che combattano quando è il loro momento, per le loro ragioni. È nella loro natura, e assisterà a conflitti straordinariamente astuti e complessi. La lotta costante provocata dalla fame è banale e degradante.»

Simon Kress ripagò l’espressione accigliata di Wo con gli interessi. «Lei è a casa mia, Wo, e qui sono io a stabilire che cosa è degradante. Li ho nutriti come mi ha detto lei, e non combattevano.»

«Deve avere pazienza.»

«No» replicò Kress. «Io, dopo tutto, sono il loro signore e padrone. Perché dovrei dipendere dai loro istinti? Non combattevano abbastanza spesso per i miei gusti. Ho modificato la situazione.»

«Capisco» fece Wo. «Ne parlerò con Ombra.»

«La cosa non riguarda né lei, né lui» scattò Kress.

«Allora, non mi resta che augurarle la buonanotte» concluse Wo con rassegnazione. Però, mentre si infilava il cappotto per andare via, gli lanciò un’ultima occhiata di disapprovazione. «Tenga d’occhio le sue facce, Simon Kress» lo mise in guardia.

Quando se ne fu andata, Kress tornò alla vasca e osservò i castelli, perplesso. Le sue facce erano ancora lì, come sempre. Tranne... prese gli occhiali con le lenti d’ingrandimento e se li infilò. Anche così non era facile riuscire a capire. Però gli sembrò che l’espressione delle sculture fosse leggermente cambiata, che il sorriso si fosse modificato, che avesse un che di maligno. Ma era un cambiamento molto sottile, se di cambiamento si poteva parlare. Finì per attribuirlo alla suggestione, e decise di non invitare più Jala Wo ai suoi ricevimenti.

Nei mesi successivi, Kress e una decina di intimi si incontrarono ogni settimana per quelli che lui amava definire “giochi di guerra”. Passata la fascinazione iniziale per i re della sabbia, Kress trascorreva meno tempo vicino alla vasca e di più a curare i suoi affari e la vita sociale, ma gli piaceva ancora che gli amici lo andassero a trovare per una guerra o due. Teneva i combattenti sempre sul filo della fame. Quel regime ebbe pesanti effetti sui re della sabbia arancioni, che diminuirono visibilmente, tanto che Kress si chiese se fosse morta la mandibola. Gli altri invece stavano abbastanza bene.

A volte, quando la notte non riusciva a dormire, si portava una bottiglia di vino in soggiorno, dove l’unica luce era il chiarore rossastro del deserto in miniatura. Beveva e stava lì a guardare da solo, per ore. Di solito c’era in corso una battaglia, da qualche parte, altrimenti la poteva facilmente scatenare facendo cadere qualcosa da mangiare.

Cominciarono a scommettere ogni settimana, come Malada Blane aveva proposto. Kress vinse un bel po’ di quattrini puntando sui bianchi, che erano diventati la colonia più forte e numerosa della vasca, con il castello più grande. Una volta fece scivolare un angolo del coperchio e lasciò cadere del cibo vicino al castello bianco, invece che nel campo di battaglia centrale, così gli altri dovettero attaccare i bianchi nella loro roccaforte per procurarsi il cibo. Ci provarono. I bianchi erano ottimi difensori. Kress vinse un centinaio di standard da Jad Rakkis.

In realtà, Rakkis perdeva quasi ogni settimana. Si vantava di sapere tutto sui re della sabbia e le loro abitudini, affermando di avere cominciato a studiarli dopo la prima festa, ma quando si trattava di scommettere non ci azzeccava mai. Kress sospettava che le vanterie di Jad fossero solo aria fritta. Lui stesso, in un momento di pura curiosità, aveva cercato di informarsi collegandosi con la biblioteca per scoprire da che mondo venivano. Ma i re della sabbia non erano riportati da nessuna parte. Aveva pensato di mettersi in contatto con Wo e chiederlo a lei, ma ebbe altre questioni da sbrigare e gli uscì dalla mente.

Alla fine, dopo un mese in cui le sue perdite erano arrivate a superare i mille standard, Jad Rakkis arrivò ai giochi di guerra con una piccola scatola di plastica sotto il braccio. Dentro c’era una specie di ragno, ricoperto da una sottile peluria dorata.

«Un ragno del deserto» annunciò. «Arriva da Cathaday. L’ho comprato questo pomeriggio da t’Etherane il Venditore di Piccoli Animali. Di solito tolgono la sacca con il veleno, ma questo è integro. Ci stai, Simon? Voglio riprendermi i miei soldi. Scommetto mille standard: ragno del deserto contro re della sabbia.»

Kress studiò il ragno nella sua prigione di plastica. I re della sabbia erano cresciuti — adesso erano diventati il doppio di quelli di Wo, come lei aveva predetto — ma erano ancora piccoli rispetto a quell’essere. In più lui era velenoso, e gli altri no. In compenso però avevano a loro favore il numero. Tra l’altro quelle interminabili guerre ultimamente avevano cominciato a stancarlo. La novità di quello scontro lo allettò. «D’accordo, Jad» dichiarò. «Sei un pazzo. I re della sabbia continueranno ad arrivare fino a quando questa orrenda creatura sarà morta.»

«Il pazzo sei tu, Simon» replicò Rakkis, sorridendo. «Il ragno del deserto cathadiano in genere si nutre di scavatori che si acquattano negli angoli e nelle fessure, per cui — be’, basterà che guardi — punterà diritto sui castelli e mangerà le mandibole.»

Kress aggrottò la fronte tra le risate generali. Non ci aveva pensato. «Su, muoviti!» disse in tono irritato, e andò a riempirsi di nuovo il bicchiere.

Il ragno era troppo grosso per passare attraverso il sistema di alimentazione. Due dei presenti aiutarono Rakkis a togliere il coperchio, e Malada Blane gli passò la scatola. Jad la scosse facendone cadere il ragno, che atterrò con leggerezza su una piccola duna di fronte al castello rosso, restò per un attimo confuso, la bocca in movimento, le zampe che si contorcevano minacciose.

«Su, fagli vedere» Io esortò Rakkis. Si raccolsero tutti intorno alla vasca. Simon Kress trovò i suoi occhiali ingranditori e se li infilò. Se stava per perdere mille standard, voleva almeno vedere bene lo spettacolo.

I re della sabbia avevano percepito l’invasore. In tutto il castello erano cessate le attività. Le piccole unità mobili rosse erano come irrigidite, in allerta.

Il ragno cominciò a muoversi verso l’oscura promessa dell’ingresso. Dall’alto della torre il volto di Simon Kress guardava giù impassibile.

D’un tratto scoppiò una grande agitazione. Le unità rosse più vicine si disposero a doppia V e scivolarono sulla sabbia verso il ragno. Altri guerrieri eruppero dall’interno del castello e si schierarono su tre linee per proteggere l’accesso al sotterraneo dove viveva la mandibola. Esploratori accorsero velocemente dalle dune, richiamati per combattere.

Si aprirono le ostilità.

I re della sabbia dilagarono subitaneamente sul ragno. Le mascelle si chiudevano di scatto su zampe e addome, e si aggrappavano. Unità rosse correvano su per le zampe dorate, verso il dorso dell’invasore. Mordevano e strappavano. Una di loro trovò un occhio, e lo estirpò con i suoi piccoli tralci gialli. Kress sorrise, indicandola.

Ma erano piccoli, e non avevano veleno: il ragno non si fermò. Le sue zampe facevano schizzare i re della sabbia da una parte e dall’altra. Le sue fauci gocciolanti ne trovarono altri, e li lasciarono spezzati e irrigiditi. Già una dozzina di unità rosse giacevano sul campo. Il ragno del deserto continuava ad avanzare. Passò attraverso le tre linee di guardiani davanti al castello, e queste gli si chiusero attorno, lo ricoprirono, in una lotta disperata. Un plotone di re della sabbia aveva staccato una zampa al ragno, notò Kress. I difensori saltarono giù dalle torri atterrando su quella pesante massa che avanzava a scatti, sussultando.