Sarah gli rivolgeva la schiena. Era già in tenuta estiva da notte, vale a dire una maglietta rossa lunga e sfatta. Don afferrò un asciugamano e se lo passò vigorosamente addosso, quindi attraversò il breve corridoio ed entrò in camera da letto. Era sempre stato un teorico del pigiama, adesso però se ne rimase disteso nudo sulle lenzuola, osservando il soffitto. Dopo un po’ però l’aria condizionata gli fece venire i brividi, e s’infilò sotto.
In quell’istante arrivò anche Sarah. Spense la luce; dall’esterno ne filtrava però ancora abbastanza da permettere a Don di seguire i lenti movimenti di lei per allungarsi sul materasso. — Buonanotte, tesoro — gli disse Sarah.
Lui ruotò di lato e le toccò una spalla. Lei sembrò stupita di quel contatto fisico; negli ultimi dieci anni, le attività sessuali andavano decise in anticipo perché Don doveva prendere una pillola per ringalluzzire le regioni inferiori. Lo stupore passò presto, e Sarah posò delicatamente una mano sui fianchi di lui. Lui si avvicinò di un altro po’ e le diede un bacio. Lei ricambiò. Proseguirono per una decina di secondi. Quando si scostò, Don si accorse che lei giaceva sulla schiena, e che lui la stava osservando dall’alto, appoggiato su un gomito.
— Ehi, ehi... — mormorò lei.
— “Ehi” lo dico io... — rispose lui, sorridendo.
Ebbe l’impulso di scatenarsi in un ciclone erotico da far tremare le pareti... ma lei non avrebbe retto. Si abbassò delicatamente, piano piano, e lei...
— Ahia! — disse.
Don non era sicuro di che errore avesse commesso, ma disse: — Scusami. — Rese il contatto ancora più leggero, come una piuma che si stesse posando su di lei.
Sarah emise un lungo sospiro, difficile comprendere se di dolore o di piacere. Lui cambiò posizione, e lei fece altrettanto. Stavolta Don sentì scricchiolare le ossa della moglie.
Si muovevano così lenti, e la stretta di lei era così debole, che a Don venne naturale procedere con calma. Mentre la guardava negli occhi, si massaggiò con decisione nel tentativo di stimolare l’erezione. Sarah aveva un aspetto così fragile: lui non voleva che lei pensasse di essere disprezzata.
— Dimmelo, se ti faccio male — sussurrò Don, mentre le si stendeva sopra, assicurandosi che quasi tutto il peso gravasse sulle proprie braccia e gambe. Non era certo grasso, ma parecchio più pesante rispetto a prima del Rollback. Manovrò con cautela, cercando il migliore compromesso possibile tra le sue pulsioni e la capacità di resistenza della moglie. Ma già dopo il primo affondo, per quanto delicato, notò l’espressione di dolore sul viso di lei. Si ritirò in fretta da una parte, ricadendo di schiena sul materasso.
— Perdonami — mormorò lei.
— No, no, tutto a posto — le rispose. Si voltò di lato, faccia a faccia con lei, e la abbracciò dolcemente.
14
Quella fatidica notte del 2009, Sarah era saltata su dalla postazione del computer, e Don l’aveva abbracciata sollevandola da terra. Poi l’aveva fatta roteare e l’aveva baciata a lungo, incurante dei figli.
— Mia moglie è un genio! — aveva esclamato, con un gran sorriso.
— Direi piuttosto, una ricercatrice dai piedi di piombo — replicò lei, ridendo.
— Storie! — fece lui. — Hai avuto tu l’idea geniale. Hai capito il significato del messaggio prima di chiunque altro.
— Devo diffondere la notizia — disse Sarah. — Mantenere il segreto sarebbe puro masochismo: sarà il primo che darà il pubblico annuncio a...
— ...A finite sui libri di Storia! — concluse Don. — Sono così orgoglioso di te.
— Ti ringrazio, tesoro.
— E hai ragione tu: bisogna diffondere la notizia. In fretta. — Lui la lasciò andare, e lei sfrecciò verso il computer.
— Aspetta, mamma. Faccio io — intervenne Carl. Sarah batteva con solo due dita. Il padre di lei, quando vivevano a Edmonton, non aveva mai approvato il suo desiderio di diventare scienziata, per cui l’aveva incoraggiata a frequentare tutti i corsi possibili di dattilografia, in modo da prepararsi una carriera come segretaria.
Nel curriculum era obbligatorio un solo corso di dattilografia, ed era l’unico in cui i risultati di Sarah fossero stati penosi.
Sarah osservò quel suo figlio teenager che stava cercando di dare il suo contributo a quell’evento storico.
— Tu detta, io scrivo — disse Carl.
Lei sorrise, e cominciò a misurare avanti e indietro il pavimento del seminterrato. — E va bene. Ecco il testo: il messaggio degli alieni è stato...
Mentre lei dettava, Don corse al piano di sopra a chiamare il responsabile delle news CBC per la fascia notturna. Quando ridiscese, Sarah aveva appena terminato il “lancio” e Carl lo stava spedendo al sito del newsgroup SETI. Don disse: — Okay amore, ti ho prenotato un’intervista in TV tra un’ora. E domattina sarai ospite sia a The Current che a Sounds Like Canada.
Lei guardò l’ora. — Oddio, è quasi mezzanotte. Emily, Carl, voi due dovreste già essere a letto. Don, senti, io di andare in centro a quest’ora non ho proprio...
— Non sarà necessario. Sta arrivando una troupe, qui.
— Sul serio? Cavoli.
— Serve a qualcosa, avere i contatti giusti — sogghignò lui.
— Solo che... cielo... devo avere un aspetto orribile!
— Hai un aspetto favoloso.
— E poi, chi diavolo guarda la TV a quest’ora?
— Locali notturni, malati d’insonnia, aficionados dei canali porno...
— Papà!! — La piccola Emily teneva i pugni sui fianchi.
— ...Ma la notizia verrà fatta velocemente rimbalzare in tutto il mondo. Stanne certa.
— Eravamo completamente fuori strada — confidò Sarah il mattino dopo a Shelagh Rogers. Anche se Don non era il tecnico del suono di turno a Sounds Like Canada (era Joe Mahoney), Don stava alle spalle di Joe al mixer, con gli occhi fissi alla moglie. E non gli sfuggiva l’ironia della sorte: Sarah si trovava a Toronto e Shelagh a Vancouver, sede del programma. Due persone che non si conoscevano, ma comunicavano a distanza via radio. La corrispondenza con la notizia era perfetta.
— In che senso? — chiese Shelagh con quella sua voce, allo stesso tempo, vellutata e frizzante.
— In tutti i sensi — rispose Sarah. — In tutte le ipotesi che avevamo formulato noi di SETI. Ridicolo, pensare che degli esseri intelligenti mandassero un messaggio a distanza di anni luce, e per parlare di cosa? Di matematica! — Scosse la testa, facendo ondeggiare la bruna capigliatura. — La matematica e la fisica sono identiche in tutto l’universo; non c’è hisogno di contattare una specie aliena per sapere che 1 più 4 fa 5, che 7 è un numero primo, che il valore di pi greco è 3,14 eccetera. Nessuno di questi argomenti è soggetto a differenze culturali o opinioni personali. No, le cose su cui vale la pena discutere sono quelle legate alla morale. Temi caldi, temi su cui gli extraterrestri potrebbero avere idee radicalmente diverse dalle nostre.
— Ed è proprio su questi temi che si incentra il messaggio da Sigma Draconis — la sollecitò Shelagh.
— Esatto! L’etica, la morale... le grandi questioni. Ed ecco l’altro punto su cui ci eravamo sbagliati alla grande. Carl Sagan ha ripetuto varie volte che un bel giorno avremmo ricevuto un’ Enciclopedia galattica. Ma nessuno si prenderebbe la pena di inviare un testo nello spazio siderale per dare delle informazioni. Semmai, per porre delle domande.