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— McGavin Robotics — si presentò una vivace voce femminile. — Ufficio del presidente.
Per la prima volta in vita sua, Don avrebbe voluto avere un videotelefono: per quanto ne sapeva, poteva essere in comunicazione con un robot. — Desidero contattare il signor McGavin in persona, per favore.
— Il signor McGavin al momento non è raggiungibile. Vuole lasciare detto il suo nominativo?
— Sì. Sono Donald Halifax.
— Posso chiederle il motivo della chiamata?
— Sono il marito di Sarah Halifax.
— Oh sì, la ricercatrice SETI, dico bene?
— Esattamente.
— Che cosa posso fare per lei, signor Halifax?
— Puo passarmi il presidente. Ho urgenza di parlargli.
— Come può immaginare, l’agenda del signor McGavin è fitta di appuntamenti.
Ma forse posso fare qualcosa io per lei.
Don sospirò. Messaggio ricevuto. — A che livello mi trovo? — chiese.
— Come, prego?
— Quanti livelli ci sono tra lei e McGavin? Se io le lascio un messaggio, e lei decide che ne vale la pena, non arriverà direttamente all’interessato. Giusto?
— No, normalmente no. Questa è solo la reception dell’ufficio della presidenza.
— E lei si chiama...?
— Signora Hashimoto.
— A chi riferisce i messaggi?
— Al signor Harse, segretario della segretaria personale del signor McGavin.
— Quindi dovrò passare prima tramite lei, poi il segretario della segretaria, poi la segretaria, per arrivare a McGavin. È così?
— Abbiamo precise disposizioni, signore; sono sicura che lei capirà. Tuttavia, per questioni importanti, i livelli possono essere superati in fretta. Perciò, se mi dicesse in che cosa...
Don inspirò profondamente, e rispose: — Il signor McGavin ha pagato a mia moglie e me un trattamento di Rollback. Ma ha funzionato solo per me, non per mia moglie. Dalla Rejuvenex hanno detto che non c’è più niente da fare, ma forse, se si interessasse il signor McGavin in persona... Potere dei soldi. Se il presidente esprimesse il proprio disappunto per il risultato, sono certo che...
— Il signor McGavin è stato pienamente informato della situazione.
— La prego — disse Don — la prego, mia moglie... Sarah... sta per morire.
Silenzio. Le sue parole dovevano essere state più esplicite di quelle a cui fossero abituate le orecchie della receptionist del segretario della segretaria del presidente.
— Mi dispiace — disse la Hashimoto, in un tono che sembrava sincero.
— La prego — ripeté lui. — Di sicuro, qualunque rapporto gli sia pervenuto, era stilato dalla Rejuvenex che ha i propri interessi da difendere. Voglio che lui sappia quello che noi... che Sarah sta passando.
— Gli farò sapere che ha chiamato.
“Non lo farai” pensò Don. “Consegnerai il messaggio al livello superiore, e basta.” — Se potessi parlare al signor McGavin, solo per un minuto! Vorrei solo...
— Erano decenni che non supplicava nessuno. Da quella volta che...
Il ricordo lo colpì come una mazzata.
Quarantacinque anni prima. Reparto oncologico al Princess Margaret. La dottoressa Gottlieb che parlava di terapie sperimentali, di sostanze ancora da testare.
E lui che la supplicava di testarle su Sarah, di provare qualsiasi cosa potesse servire a salvarla. I dettagli erano sepolti negli abissi della memoria, ma adesso tornò in superficie la parola “interferone”. Vietato negli Stati Uniti; la Gottlieb acconsentì a usarlo dietro le insistenze di Don. A causa delle sue suppliche.
L’esperimento era fallito. Ma adesso, quattro decenni dopo, i suoi effetti collaterali stavano impedendo un’altra cura. E tutto (deglutì) per colpa sua.
— Signor Halifax? È ancora lì?
“Sì” pensò. “Sì, sono ancora qui. E ci rimarrò per lunghi anni; per molto tempo, anche dopo che Sarah se ne sarà andata.” — Sì.
— Capisco che lei sia sconvolto e, mi creda, sono profondamente addolorata.
Darò priorità doppia al suo messaggio: è il massimo che posso fare. Spero che verrà richiamato il prima possibile.
Come ai bei vecchi tempi in cui Sarah era impegnata a tradurre il primo messaggio da Sigma Draconis, anche ora Don le faceva occasionali visite per vedere come se la cavasse con la decrittazione. Solo che, anziché all’università, lei adesso lavorava nello studio, cioè nella ex cameretta di Carl al piano di sopra.
Il testo originale dei Draconiani, quello del 2009, era suddiviso in due parti: una spiegazione introduttiva dei simboli; e il corpo del messaggio (CDM), che utilizzava quei simboli in modo enigmatico. Quando Sarah aveva finalmente compreso il CDM, era stata mandata la risposta.
Anche il secondo messaggio alieno era costituito da due sezioni. In questo caso, però, nella prima parte era spiegato come decrittare il seguito, purché si trovasse la chiave; e la seconda parte conteneva... bé, mistero. Dato infatti che il testo era mascherato, nell’attuale CDM non compariva nessuno dei simboli identificati la volta precedente.
— Forse gli alieni stanno rispondendo a una delle nostre lettere ufficiose — disse Don una sera, appoggiato alla porta dello studio con le braccia incrociate. — Se non ricordo male, ancor prima che voi mandaste la risposta ufficiale ai Draconiani, un sacco di gente l’aveva spedita per conto suo.
Nell’alone dello schermo otti-max Sarah aveva un aspetto spettrale, dovuto ai sottilissimi capelli visti in controluce. — Ricordi bene — disse.
— Quindi, è possibile che la chiave di decrittazione fosse contenuta in uno di quei messaggi — aggiunse lui. — Scusami, so quanto duramente tu abbia lavorato al progetto, ma forse ai Draconiani non interessava la risposta ufficiale del team SETI. E se hanno costruito la risposta su misura per un destinatario preciso, chiunque fosse, forse lui a quest’ora l’ha già decodificata.
Sarah scosse la testa. — No, no, questa è la risposta a SETI. Ne sono sicura.
— Potrebbe rivelarsi una pia illusione — disse Don, senza sarcasmo.
— Lo escludo. All’inizio del nostro messaggio avevamo inserito un codice d’identificazione, una lunga stringa numerica. Questo è uno dei motivi per cui non abbiamo diffuso su Internet il testo integrale; altrimenti chiunque avrebbe potuto copiarlo e riutilizzarlo. Era come un’intestazione ufficiale, che avrebbe permesso di riconoscere la nostra lettera in mezzo a montagne di posta. E il nuovo messaggio dei Draconiani fa esplicito riferimento a quel codice.
— Nel senso che lo riporta? Ma allora, adesso chiunque vi può avere accesso. E il primo venuto potrà controrispondere facendosi passare per SETI.
Le rughe di Sarah cambiarono conformazione mentre lei sorrideva. — No, invece. I Draconiani hanno capito che noi cercavamo un modo per distinguere il messaggio ufficiale da quelli ufficiosi; così come hanno capito che non intendevamo diffondere la conoscenza del codice identificativo. Perciò hanno scritto un’intestazione composta da tutti gli altri numeri, mettendo bene in chiaro che si stavano rivolgendo a noi, ma senza divulgare la vera sequenza.
— Ehi, questo risolve il mistero — disse Don, ringalluzzendosi. — La chiave di decrittazione deve essere l’altra intestazione, quella vostra, quella che loro non hanno rivelato.
Sarah lo guardò con simpatia. — È stata la nostra prima mossa. Inutile.
— Ah — disse lui. — Era solo un’ipotesi come un’altra. Vieni a letto?
Lei guardò l’orologio. — No. perché... — S’interruppe. Don si sentì un nodo allo stomaco, all’idea che Sarah stesse per dire: “Non mi resta troppo tempo da perdere”. Ma lei aggiunse: — Voglio gingillarmi ancora un po’ con questo rebus.