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— Quindi, il famoso messaggio alla fin fine è... un questionario?

— Proprio così. Contiene una sfilza di domande, molte delle quali permettono una pluralità di opzioni. Sono scritte, per così dire, su un foglio tridimensionale che ha abbastanza spazio da contenere un migliaio di risposte. È evidente che gli alieni vogliono fare un confronto incrociato tra le nostre opinioni; per questo hanno compiuto una fatica immane a creare un vocabolario comune che permettesse di fare valutazioni di merito e di esprimere pareri, con tutta una serie di sfumature.

— Quante sono le domande?

— Ottantaquattro — rispose Sarah. — Sparse per l’intera mappa.

— Per esempio?

Sarah bevette un sorso d’acqua dalla bottiglietta che aveva davanti. — “È lecito programmare le nascite, se la densità demografica è bassa? È lecito controllare le nascite se la densità demografica è alta? È giusto che lo Stato metta a morte i colpevoli?”

— Controllo delle nascite, aborto, pena di morte — si stupì Shelagh. — Anche per gli alieni sono dei dilemmi?

— Parrebbe di sì. — disse Sarah. — Ci sono molte altre domande, tutto più o meno di tipo etico. “Occorre adottare misure per contrastare a ogni costo le truffe?

Se in una data popolazione il livello di malvagità è troppo elevato, è lecito porre restrizioni all’intera popolazione?” Tutte queste, ovviamente, sono solo traduzioni congetturali; sono sicura che verranno fuori accesi dibattiti sul significato di alcune espressioni.

— Già, inevitabilmente — le fece eco l’intervistatrice.

— Tuttavia, mi chiedo se gli alieni non siano un tantino ingenui, in base ai nostri standard. Voglio dire, in linea generale noi umani siamo una massa di ipocriti: riteniamo sempre che le regole valgano per gli altri, non per noi, e che noi abbiamo sempre dei validi motivi per essere esenti. Perciò, d’accordo, molto interessante questa tavola rotonda sulla morale, ma se quelli si aspettano che il nostro comportamento sia coerente con i nostri principi, avranno un’amara sorpresa. Da noi va di moda predicare bene e razzolare male.

Shelagh emise la sua famosa risatina strozzata. — “Fá quello che dico, ma non quello che faccio”, eh?

— Infatti — disse Sarah. — In ogni caso, è strabiliante la quantità di concetti sociologici che gli alieni sono riusciti a tirare fuori da quattro formule matematiche. Per esempio, sulla base della teoria degli insiemi, pongono varie domande su chi è “dentro” e chi “fuori” un determinato gruppo. L’inventore del termine “etnocentrismo”, William Sumner; notava a suo tempo che quelli che lui definiva “popoli primitivi” seguivano criteri etici molto diversi a seconda che la persona implicata fosse dentro o fuori il clan. Gli alieni sembrano curiosi di sapere se abbiamo superato quella fase.

— Voglio sperarlo — disse Shelagh.

— Direi anch’io di sì. A questo punto, possiamo aspettarci che ci chiedano se abbiamo già rinunciato alla religione. — Lanciò un’occhiata a Don attraverso il vetro. — Il vocabolario approntato dai Draconiani avrebbe reso possibile formulare domande circa la nostra fede in un’intelligenza esterna all’universo. In breve: Dio esiste? Così come avrebbero potuto chiedere se crediamo al persistere di pacchetti di informazione dopo la morte; in breve, l’esistenza dell’anima. Invece, queste domande non compaiono. Io e mio marito abbiamo avuto un battibecco sull’argomento proprio mentre venivamo qui. Secondo lui, la ragione di questo silenzio è ovvia: nessuna specie avanzata può ancora nutrire interesse per tali superstizioni. Io la penso all’opposto: forse per gli alieni è così evidente che Dio esiste, che non gli è neanche venuta la curiosità di chiederci se ce ne siamo accorti.

— Affascinante — commentò Shelagh. — Ma perché, secondo lei, gli alieni vogliono sapere tutte quelle cose?

Sarah inspirò a fondo, poi espirò lentamente. Don ebbe un brivido al pensiero del “buco” in trasmissione. Alla fine, la scienziata disse: — Ottima domanda!

15

Come per la maggior parte degli astronomi, anche per Sarah uno dei film preferiti restava Contact, tratto dall’omonimo romanzo di Carl Sagan. Anzi, secondo lei era uno dei rari casi in cui il film era meglio del romanzo, troppo verboso. Erano decenni che non lo rivedeva, però una citazione contenuta in un articolo sul messaggio glielo aveva riportato alla mente. Quel mercoledì sera prese posto accanto a Don sul divano, ansiosa di gustarsi lo spettacolo. Pian piano, Sarah si stava abituando sempre di più al look di quel suo marito ringiovanito; ma uno dei motivi per cui era felice di vedere un film con lui era che così sarebbero rimasti uno accanto all’altra, anziché di fronte. I loro sguardi non si sarebbero incrociati.

Jodie Foster era bravissima nel ruolo della scienziata innamorata della propria missione, anche se Sarah non poté evitare di sorridere quando lei recito: “Se una sola stella su un milione avesse dei pianeti, e se su un solo pianeta su un milione fosse sorta la vita, e se su uno su un milione di essi ci fosse vita intelligente, là fuori esisterebbero milioni di civiltà... Eh no, mia cara: un milionesimo di milionesimo di milionesimo di 400 miliardi è una cifra così vicina a zero da essere, di fatto, zero.

Sarah si voltò verso Don per vedere se avesse colto, ma lui non ne diede segno.

Del resto sapeva che lui detestava essere interrotto durante un film (ogni parola poteva rivelarsi preziosa per Scarabeo), quindi lasciò che l’errore di sceneggiatura passasse inosservato. Inoltre, a parte l’inaccuratezza della cifra, la Foster citava un dibattito reale. Per decenni erano stati buttati numeri di ogni genere dentro l’equazione di Drake, che serviva a dare una stima di quanta vita intelligente esistesse nella galassia. Il numero “sparato” dall’attrice era tipico di quel clima culturale.

L’ilarità lasciò presto posto a un senso di umiliazione. Il film proseguiva con la protagonista che faceva visita a una multinazionale per ottenere fondi per il progetto SETI. Sentendosi opporre un rifiuto, saliva in cattedra e declamava che un contatto con una civiltà extraterrestre sarebbe stato l’evento più importante della Storia umana, più importante di qualunque risultato raggiunto fino a oggi o immaginabile per il futuro. Sarebbe stato un cambiamento così epocale da giustificare qualunque investimento.

A umiliare Sarah fu il ricordo di simili ridicoli discorsi tenuti da lei stessa. È vero, la ricezione da Sigma era stata sbattuta in prima pagina; ma, fino all’arrivo del secondo messaggio, per trent’anni gli alieni erano spariti dalle prime pagine, fatta ovviamente eccezione per il “National Enquirer”.

Non erano stati solo quelli di SETI a sopravvalutare l’impatto di una notizia come quella. Sarah non se lo ricordava più, ma in Contact faceva una comparsa addirittura l’allora presidente USA Bill Clinton, il quale spiegava, anche lui, quanto profondamente sarebbe cambiato il mondo. Però, a differenza dei ruoli cammeo di Jay Leno e Larry King, il presidente non era stato scritturato; era solo un brano di repertorio, peraltro non riferito a radiomessaggi alieni ma alla scoperta di ALH84001, il meteorite marziano in cui si supponeva fossero presenti dei microrganismi fossili. Nonostante tutta la buona volontà di Clinton, quel pezzo di roccia non aveva cambiato il mondo; anzi, quando anni dopo la notizia era stata smentita, la stampa quasi non se n’era accorta. Non che qualcuno volesse insabbiare la cosa: era proprio che non interessava a nessuno. Per la maggioranza della popolazione la vita nell’universo era una curiosità, nulla più, senza alcun effetto sul modo di comportarsi nei confronti di coniugi e figli, senza conseguenze in Borsa. Chi se ne fregava. La Terra continuò imperturbabile a girare come sempre, con i suoi abitanti che facevano l’amore, e la guerra, con la stessa frequenza di prima.