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— Il messaggio! La parte incomprensibile! — rispose Sarah, senza fermarsi. — Il CDM definisce un... uno spazio ideale, e i numeri indicano le coordinate in cui inserire i simboli. Gli alieni stanno correlando tra loro i concetti in una specie di schema tridimensionale... — Stava scendendo a precipizio le scale verso il seminterrato, dove all’epoca era piazzato il computer. Con il marito sempre alle calcagna. Carl, allora sedicenne, era seduto di fronte al corposo monitor, con le cuffiette alle orecchie; si stava divertendo con uno di quei videogame violenti che Don disapprovava. Nel frattempo Emily, dieci anni, guardava Desperate Housewives in TV.

— Carl, mi serve il computer per...

— Un attimo solo, ma’, sono arrivato al decimo...

Su-bi-to! — Era così raro che sua madre gridasse, che Carl le cedette immediatamente la seggiola. — Come si esce da questa porcheria? — ringhiò Sarah, prendendo posto. Carl compì qualche manovra con il mouse. Intanto Don andava ad abbassare il volume della televisione, guadagnandosi un seccato “ehiii!” da Emily.

— Si tratta di una griglia a tre assi cartesiani — disse Sarah. Aprì Internet per vedere il testo draconiano su uno qualsiasi dei siti che lo riportavano. — Me lo sento. Stanno determinando la posizione degli elementi base.

— Come su una mappa? — domandò Don.

— Sì, ma tridimensionale. Come fosse la descrizione di una pagina a 3D, non solo fornita di altezza e larghezza ma anche di profondità. — Batteva freneticamente sulla tastiera. — Se solo riesco a individuare i parametri che definiscono la volumetria...

Continuò a digitare. Don e Carl assistevano come rapiti. — Dannazione! — esclamò Sarah — Non è un cubo. Sarebbe stato troppo facile... Riproviamo con un parallelepipedo. Ma di che dimensioni?

La freccia del mouse scattava da una parte all’altra dello schermo come un missile pilotato da uno scienziato pazzo. — Oh bé — aggiunse lei, senza rivolgersi a nessuno ma esprimendo ad alta voce i pensieri — se non sono numeri interi, potrebbero essere radici quadrate...

— Papà?

Don si voltò verso Emily che fissava la scena con gli occhi sgranati. — Dimmi, tesoro.

— Mamma che fa?

Lui tornò a guardare il compute: Sarah aveva lanciato un programma di elaborazione grafica; in quel momento, tra sé, doveva ringraziare il cielo per la scheda video potenziata che avevano acquistato arrendendosi alle suppliche di Carl. — Penso — disse Don, rivolgendosi di nuovo alla figlia — che stia facendo la Storia.

SECONDA PARTE

13

Tornare giovani! Un sogno antico come il momlo, ma che per Donald Halifax era divenuto realtà... ed era semplicemente fantastico! Don sapeva che, con l’andare dei decenni, le forze fisiche si erano affievolite ma, siccome il processo era stato graduale, finora non si era reso conto dell’enormità delle perdite subite.

Adesso però, nell’arco di sei mesi, tutte le energie erano riaffluite al suo corpo, e il contrasto tra il prima e il dopo era sbalorditivo; era come essere sempre sotto l’effetto della caffeina. Non si sentiva solo sano e robusto, si sentiva un vulcano in ebollizione.

Quanto al cuore, dire che fosse “felice come per una vincita al lotto” era troppo poco. Era come se ogni miliardo speso per il trattamento gli fosse andato in carne e sangue, e adesso lui era totalmente, profondamente, gioiosamente vivo. Ora non strascicava più i piedi: marciava come un soldato. Quando passeggiava, gli sembrava di muoversi su un tapis-roulant all’aeroporto; e di muoversi veloce come l’Uomo bionico, che ai passanti apparisse come una sagoma in vibrazione. Era in grado di sollevare scatole pesanti chili e chili, di saltare da una sponda all’altra di una pozzanghera, di volare su per le scale. Okay non era la stessa cosa che superare con un balzo un grattacielo ma, maledizione, faceva lo stesso effetto!

Ciliegina sulla torta, era sparito quel sottofondo di dolore che era stato per lunghi anni un compagno inseparabile. Era come se uno fosse rimasto seduto per molto tempo accanto al reattore di un jet, con le mani sulle orecchie nel disperato tentativo di non sentire frastuono, e all’improvviso fosse calato il silenzio assoluto.

“La giovinezza è sprecata per i giovani” recitava una vecchia canzone; verissimo, perché loro non sanno come si sentiranno dopo. Ma Don l’aveva riavuta indietro!

La dottoressa Petra Jones certificò che il suo Rollback era completo. Le cellule avevano ripreso a dividersi a ritmo regolare, i telomeri avevano ricominciato ad accorciarsi, nelle ossa iniziavano a ricomparire gli anelli di crescita, eccetera. Nel frattempo Don aveva ricevuto nuove retine, un rene sostitutivo, una prostata funzionante, tutto realizzato dalle sue stesse cellule; il naso era tornato a dimensioni meno pinocchiesche; le orecchie si erano ridotte; i denti avevano riacquistato bianchezza, riempiendo anche gli spazi delle otturazioni; e vari altri lavoretti di sartoria biologica. Da qualsiasi punto di vista era ridiventato un venticinquenne; in cammino verso i ventisei anni.

Don era ancora nella fase di adattamento a tutte quelle mirabolanti migliorie. Ci vedeva e sentiva alla perfezione, in compenso doveva rifare il guardaroba: grazie ai trattamenti di ricalcificazione e alle terapie genetiche, infatti, aveva recuperato i Cinque centimetri di statura che aveva perso nel tempo, e il suo fisico non era più pelle-e-ossa. Del resto, la sua collezione di cardigan e camicie con bottoni avrebbe fatto una pessima figura indosso a un ragazzo di quell’età.

Per il momento dovette anche rinunciare alla fede nuziale, che dieci anni prima aveva fatto stringere a causa dell’assottigliamento delle dita. Per farla riallargare avrebbe dovuto attendere il termine del Rollback, e mica l’avrebbe affidata al primo gioielliere che capitava.

Lo Stato dell’Ontario imponeva la visita per la patente ogni due anni. L’ultima volta Don non l’aveva superata; poco male, perché Sarah in caso di necessità avrebbe potuto guidare lei. Adesso però lui intendeva ripetere il test, e non nutriva dubbi che ce l’avrebbe fatta.

Gli toccò poi rifare passaporto e carte di credito, con una foto aggiornata. Al ristorante e al cinema, in teoria, godeva ancora degli sconti previsti per le persone anziane; ma adesso era diventata una vera impresa convincere camerieri e bigliettai. Peccato, accidentaccio. Però doveva essere davvero l’unico, tra quelli che avevano avuto un Rollback, a farsi problemi del genere.

Morale della favola, essere tornati giovani aveva anche qualche risvolto negativo. La spesa per frutta e verdura era raddoppiata. Erano aumentate anche le ore di sonno, diversamente dagli ultimi dieci anni, in cui sei ore a letto bastavano e avanzavano. Così Don perdeva due ore di attività al giorno, ampiamente compensate da un guadagno di sessant’anni. E poi, avrebbe ricominciato a dormire poco quando fosse invecchiato la seconda volta.

Erano le undici di sera, Don si stava preparando per andare a letto. Di solito non indugiava a lungo in bagno, ma quella era stata una giornata afosa e lui aveva fatto una serie di giri in città. Toronto in agosto aveva un brutto clima fin da quando lui era ragazzino, ma di recente il calore e l’umidità erano diventati micidiali. Non avrebbe dormito bene se prima non si fosse messo sotto la doccia. All’interno del box era installata (merito di Carl) una maniglia per sostenersi; ormai la utilizzava solo Sarah.

Don si fece lo shampoo, una sensazione meravigliosa. Aveva in testa un rigoglio di capelli castano chiari, quasi a spazzola, e non avrebbe mai finito di strofinarseli.

Anche i peli del torace erano ridiventati scuri; e quelli pubici non erano più grigi.

La pioggia artificiale era tiepida e sensuale. Mentre si massaggiava le parti basse, il pene ebbe un principio di erezione. Lui continuò a strofinarsi, quasi sovrappensiero. Stava valutando l’idea di portare a termine da solo l’operazione, che sembrava l’unica ipotesi realistica, quando in bagno entrò Sarah. La vedeva attraverso la tendina semitrasparente: era china sul lavandino. Don si sciacquò via l’insaponatura, il che gli raffreddò i bollenti spiriti; poi chiuse l’acqua, tirò la tendina e fece un passo fuori della doccia. Ormai poteva scavalcare i bordi della vasca con due movimenti elastici, senza dovervisi sedere sopra come aveva fatto negli ultimi anni.