— Si chiama Don — rispose la ragazza.
— Ciao — disse lui — felice di conoscerti.
— Anch’io — disse Gabby. Spostò di nuovo l’attenzione su Leonore. — Allora, okay per sabato alla banca?
— Certo.
Quindi lei ordinò un bicchiere di vino bianco, e Don la sua classica Diet Coke.
La fusione tra la Coca-Cola e la Pepsi aveva risolto un grosso dilemma esistenziale.
Dopo che Gabby si fu allontanata, Don domandò a Leonore: — Insomma, per sabato avete in programma una rapina in banca.
Lei parve imbarazzata. — No, la Banca degli alimenti. Gabby ci si dedica regolarmente, io quasi tutti i sabati sera. — Poi, quasi a doversi giustificare: — A lavorare in un ristorante si vede così tanto cibo andare sprecato, e c’è gente che fa la fame.
Lui distolse lo sguardo per un attimo. Quante persone... Cristo benedetto, quanti milioni di persone si sarebbero potute sfamare con il prezzo del suo Rollback?
Come aveva giustamente rilevato la segreteria telefonica di casa Halifax, a Leonore la parlantina non mancava. Per lui però andava benissimo stare in silenzio: più si fosse esposto, più rischi correva. Il viso di lei era così espressivo, la sua voce così argentina, che Don avrebbe potuto rimanere ad ascoltarla per ore. Qualche volta si sforzava di inserire anche lui qualche brano di conversazione, come: — Vedo che ti piacciono gli Onderdonk — indicando la maglietta.
— Assurdi! — disse lei. Siccome lui non capì se era un insulto o un complimento, se ne restò impassibile.
— E... tu? — proseguì la ragazza. — Qual è il tuo gruppo preferito?
“Oh merda.” Ad averlo saputo prima, si sarebbe preparato. I nomi delle band dei suoi tempi... Elo, Wings, Supertramp, April Wine... a Leonore non avrebbero detto nulla. D’altronde, per quanto lui si spremesse le meningi non riusciva a recuperare neppure un gruppo contemporaneo. — A me, mmm, ecco... — Poi, il lampo di genio: indicò il più vicino altoparlante. Non che avesse idea di che complesso fosse quello in onda in quell’istante, né che titolo avesse il brano.
Lei annuì con vigore. — Iperborei. Troppo oltre — disse. Don mantenne la faccia di bronzo. Uno dei due doveva essere il nome del gruppo, l’altro un apprezzamento, ma vá a decidere quale. Però un momento: a ruoli invertiti, se gli altoparlanti avessero diffuso le note di Call me, uno degli standard dei suoi anni al liceo, lui avrebbe esclamato “Blondie. Favolosa”, quindi c’era da presumere che gli Iperborei fossero la band, e che “troppo oltre” fosse un complimento. Era come decodificare un linguaggio alieno; Sarah sarebbe stata fiera di lui.
— E poi? — chiese Leonore.
— Mmmmm... — Con la forza della disperazione, tirò fuori: — I Beatles.
— Ma vá! — esplose lei. — Li adoro ! E la loro canzone che preferisci?
— Yesterday.
Lei emise un lieve fischio di approvazione.
— Certo — fece lui — che è una bella combinazione che si trovino insieme due fan dei Beatles! — Subito dopo averlo detto, se ne pentì. Magari era in atto un revival dei Ragazzi di Liverpool, come quello dei film di Humprey Bogart quando lui andava all’università.
No, non era stata una mossa falsa. Leonore era entusiasta. — Poco ma sicurol Quasi nessuno dei miei amici li ha mai sentiti nominare.
— Tu come li hai scoperti?
Lei gli rivolse un’occhiata interrogativa; Don doveva aver usato un’espressione fuori moda. In ogni caso il significato della domanda era evidente, e lei rispose: — Mio nonno aveva tutti i loro dischi.
“Ahia.”
— Me li faceva ascoltare — continuò lei — quando andavo a trovarlo da bambina. Possedeva ancora uno di quei vecchi stereo... era il suo hobby... e scatoloni di dischi in nylon.
Don non la interruppe per precisare “in vinile”, perché non era educato correggere gli errori innocenti. Glielo aveva insegnato suo nonno.
Però maledizione, doveva trovare un argomento che non lo costringesse a fare i salti mortali. In teoria, avrebbero potuto parlare dell’unica conoscenza in comune che avevano: Sarah. Molta gente ricorre a questa scappatoia. Ma a Don veniva la pelle d’oca all’idea che Leonore pronunciasse una frase come: “Tua nonna...”.
Gabby tornò con le bevande e prese le ordinazioni del cibo. Don scelse un’insalata di roastbeef e verdure di stagione con pezzetti di gorgonzola. Leonore, senza neppure consultare il menu, ordinò fish and chips.
Un tema che a Don piaceva affrontare era la politica, però mai con gli sconosciuti. Tuttavia erano imminenti le elezioni provinciali e, siccome la ragazza era originaria della Columbia Britannica, era probabile che non fosse troppo coinvolta nelle elezioni dell’Ontario. Pareva un terreno sicuro. — Bé, secondo te chi vincerà le elezioni?
— Io voto NDP.
Don sorrise ripensando ai propri trascorsi socialisti, quand’era studente universitario. In ogni caso, Leonore appariva incredibilmente informata sull’attuale panorama politico. Quando però si cominciò a rinvangare il passato... — Il primo ministro che apprezzo di piu? Direi Mulroney.
Questo mandò Don fuori dai gangheri. E basta con questo revisionismo di moda! — Ascoltami — disse — ricordo bene com’era la situazione quand’era primo ministro Brian Mulroney e... — Leonore strabuzzò gli occhi, lui cambiò corsia: — Voglio dire, ho letto un sacco su quel periodo, ed è stato più squallido dei momenti piu squallidi del governo Chrétien...
Ma insomma, perché continuava a tenere segreta la sua vera età? Non avrebbe potuto indossare la maschera in eterno. Prima o poi la sua storia sarebbe stata risaputa anche nella facoltà di Astronomia, dove Sarah contava ancora numerosi contatti: tra loro due non avevano concordato una congiura del silenzio. Senza contare che Leonore sarebbe probabilmente rimasta affascinata dal racconto dell’incontro con Cody McGavin, che restava il santo patrono di SETI. Poi però, appena riaffiorava il ricordo del diverso esito del Rollback, il senso di colpa gli serrava la gola.
— D’accordo — ribatté Leonore — vediamo di che pasta sei fatto.
Lui la guardò esterrefatto. Lei si mise a trafficare nella borsa; dopo un secondo ne tirò fuori un palmare che piazzò sul tavolo a metà strada tra loro due. La ragazza premette un paio di pulsanti, e sulla tovaglia si materializzò una versione olografica di Scarabeo.
— Wow! — esclamò Don. Possedeva una collezione di Scarabei di tutti i tipi, pieghevoli, magnetici, con fiches autoadesive, elettronici, perfino miniaturizzati, ma questo non l’aveva mai visto. Troppo oltre.
— Molto bene, signor Qoph — disse lei. — Si va!
22
Una sera di primavera, anno 2009. — Amore, sono a casa! — si era annunciata Sarah.
Don uscì di cucina, attraversò il salotto e si fermò in cima alla scaletta interna.
— Com’è andata?
Ad “andare” era stata la “Prima seduta di collaborazione internazionale sul modo di gestire il messaggio da Sigma Draconis”, una maratona di tre giorni per esperti SETI da tutto il mondo, tenutasi presso l’Università di Toronto sotto la presidenza della stessa Sarah.
— Sono esausta — rispose Sarah, aprendo il guardaroba e appendendo l’impermeabile. A Toronto, aprile non è il mese “piu crudele” ma il più piovoso. — Discussioni a non finire. Ma ne è valsa la pena.
— Sono contento per te — commentò Don. — C’è dell’arrosto in forno, sarà cotto tra venti minuti.
La porta d’ingresso si riaprì ed entrò Carl, bagnato come un pulcino. — Ehi, ma’! Com’è andata la conferenza?
— Bene. Ne stavo giusto parlando a tuo padre.