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Più il film procedeva, più Sarah s’irritava. Si supponeva che gli alieni avessero fornito ai terrestri i progetti per un’astronave in grado di sfrecciare nell’iperspazio; Jodie Foster avrebbe incontrato gli ET di persona. Il progetto SETI (insinuava il regista) mica era roba per radioamatori: come in tutti i B-movie di fantascienza, lo scopo finale era lanciarsi alla scoperta di nuovi mondi. Dall’inizio, con la sua matematica sghimbescia; nel prosieguo, con i discorsoni sulla trasformazione dell’umanità; alla fine, con la strampalata promessa che SETI ci avrebbe fatti navigare nella galassia, magari con una rimpatriata con i nostri cari estinti, Contact dipingeva le montature giornalistiche, non la realtà. Se Frank Capra avesse realizzato una serie propagandistica dal titolo Perché ascoltiamo, Contact sarebbe stata la prima uscita.

Mentre scorrevano i titoli di coda, Sarah si voltò verso Don. — Che te n’è parso? — gli domandò.

— Un po’ datato — disse lui. Poi sollevò una mano per prevenire l’obiezione.

— Non che questo sia un male, ma...

Ma aveva ragione lui, pensò Sarah. Le cose appartengono al loro tempo, non possono essere trasferite pari-pari da un’epoca all’altra. — Che fine aveva poi fatto la Foster? — tagliò corto Sarah. — È ancora viva, o no?

— Potrebbe esserlo. Era più o meno della tua... — Si morse la lingua, ma era troppo tardi. Era chiaro che stava per dire “della tua età”, non “della nostra”. Agli occhi di lui, lei aveva tutti i suoi ottantasette anni; per contro, Don stava cominciando a rinnegare i propri dati anagrafici. Il che mandava in bestia Sarah.

— Mi è sempre piaciuta come attrice — glissò lei. Quando era uscito Contact, la stampa USA aveva “rivelato” che a ispirare il personaggio di Ellie Arroway, interpretata dalla Foster, era stata Jill Tarter; i giornali canadesi invece spingevano sull’ipotesi Sarah Halifax. Ora, pur essendo vero che Sarah aveva conosciuto Carl Sagan, il paragone era tirato per i capelli. Da parte sua, lei non capiva perché un personaggio non potesse essere inventato di sana pianta. Ricordava tutte le teorie sui protagonisti di Jurassic Park: qualunque donna avesse seguito un corso di paleontologia, era stata candidata a modello della botanica interpretata da Laura Dern.

— Sai qual è il film in cui la Foster ha dato il meglio di sé? — chiese Sarah.

Don la fissò.

— È... mmm, lo sai anche tu. È sempre stato uno dei miei preferiti.

— Dammi qualche altro indizio — sbuffò lui.

— Ma sì che lo sai! Avevamo comprato il VHS, poi il DVD, e alla fine ce lo siamo scaricati nell’hard disk. Oh bella, perché non mi viene il titolo? Ce l’ho sulla punta della lingua...

— Sto ancora aspettando l’indizio!

Sarah sobbalzò. Don diventava sempre più impaziente con lei. Quando anche lui era ridotto a una tartaruga, non sembrava dare peso alle lentezze della moglie, ma ormai le loro vite non erano più sincronizzate. Come in quel film sul paradosso relativistico dei gemelli, che lei faceva sempre vedere agli allievi. Sarah stava per gridargli in faccia che non era colpa sua se aveva ottantasette anni... ma, se era per questo, anche Don non poteva fare a meno di dimostrarne venticinque. Tuttavia quell’impazienza le urtava i nervi, seppellendo ulteriormente nell’inconscio il maledetto titolo.

— Era quello in cui recitava anche quell’attore... coso...

Maverick? — scattò Don. — Il silenzio degli innocenti?

— No, no. Sai, quello dove c’è... — perché ora non le veniva neppure il termine? — c’è un... un... bambino prodi...

Il mio piccolo genio — la interruppe lui.

— Esatto — disse Sarah, in tono quasi impercettibile, voltandosi dall’altra parte 16

Dopo che Sarah fu andata a letto, Don, incupito, si trasferì sulla poltrona anatomica. Si detestava per aver maltrattato la moglie a quel modo mentre lei si sforzava di ricordare il titolo di quel film. Perché era sempre stato paziente quando i suoi giorni erano contati, e adesso che aveva un’intera vita davanti a sé diventava impaziente? Si era sforzato di non esplodere, ce l’aveva messa tutta, ma alla fine era stato più forte di lui. Sarah aveva un atteggiamento così da vecchia, che...

Squillò il telefono. Don guardò il display e fu sorpreso di leggervi il nome TRENHOLM RANDELL. Era un suo ex collega alla CBC, ma erano più di trent’anni che non aveva notizie di lui. Da quando era fallito il Rollback su Sarah, Don aveva smesso di frequentare i vecchi amici; ed era più felice che mai di non possedere un videotelefono.

Randy aveva un paio d’anni in più di lui. Sollevando la cornetta, Don ebbe il sospetto che non si trattasse di lui ma della moglie: era successo spesso, in quegli ultimi anni, che le chiamate dai numeri dei vecchi amici fossero in realtà chiamate delle mogli per annunciare i funerali dei consorti.

— Pronto? — fece Don.

— Don Halifax, vecchia quercia!

— Randy! Come ti butta, ragazzo mio?

— E come potrebbe buttare, a quasi novant’anni? Si vivacchia.

— È già qualcosa — disse Don. Voleva chiedergli come stesse sua moglie, ma non gli tornò in mente il nome.

— Che mi racconti di bello?

— Che ormai fai notizia! — rispose Randy.

— È Sarah la celebrità di casa — precisò Don.

— No, no, quale Sarah? Proprio tu, nei newsgroup che frequento.

— Che sarebbero...?

— “Oltre-umani”, “Immortalità”, “Sempre avanti”.

Come Don immaginava, i pettegolezzi sulla sua situazione si erano diffusi anche oltre i confini del quartiere. Si limitò a rispondere: — Già, bé...

— E così, l’amico Don è culo e camicia con i potenti, eh? — disse Randy — Cody McGavin! Robe da pazzi.

— L’ho incontrato una volta sola.

— Ma deve averti staccato un assegno mica male — obiettò Randy.

Don iniziava a sentirsi piuttosto a disagio. — Boh. Mai visto la parcella.

— Non sapevo che ti interessasse la tematica del prolungamento della vita — tornò l’altro alla carica.

— No, infatti.

— Però ti ci sei sottoposto.

— Randy ascolta, è tardi. C’è qualcosa che posso fare per te?

— Niente. È solo che, siccome conoscevi Cody McGavin...

— Non potrei affermare di conoscerlo.

— ...Allora ho pensato che forse potevi mettere una buona parola per me, ecco tutto.

— Randy, io non...

— Voglio dire, io posso ancora dare tanto, Don. Tante cose che potrei ancora realizzare, se solo...

— Randy sul serio: non...

— E via, Don! Tu non avevi niente di speciale, però quello ti ha regalato un Rollback.

— Voleva regalarlo a Sarah, non a me, ma poi...

— Lo so, lo so, però su di lei non ha funzionato, giusto? Almeno, così ho letto in giro. Ascolta, Don, mi dispiace veramente; Sarah mi è sempre stata simpatica.

Randy tacque come in attesa di una risposta alla sua manifestazione di cortesia, ma Don rimase muto. Dopo che il silenzio fu durato troppo a lungo, l’ex collega aggiunse: — Comunque, quello che conta è che il boss ti ha pagato il trattamento.

Quindi...