— Esatto. Ma ora guarda le conseguenze. Viviamo in un universo costituito da bit discreti di materia, e che invecchia per salti cronologici discreti. Un universo composto di pixel di spazio e di tempo. In profondità, tutti noi siamo digitali.
— La Fisica quantistica intesa non come la descrizione del livello più fondamentale della realtà, ma come... mmm... una misura del grado di risoluzione della realtà virtuale in cui ci muoviamo. — Don era impressionato. — Grande!
— Grazie. Il che però significa che il nostro mondo, con tutti i suoi pixel, potrebbe non essere altro che un videogame creato da una civiltà superiore. Quindi, da qualche parte esisterà il programmatore.
— Hai il suo indirizzo e-mail? Dovrei chiedergli qualche chiarimento sulle istruzioni.
— Però ricorda che, dopo che hai aperto la confezione del cosmo, non puoi più farti restituire i soldi. — Voltarono un angolo. — E a proposito di creazione: anche i nostri acceleratori di particelle un giorno potranno dare inizio a filiazioni di universi. Non dico già bell’e fatti, con stelle e galassie; solo delle singolarità come quella da cui è venuto fuori il nostro con il Big Bang; dopodiché quegli universi si svilupperanno per conto loro. Secondo i fisici è un’ipotesi realistica, e personalmente ritengo che ormai sia solo questione di tempo.
— Ti seguo, ma vorrei fare un passo indietro — disse Don. — Intendi dire che c’è la possibilità concreta che noi viviamo in un mondo creato in un acceleratore di particelle di un universo più originario?
— Proprio così, caro. Lo sai che mi appassiona il dibattito in corso negli USA su evoluzione e Disegno intelligente. Bé, io sono una darwiniana convinta, ma c’è un ragionamento degli scienziati evoluzionisti che non mi convince. Continuano a ripetere che la scienza non può ammettere cause “soprannaturali”, nel senso letterale che ogni spiegazione deve limitarsi a cause interne a questo universo.
— E in cosa sbaglierebbero?
— In tutto — rispose Sarah. — Quella definizione ci vieta di concludere che l’umanità possa essere opera di altri scienziati, che vivono in una realtà “al di sopra” di questa. Paradossalmente, la nostra scienza afferma che un giorno saremo in grado di fare delle simulazioni perfette, o addirittura di dare inizio a nuovi universi, ma allo stesso tempo evita di prendere in considerazione l’ipotesi che noi stessi abitiamo in un mondo virtuale o in un universo artificiale.
— Forse alla scienza non interessa questo tema semplicemente perché non farebbe altro che porre altre domande, non delle risposte — obiettò Don. — Già mi vedo Richard Dawkins che salta su e dice: “Siamo stati creati da altri esseri intelligenti... E allora? Chi ha creato quegli altri esseri?”.
— Il fatto è che la scienza, e in particolare l’evoluzionismo che è il cavallo di battaglia di Dawkins, si occupa soprattutto di mettere in fila un’era dietro l’altra e di riempire le caselle. In un’ottica più ampia, chiedersi se gli uccelli si siano evoluti dai dinosauri, o se Lucy fosse davvero la nostra antenata, può sembrare una domanda stupida: il vero punto di interesse è come si sia formato l’organismo originario, antenato di tutte le forme di vita. Bé, non sono d’accordo. Quella è una questione interessante, ma non l’unica, per niente. Chiedersi se viviamo, o no, in un universo virtuale è una curiosità che ha un valore intrinseco e merita l’attenzione della scienza. Se esiste un creatore, o degli esseri diventati come dei, questo solleva immediatamente la domanda su quali doveri abbiamo nei suoi, o nei loro, confronti. E viceversa, anche se non ci riflettiamo mai: che doveri ha il nostro creatore nei nostri confronti?
Don si spostò sul bordo del marciapiede per poter guardare più direttamente il cielo. — Oh, lassù, trattateci bene, eh?
— No, sul serio — disse Sarah. — Non c’è niente da scherzare. La tecnologia conferisce il potere di impedire la vita, o produrre la vita, di ridurla o accrescerla in scala. In definitiva, può rendere uguali a Dio. E, anche se ai nostri scienziati sembra non importare niente, c’è la possibilità che l’umanità sia stata creata da altri esseri i quali, per questo motivo, meritano l’appellativo di dèi. Il che non significa che dobbiamo adorarli; però implica, questo sì, che sia noi sia altre specie evolute dobbiamo affrontare i problemi etici legati alla possibilità concreta di essere “figli di Dio”, se non di diventare dèi noi stessi.
Attraversarono la strada allungando il passo per scansare un’automobile in arrivo. — E quindi — disse Don — i Draconiani si sono rivolti a noi per avere consigli? Che il cielo li aiuti!
26
Sarah a suo tempo aveva detto che a rendere allettante la prospettiva del Rollback era il fatto di avere finalmente il tempo di leggere tutti i capolavori della letteratura. Don non avrebbe definito un capolavoro il libro a cui si stava dedicando in quell’istante (un giallo di quelli che quando era giovane si vendevano nei supermercati), ma era fantastico poter leggere facendo a meno dei fondi-di-bottiglia, per ore, senza che gli occhi si affaticassero. Alla fine però la trama cominciò ad annoiarlo, quindi si mise a guardare sul palmare i programmi TV, dove...
— Ehi! Su Discovery danno quel vecchio documentario sul primo messaggio.
Sarah, seduta sul divano, si voltò verso di lui che era disteso in poltrona. — Quale?
— Ma sì — disse lui, già spazientito — quella trasmissione di un’ora su quando avete mandato la risposta a Sigma Draconis.
— Ah, sì.
— Non ti va di vederlo?
— No. Tanto più che dobbiamo avere una registrazione da qualche parte.
— Già, ma in qualche formato ormai illeggibile, ci scommetto. Io accendo.
— Preferirei di no.
— E dài! Sarà carino! — Si voltò verso il caminetto. — Accensione TV. Su Discovery Channel. — Le immagini erano pulitissime e i colori vivaci; Don si era dimenticato che l’alta definizione esisteva già allora. Per lo più, infatti, le vecchie trasmissioni ormai risultavano inguardabili, se erano state girate in bassa.
Il documentario era già iniziato. Stavano scorrendo alcune panoramiche dall’alto del radiotelescopio di Arecibo; la voce narrante era quella di quel famoso attore canadese... Maury Chaykin? Presto comunque si passò alla solita storia precotta del progetto SETI: l’equazione di Drake, il progetto OZMA, la targa del “Pioneer 10”, le registrazioni del Voyager... il cui design, si affrettò a precisare lo staff canadese di Discovey Channel, era opera di Jon Lomberg, di Toronto. Don non ricordava più che gran parte della trasmissione non riguardava Sarah. Magari ne avrebbe approfittato per andare in cucina a farsi un drink, mentre...
E all’improvviso, eccola. A tutto schermo.
Don si girò verso sua moglie, seduta sul divano, poi tornò con gli occhi alla TV.
Poi ripeté l’operazione. Sarah sembrava fissare il caminetto, non lo schermo; e sembrava così imbarazzata. Perché...
Perché a video era così giovane, tanto più giovane, tanto meno fragile. Quei fatti risalivano a trentotto anni prima, quando lei ne aveva quarantanove. Anche quella era una forma di Rollback, una regressione alla condizione giovanile. Anche se non così giovanile com’era Don adesso; ma ne sarebbe valsa ugualmente la pena.
— Mi spiace, tesoro — disse lui a bassa voce. Poi, a volume più elevato: — Spegnere TV.
Sarah si voltò verso si lui. Aveva il viso privo di espressione. — Spiace anche a me — disse.
Trascorse altre interminabili ore, Sarah salì nella ex camera di Carl per esaminare la montagna di documenti prelevati da Don all’università.