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Restò per un attimo a guardare, chiedendosi se aveva ucciso la mandibola. La punta della spada-da-lancio era umida e vischiosa. Ma alla fine i re della sabbia bianchi ricominciarono a muoversi. Debolmente, lentamente, ma si muovevano.

Stava per rimettere a posto il coperchio e passare al secondo castello, quando sentì qualcosa che gli strisciava sulla mano.

Lanciò un grido, lasciò cadere la spada, e scosse via il re della sabbia dalla mano. Cadde sul tappeto, e Kress lo schiacciò sotto il tallone, continuando a pestarlo anche dopo che era morto. All’inizio aveva sentito uno scricchiolio. A quel punto, tremando, si affrettò a sigillare di nuovo la vasca, e poi andò di corsa a farsi la doccia e ispezionarsi con cura. Mise a bollire tutti i vestiti.

Più tardi, dopo parecchi bicchieri di vino, tornò nel soggiorno. Si vergognava un po’ per come si era lasciato terrorizzare da quel re della sabbia. Ma non aveva intenzione di aprire di nuovo la vasca. Da quel momento in poi, il coperchio restò sempre sigillato. Tuttavia, doveva trovare una punizione per gli altri.

Kress decise di lubrificare i suoi processi mentali con un altro bicchiere di vino. Quando lo ebbe finito, arrivò l’ispirazione. Si avvicinò alla vasca, sorridendo, e modificò la regolazione dell’umidità.

Mentre si addormentava sul divano, con il bicchiere ancora in mano, i castelli di sabbia si dissolvevano sotto la pioggia.

Kress fu svegliato da colpi rabbiosi alla porta.

Si alzò, mezzo addormentato, la testa dolorante. I postumi di una sbronza da vino erano sempre i peggiori, pensò. Barcollò fino all’ingresso.

Fuori c’era Cath m’Lane. «Sei un mostro» lo aggredì. Aveva il viso gonfio, rigato di lacrime. «Ho pianto tutta la notte, maledetto. Ma adesso basta, Simon, basta.»

«Piano» disse lui, tenendosi la testa. «Ieri ho esagerato con l’alcol.»

Lei imprecò, lo spinse da parte ed entrò in casa. Lo shambler fece capolino per vedere che cos’era tutto quel baccano. Cath m’Lane gli sputò addosso e marciò diritta verso il soggiorno, mentre Kress la seguiva traballante, cercando invano di trattenerla. «Aspetta, ma dove... non puoi...» Kress si bloccò di colpo, atterrito. Nella mano sinistra reggeva una mazza. «No!» esclamò.

La donna puntò diritta verso la vasca dei re della sabbia. «Ti piacciono i piccoli incantatori, Simon? Allora puoi vivere con loro.»

«Cath!» gridò.

Sollevando il pesante martello con entrambe le mani, colpì la parete della vasca più forte che poté. Il rimbombo fece urlare Kress per il dolore alla testa; emise un cupo, singhiozzante suono di disperazione. La plastica però resse.

La donna colpì di nuovo. Questa volta ci fu un cedimento, e comparve un reticolo di linee sottili.

Kress si lanciò su di lei mentre si preparava a colpire per la terza volta. Rotolarono insieme per terra. Lei lasciò il martello e cercò di strangolarlo, ma Kress si liberò con uno strattone e le morse un braccio, facendolo sanguinare. Erano tutti e due malfermi sulle gambe, senza fiato.

«Dovresti vederti, Simon» disse lei con fare arcigno. «Ti cola sangue dalla bocca. Sembri uno dei tuoi animaletti domestici. Ti piace il suo gusto?»

«Vattene via» le disse. Scorse la spada-da-lancio, rimasta dove era caduta la notte precedente, e la afferrò. «Vattene via» ripeté, muovendo la spada per essere più convincente. «Non avvicinarti più a quella vasca.»

Lei loderise. «Non oseresti» disse, chinandosi per raccogliere il martello.

Kress lanciò un grido e si avventò su di lei. Prima di rendersi esattamente conto di quello che stava succedendo, la lama di ferro le era penetrata nell’addome. Cath m’Lane guardò con stupore prima lui, e poi la spada. Kress fece un passo indietro, gemendo. «Io non intendevo... volevo solo...»

Lei era trafitta, sanguinante, morta, ma non si sa perché non cadeva. «Sei un mostro» riuscì a dire, pur avendo la bocca piena di sangue. Ruotò in modo assurdo la spada dentro di sé, e con le ultime forze si scagliò contro la vasca. La parete tartassata andò in frantumi, e Cath m’Lane restò sepolta sotto una valanga di plastica, sabbia e melma.

Kress emise piccoli suoni isterici e si arrampicò sul divano.

I re della sabbia stavano affiorando dal cumulo di detriti sul pavimento del soggiorno. Si arrampicavano sul corpo di Cath. Alcuni di loro si avventurarono sul tappeto. Molti altri li seguirono.

Kress vide formarsi una colonna, un vivo, fremente plotone di re della sabbia che trasportavano qualcosa, qualcosa di informe e viscoso, un pezzo di carne cruda grosso come la testa di un uomo. Iniziarono a trasportarla lontano dalla vasca. Pulsava.

A quel punto Kress si diede alla fuga.

Era pomeriggio inoltrato quando trovò il coraggio di rientrare. Era corso al suo aeromobile ed era volato nella città più viaria, a una cinquantina di chilometri di distanza, quasi in preda ai conati per la paura. Ma una volta in salvo, aveva trovato un ristorantino, aveva buttato giù un paio di caffè e due pastiglie smaltisci-sbomia, aveva fatto una buona colazione, e a Poco a poco aveva ritrovato la calma.

Era stata una mattinata tremenda, ma rimuginarci sopra non avrebbe risolto niente. Ordinò un altro caffè e considerò la situazione con freddezza.

Cath m’Lane era morta per mano sua. Poteva sporgere denuncia, dichiarare che era stato un incidente? Poco verosimile. Dopo tutto l’aveva passata da parte a parte, e aveva anche detto alla poliziotta che si sarebbe occupato di lei. Doveva cancellare ogni prova, e sperare che lei non avesse detto a nessuno dove andava quel mattino. Era probabile. Doveva avere ricevuto il suo regalo la sera precedente sul tardi. Aveva detto che aveva pianto tutta la notte, ed era da sola quando era arrivata. Benissimo; aveva un cadavere e un aeromobile di cui sbarazzarsi.

Rimanevano i re della sabbia. Potevano creare delle difficoltà. Senza dubbio a quel punto erano scappati tutti. Al pensiero che vagassero per la casa, nel suo letto e tra i suoi vestiti, infestando il cibo, sentiva un formicolio per tutto il corpo. Rabbrividì e vinse il disgusto. In fondo non doveva essere difficile ucciderli, si ripeteva. Non doveva pensare alle singole unità mobili. L’importante erano le quattro mandibole, e basta. Ce la poteva fare. Erano grosse, lo aveva ben visto. Doveva trovarle e ucciderle.

Prima di tornare a casa Simon Kress andò a fare acquisti. Comprò una tuta di sottilpelle che lo avrebbe ricoperto dalla testa ai piedi, vari sacchetti di palline avvelenate per liberarsi dei rocciaclimber e una latta di un potente pesticida illegale. Si procurò anche un gancio magnetico da rimorchio.

Quando atterrò, agì con metodo. Per prima cosa agganciò l’aeromobile di Cath al suo con il gancio magnetico. Rovistando all’interno, ebbe il primo colpo di fortuna. Il chip di cristallo con l’olofilm di Idi Noreddian sul combattimento dei re della sabbia era sul sedile anteriore. Era stato in ansia per questo.

Quando gli aeromobili furono pronti, indossò la sottilpelle ed entrò a prendere il corpo di Cath.

Non c’era.

Frugò con attenzione tra la sabbia quasi asciutta, ma non c’erano dubbi: il cadavere era sparito. Poteva essersi trascinata da qualche parte da sola? Improbabile. Kress comunque cercò. Una rapida ispezione della casa non rivelò né il corpo né altri segni dei re della sabbia. Non aveva tempo per un’indagine più accurata, non con l’incriminante veicolo parcheggiato davanti a casa. Ci avrebbe pensato più tardi.

A circa settanta chilometri a nord della proprietà di Kress c’era una serie di vulcani attivi. Volò fin laggiù, trainando l’aeromobile di Cath. Quando arrivò sopra il cratere più grande, sganciò il gancio magnetico e guardò l’aeromobile scomparire inghiottito dalla lava.